Lo dice la scienza: il consumo abituale e moderato di vino, nell’arco della vita adulta e in abbinamento a corretti stili alimentari, è compatibile con uno stile di vita sano.

Lo ha affermato nei giorni scorsi l’Istituto per la Ricerca su Vino, Alimentazione e Salute (Irvas), a Bruxelles in occasione dell’evento “Moderate Wine Consumption and Mediterranean Diet”.

L’Unione Europea è il maggior produttore mondiale di vino eppure, proprio a livello europeo, il vino è ormai da anni al centro di un acceso dibattito e accusato da più parti di fare male alla salute di là delle quantità assunte. Ora si tratta, però, di dimostrare – nell’ottica di una comprensibile e imparziale informazione ai cittadini – se questa sia o meno una tesi inconfutabile.

La questione è stata affrontata a Bruxelles e ha visto la partecipazione di esperti internazionali, tra cui Attilio Giacosa, Professore di Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva e Gastroenterologo al CDI di Milano; già Direttore dell’Unità di Gastroenterologia e Nutrizione Clinica dell’Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro di Genova e membro del comitato scientifico di IRVAS, Istituto per la Ricerca su Vino, Alimentazione e Salute, intervenuto sul tema degli effetti benefici generali del vino e criticità nella letteratura scientifica.

Il vino è, certamente, una bevanda alcolica e, come tale, se ne raccomanda il consumo in maniera moderata e responsabile. Che vuol dire: in età adulta, durante i pasti e nelle dosi consigliate (2 bicchieri di vino al giorno per gli uomini e 1 bicchiere per le donne).

«Basandoci su studi epidemiologici italiani e internazionali è già stato ampiamente evidenziato come un consumo abituale e moderato di vino, nell’arco della vita adulta e in abbinamento a corretti stili alimentari, non è dannoso – spiega il Prof. Giacosa –. Volendo prendere in considerazione, in particolare, la relazione causa-effetto tra un’assunzione moderata di vino e la salute, è assolutamente corretto rifarsi al concetto della J Curve, rapportato alla scienza. In molteplici studi internazionali, infatti, la relazione tra consumo di alcol e mortalità viene identificata con una curva a forma di “J”.

Questa curva dimostra che il bere vino con moderazione riduce la mortalità rispetto agli astemi (curva inferiore della “J”), mentre la mortalità aumenta drammaticamente con l’aumento del consumo di alcolici (tratto verticale della “J”). Questa stessa curva si osserva per le malattie CV e per i disturbi cognitivi. Ed è fondamentale rimarcare come, in questo caso, il dato emerga dal confronto sia con l’astinenza che con l’abuso».

Una precisazione, questa, decisamente rilevante, dato che negli ultimi anni la ricerca è proseguita evidenziando alcuni bias scientifici che hanno caratterizzato molti studi, come la “sotto segnalazione” dell’assunzione di alcol, cioè non prendere in considerazione la popolazione astemia nei dati d’incidenza.

La ricerca scientifica si aggiorna continuamente

Lancet, una delle riviste scientifiche più prestigiose al mondo, nel 2018 ha pubblicato uno studio del gruppo internazionale GBD (Global Burden of Diseases) secondo il quale non c’era alcuna dose quotidiana di alcol che riducesse il rischio di malattie e quindi era auspicabile la tolleranza zero.

Nel luglio del 2022, di nuovo Lancet proponeva un nuovo lavoro dello stesso GBD, che, confrontando con metodo scientifico un gruppo di consumatori e un gruppo di astemi, non solo correggeva il tiro, ma dimostrava come per gli adulti, dai 40 anni in su, la relazione causa- effetto tra un’assunzione moderata di alcol e il rischio di malattie non è lineare ma fa proprio una curva a J. Gli stessi studiosi del GBD hanno, quindi, confermato i benefici di un consumo moderato dell’alcol, relativamente al rischio di incorrere nelle 22 patologie prese in esame dall’indagine.

«Eppure, la posizione dell’OMS per cui “nessun livello di alcol è sicuro per la nostra salute” si basa proprio sulla ricerca Global Burden of Disease del 2018, non considerando le conclusioni successive dello stesso GBD – conclude Giacosa –. Senza voler alimentare il dibattito, che demonizza il consumo moderato di vino, equiparato ai superalcolici e al tabacco per la sua pericolosità per la salute, è ormai acclarato come invece favorisca la longevità, riduca il rischio di malattie cardiovascolari, di diabete e di disturbi cognitivi.

Ovviamente, questo non significa che gli astemi debbano iniziare a bere per ridurre il loro rischio di malattie cardiovascolari o di diabete o per ridurre la degenerazione cognitiva senile e per ridurre il rischio di mortalità, ma l’evidenza epidemiologica indica che non c’è motivo di suggerire a coloro che bevono vino con moderazione di smettere di farlo».