Rocca delle Macìe. Degustazione di sei annate di Sergioveto e Roccato.
SERGIOVETO: questo vino vede la sua nascita in un periodo storico nel quale il disciplinare del Chianti Classico non permetteva ancora l’impiego del Sangiovese in purezza e neppure l’impiego di vitigni internazionali. Fino all’annata 2013 è un IGT Toscana ed è composto da Sangiovese 80% e Cabernet Sauvignon più Merlot 20%. Dopo un affinamento in barrique per 12 mesi si fa il blend e il vino matura per un ulteriore periodo in botte grande a cui segue un anno in bottiglia.

Dall’annata 2015 è classificato come Chianti Classico Riserva Single Vineyard ed è composto da solo Sangiovese. L’affinamento è solo in botti da 25/35 ettolitri di rovere francese per la durata di 18-24 mesi. Seguono 12 mesi in bottiglia.
Vino da pietanze di territorio, grandi grigliate di carni rosse, arrosti di cacciagione, colombo al pentolo. Curioso il suggerimento che l’Azienda offre come abbinamento musicale: Boa Sorte di Vanessa de Mata e Ben Harper.
IL ROCCATO invece nasce nel 1988 come Super Tuscan con Sangiovese e Cabernet Sauvignon in parti uguali. In seguito, sempre con la vendemmia 2015, si trasforma in un IGT Toscana Cabernet Sauvignon in purezza e le uve provengono da un singolo vigneto “Poggio alle Pecchie” impiantato nel 1996. Vino da pietanze potenti, piatti importanti di carni rosse e selvaggina, cinghiale in salmì e peposo all’imprunetina. Abbinamento musicale con Twyford Down di Galliano.
VERTICALE DI SERGIOVETO
1990 – Granato vivo e brillante, ha profumo profondo e complesso. Bella speziatura con pepe, chiodo di garofano e tabacco, ricordi minerali, cuoio, ciliegia morella. In bocca è sapido e scattante si apre subito su note di cioccolato fondente poi si amplia nel finale molto lungo con sorprendente ritorno di frutto. Grande bottiglia, un vino sempre vivo e perfettamente godibile testimone di un grande terroir. 98/100
2000 – Rubino con riflessi granata. Al naso ha intenso frutto di ciliegie visciole, mora e mirtillo, cioccolato e spezie fini. L’annata molto calda si avverte al palato con una grande rotondità e calore alcolico appena moderato dalla vena acida. Si avverte il merlot con un frutto maturo e confettura di ciliegia. 89/100

2010 – In Magnum – Rubino con riflessi granata. L’annata è più fresca e i profumi giocati su frutto rosso e note speziate con fondo di tostatura e cenere di camino. Largo e suadente,ben contrastato dalla freschezza acida. Si allarga molto nel finale cremoso. 90/100
2015 – Rubino vivo e brillante. Il profumo vede in primo piano le note speziate del rovere con cardamomo e cacao amaro che lasciano poi spazio a una piacevole componente fruttata. In bocca ha una bella polpa piena e dolce con tannino scattante e levigato. Buon finale. 90/100
2016 – Rubino denso. Ha un bel naso fruttato e floreale, poi spezie dolci e tostatura del rovere. Solido con buona estrazione, si sviluppa con decisione al palato con tannino molto importante e dolce. Finale lungo su frutto maturo. 92/100
2018 – Rubino profondo e brillante. Gran bel naso floreale e fragrante, decisa espressione di frutto rosso fresco, garofano e spezie delicate. In bocca conferma una grande freschezza e piacevolezza di beva. Bella struttura avvolgente. Scattante dinamico ha una progressione continua su finale rinfrescante e lungo. Un vino tutto finezza ed eleganza. 98/100
VERTICALE DI ROCCATO
1990 – Colore granato con bordi aranciati. Sia al naso che in bocca presenta caratteri di evoluzione con profumi terziari di cuoio molto spinti. In bocca lascia sensazioni amaricanti. 82/100

2000 – Vino dal carattere duale. Al naso ha una bella fragranza fruttata fresca e accattivante. Al palato il frutto è maturo evoluto e comprime il finale su note dolci. 84/100
2010 – In Magnum – Colore rubino vivo denso. I profumi sono quasi piccanti con piacevole frutto di ciliegia morella, mora e mirtillo su note speziate di cardamomo nero, caffè tostato e cioccolato fondente. In bocca ha grande freschezza e sapidità minerale con bello sviluppo su un finale lungo e piacevole. 92/100
2015 – Rubino profondo, ha profumi piccanti speziati e con frutto nero maturo. Palato di grande freschezza e sviluppo continuo. La freschezza acida è appena sufficiente a contrastare il notevole calore alcolico figlio di un’annata decisamente problematica per le alte temperature. Posizione dei vigneti, quota e freschezza dei suoli hanno permesso di conservare un’appagante bevibilità. 90/100
2016 – Annata molto discussa, ma in questo caso le caratteristiche del terroir hanno permesso risultati di tutto rispetto. All’olfatto il frutto nero di mora e prugna californiana è avvolto da una piacevole sensazione pepata balsamica. In bocca ha una bella polpa fruttata sostenuta da grande sapidità e buona freschezza acida. La progressione è continua e porta a un finale di grande lunghezza. 94/100
2018 – Il colore rubino vivo prepara a un bell’impatto olfattivo. Il naso è fragrante e fresco, il frutto rosso è vivace e la sensazione speziata del rovere è ben integrata e appena avvertita. L’assaggio conferma la grande razza di questo vino. Al palato è sapido, dinamico e si distende con trama tannica avvertita ma fine e dolce. Grande eleganza in un finale di bella lunghezza. 96/100
Conclusioni finali: uomo e terroir
Tutti i vini assaggiati sono figli di un grande terroir quale è quello del Chianti Classico e segnatamente quello delle colline a sud di Castellina. L’assaggio del 1990 del Sergioveto parla di questa vocazione in maniera molto chiara, e la stessa cosa si percepisce nel corso della degustazione quando si confrontano clima ne vino. Ma nel concetto di terroir c’è una componente fondamentale che è il lavoro dell’uomo.

Bene: assaggiando i vini delle ultime annate prodotte si percepisce in maniera molto chiara che qualcosa è cambiato. I vini risultano di un’eleganza e di una raffinatezza fino allora solo accennate. Eleganza e freschezza che non trovano riscontro nei cambiamenti climatici, ma neppure nel suolo, nella posizione, nella varietà.
In effetti l’ultima generazione Zingarelli è intervenuta con grande acume sulla gestione della vigna. Oltre a una diversa lavorazione della chioma si è aumentato il numero dei grappoli per ceppo, il tutto inteso ad ottenere vini meno concentrati.
Il cambiamento si avverte in maniera inequivocabile nel bicchiere e l’annata 2018 sembra essere la prima di un nuovo corso molto promettente, dopo una 2016 dove già si intravedeva qualche segnale.
L’assaggio del Chianti Classico Gran Selezione “…Continuavano a chiamarlo Trinità” 2019 non ha fatto altro che confermare questa sensazione.
Paolo Valdastri
Rocca delle Macìe, 15 luglio 2022
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