Quello della vigna X. Una storia ricca di fascino e mistero

Tutti conoscono il Tempranillo come vitigno a bacca nera coltivato in Spagna e con presenza in “qualche” altro paese nel mondo soprattutto come “vitigno simile a qualcos’altro”. Pochi sanno che ne esiste anche una qualità a bacca bianca con diffusione limitata alla Spagna dove, a seconda della Regione, è conosciuta con altri nomi come Albana, Cencibel de la Mancha, Temprana, Tempranilla fino a Tinto Fino.

Tutti conoscono l’origine, la presenza da millenni nel territorio iberico, gli studi del romano Columella e soprattutto dell’opera di diffusione dei Monaci benedettini cistercensi. Si narra, si tramanda, si racconta che quest’ultimi nel loro peregrinare alla volta del Santuario di Santiago di Campostela, nella lontanissima Galizia, portassero con loro piantine di Pinot Noir e, lungo la direttrice Rjoca-Ribera del Duero,  piantassero le stesse. In seguito gli spagnoli chiamarono quei vitigni Tempranillo. Può darsi. Ma oggi dire che il tempranillo è l’equivalente del pinot noir francese direi che appare  molto azzardato. Anzi l’apparentamento risulta  avventato. Il tempranillo è tempranillo.

Dal 1990 in poi ha perso la sua identità di autoctono assumendo quella di vitigno internazionale perché registriamo coltivazioni in tutto il mondo. Portogallo, Nuova Zelanda, Australia, Sud Africa, Argentina, Uruguay (insieme al Tannat sono considerati vitigni nazionali), Cile (turruntes),Canada, Stato di Washington, Oregon, California, tanto per citare i paesi vitivinicoli conosciuti. Ma anche in Turchia, Messico, Texas, Arizona e perfino in Thailandia.

In ogni luogo dove viene coltivato ha assunto connotati diversi adattandosi ai microclimi differenti e, i vini di derivazione, usati in gran parte per essere mescolati con altri derivati da varietà dissimili; insomma vino da taglio.

Fin qui non ho citato l’Italia, perché è un caso a parte, sotto certi aspetti misterioso. Il Tempranillo in Italia ha un preciso riferimento e non può essere raccontato se non in un insieme storico con la Famiglia Beconcini di San Miniato e la sua presenza insospettabile, nascosta per molto tempo, tra gli autoctoni coltivati da sempre come Sangiovese e Malvasia nera.

Leonardo Beconcini, attuale proprietario insieme alla sua compagna Eva , racconta:

“Si può ipotizzare che questo vitigno sia stato portato nel ‘700 dai pellegrini che percorrevano la Via Francigena  alla volta di Roma. Quel tracciato è da considerarsi come una specie di autostrada moderna. La direttrice Santiago de Campostela-Roma può essere la più credibile per  l’origine di tutto.”

Una cosa è certa. Individuata la sua presenza come vitigno misterioso, nemmeno i più esperti professori universitari  e i più anziani vignaioli seppero riconoscerelo. “Isolato in una porzione di terreno preparato appositamente, per ben 13 anni, ho continuato a coltivarlo chiamandolo vitigno X. Nel 2004 decisi di percorrere la strada più rischiosa e costosa: effettuare l’analisi del DNA alle piante più storiche. Da quei risultati non immaginati nella realtà contingente ma sperati per l’impegno pluriannuale e la determinazione a non mollare mai, ebbi l’assoluta certezza di trovarsi di fronte ad una scoperta sconvolgente: Il vitigno Tempranillo in Toscana.”

Dalla metà del 2009, a seguito della scoperta dovuta a Leonardo Beconcini, è permesso coltivare questo vitigno in tutta la regione.

Una storia emozionante che continua nella coerenza con le scelte fatte. Nulla per caso.

Qualcuno ha detto e scritto: Leonardo Beconcini vigneron fortunato. Facile dirlo adesso quando il successo ripaga le scelte.

Trovarsi nel mezzo della vigna, non riuscendo a capire che cosa stesse germogliando e prendere la decisione di vado avanti, voglio capire, ci credo non si può chiamare fortuna. Solo scelta.

Oggi abbiamo 5 ettari di vigna a Tempranillo dei dodici vitati. Terreni a prevalenza composti da argilla bianca, difficile da lavorare, con presenza di sabbie sia fini che pesanti disposte in strati sottili e diversi fra loro per sapidità e fertilità obbligando le radici a cercare nella profondità i nutrimenti. Fossili di origine marina di età pliocenica e arenaria completano il tutto.

“Il grande potenziale del Tempranillo sta proprio nella sua originalità e nell’estremo legame con il terreno al quale deve il suo particolarissimo attuale patrimonio genetico”. Così Leonardo continua il racconto. Così, di fatto, spiega il suo Tempranillo Toscano. E ti ritrovi un vino adatto all’invecchiamento, che unisce la nota morbidezza (Spagna docet) ai caratteri prettamente territoriali.

Tempranillo Vigna alle Nicchie Rubino impenetrabile, ampio spettro olfattivo su ciliegie sottospirito, prugne, fiori violacei e spezie a non finire;

Tempranillo IXE quello della scoperta, dal tannino vigoroso;

ed infine l’ultimo nato, Tempranillo Fresco di Nero, un rosato atipico che definirei importante per quel suo non essere un vino rosso (ad occhi chiusi è difficile non associarlo).

Mi viene da pensare ad una Storia al Presente. Ma il semplice gioco di parole mi porta ad affermare che Leonardo Beconcini ormai ha conquistato il pieno titolo di Presente nella Storia. Grazie al Tempranillo. Pardon al Tempranillo Toscano quello della vigna X (IXE).

Urano Cupisti