“Non si può equiparare il consumo moderato e l’abuso. La prossima settimana quando ci sarà a Strasburgo il voto in plenaria sul Beating cancer plan prevalga il buon senso. Se non ci fossero modifiche al testo presentato a dicembre si rischierebbe di mettere in ginocchio un comparto legato alla cultura e allo stile di vita di molti paesi del Vecchio Continente, fra cui l’Italia, che contribuisce a tenere vive le comunità rurali sostenute dalla stessa Ue e rappresenta la prima voce dell’export agroalimentare dell’Unione europea, il che si traduce anche in milioni di posti di lavoro”.
Lo evidenzia il sottosegretario alle Politiche agricole alimentari e forestali, il sen. Gian Marco Centinaio, alla vigilia del voto sull’Europe’s beating cancer plan in programma il prossimo 15 febbraio. “Pur essendo condivisibile l’obiettivo, ridurre la diffusione del cancro, lascia molti dubbi la soluzione individuata, ovvero equiparare un bicchiere di vino o una birra alle sigarette e ai superalcolici con tutto ciò che ne conseguirebbe”.
Il sottosegretario ricorda che se la relazione dovesse passare senza emendamenti ci sarebbero alert in etichetta, divieto di pubblicità e di sponsorizzazione di eventi sportivi, aumento della tassazione e revisione della politica di promozione. “Negli ultimi anni peraltro – continua il sottosegretario – i consumi di vino nel nostro paese, come altrove, grazie all’educazione e a un corretto stile di vita, sono diminuiti in modo rilevante. Si beve meno ma meglio, e tutto questo senza criminalizzare un intero settore con un bollino nero come auspica l’ideatore del Nutriscore Serge Hercberg che ha proposto di mettere una F nera a tutte le bevande alcoliche, indipendentemente dalla gradazione“.
La posizione di Federvini
Dello stesso avviso anche Federvini attraverso le dichiarazioni della presidente Micaela Pallini che critica duramente la proposta di Serge Hercberg di modificare l’algoritmo di Nutriscore per marchiare le bevande alcoliche con una nuova lettera F in campo nero: la più allarmistica delle classificazioni.
Il sistema Nustriscore, che tante polemiche suscita in Europa e soprattutto in Italia, è basato su una etichettatura a semaforo, in cui ogni prodotto alimentare viene schedato e giudicato con una lettera e un colore. Finora comparivano 5 lettere, da A (la migliore, secondo il sistema) alla lettera E (in campo rosso, a significare la pericolosità del prodotto giudicato). Oggi gli inventori di Nustriscore vogliono aggiungere la lettera F e tanto per sottolinearne la concezione negativa, la colorano di nero.
Oggi toccherebbe alle bevande alcoliche, senza alcuna distinzione o valutazione nel merito ma con questo sistema potrebbero essere penalizzati prodotti come il parmigiano, la mozzarella, il prosciutto di Parma in favore di prodotti spesso sintetici e di scarso valore.
‘Questo approccio ostile al mondo del vino – aggiunge Albiera Antinori, Presidente del Gruppo Vino di Federvini – è l’ennesima espressione di una vera e propria crociata insensata e irresponsabile verso un comparto italiano fatto di prodotti agricoli, di qualità, di unicità, di denominazioni di origine, e ci lascia veramente perplessi e preoccupati. Ci auguriamo che le/i rappresentanti delle nostre istituzioni ci difendano in maniera forte e chiara”.
Unione Italiana Vini
Anche la Uiv si unisce al coro: se venisse approvato il sistema Nutriscore il vino è a rischio e con esso lo è uno dei simboli identitari del Belpaese.
“Unione italiana vini – ha detto il Segretario Generale Uiv, Paolo Castelletti – è estremamente preoccupata: da una parte ritiene doveroso redigere un piano anticancro, dall’altra è convinta che il report della Commissione BECA rappresenti un mandato in bianco per equiparare una bottiglia di vino a un pacchetto di sigarette, quale prodotto dannoso di per sé, a prescindere dalle quantità.
Le recenti proposte in Francia sul Nutriscore confermano purtroppo questo trend, a monte del quale vi è un disegno più largo su scala globale, ossia un attacco al mondo della produzione agricola tradizionale. L’allarme di UIV si rivolge non solo alla politica e agli attori del settore, ma a tutti i consumatori – per la stragrande maggioranza moderati e responsabili – che hanno il diritto all’autodeterminazione alimentare anche in nome della Dieta mediterranea e dei suoi valori identitari”.
Tra le indicazioni della Commissione spiccano provvedimenti come: Etichette con alert sanitari, limitazioni sulla pubblicità, divieto di sponsorizzazione di eventi sportivi, aumento della tassazione, revisione della politica di promozione. Una voce, quest’ultima, che da sola vale oltre 100 milioni di euro l’anno per le attività delle imprese tricolore nei Paesi terzi e che ha permesso di raddoppiare l’export del settore in meno di 10 anni.
Per Uiv, che assieme agli imprenditori europei del Comité Vins contesta gli assunti scientifici di un piano che accomuna i consumi compulsivi con quelli moderati, i paradossi a cui va incontro l’indirizzo politico sono numerosi.
Non si spiega, per esempio, come si voglia mettere in ginocchio un comparto che contribuisce a tenere vive le comunità rurali che la stessa Ue sostiene con gli strumenti della Politica agricola comune e che mantiene in attivo la bilancia commerciale dell’Unione. Un settore che in Europa vale 2,5 milioni di aziende con circa 3 milioni di posti di lavoro diretti e sempre più all’avanguardia nelle pratiche ecosostenibili.