Sei bottiglie “denudate” al vaglio di undici degustatori professionisti

Questo il titolo di lancio di un Banco d’assaggio (non aggiungo luogo, quando, come per correttezza giornalistica. Ne sono stato coinvolto nell’organizzarlo in prima persona) che ha visto la partecipazione di Daniele Arcangeli, noto sommelier pluripremiato nei Concorsi Nazionali e non solo. Cinque bottiglie “campioni” a testimoniare la qualità della produzione italiana, la specificità dei territori di provenienza e la tenuta nel tempo. E come sempre la presenza dell’”intruso”, di un “campione straniero” di pari livello a testimoniare la qualità raggiunta dalla loro viticoltura. Scopriamole insieme con i test di degustazione, nell’ordine di servizio e con i giudizi maturati ancor prima di qualsiasi indizio.

Campione n° 1. Rosso rubino intenso che lascia sulle pareti del bevante una lacrimazione fitta. Ottima consistenza. Al naso irrompe con la sua intensità e complessità. Quattro famiglie di profumi si smarcano in progressione nell’orizzontale: floreali (rosa, viola), fruttati (frutti di bosco selvatici, ciliegia), erbacei (foglie di sottobosco), speziati (pepe nero) e successivamente, lentamente ecco salire i tostati (cacao e tè nero). Al palato equilibrato in tutte le sue componenti con una trama tannica fine. Persistenza durevole. Nella sua piena maturità. Una volta ricomposto nella propria bottiglia abbiamo scoperto che si trattava di:  Caiarossa 2005. Un blend di Merlot, Petit Verdot, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Sangiovese, Grenache, Syrah, Mourvèdre provenienti da allevamento da agricoltura biodinamica. Zona di produzione: Toscana, Riparbella. Voto  L’uva è nera e il vino è rosso

Campione n° 2. Si è dimostrato il più debole dell’intera batteria. Il colore granato, in questo caso, ci ha indicato una età avanzata confermata dal roteare un po’ veloce nel calice. Al naso scomposto se pur abbastanza intenso. I sentori ci hanno ricondotto al sangiovese, un sangiovese sul “viale del tramonto” con “puzzette” tipiche dei biologici vetusti. Al palato ha retto di più anche se l’equilibrio era ormai in netto “disequilibrio”. Petramora 2004. Sangiovese 80% e Merlot 20%. Morellino di Scansano biologico. Voto L’uva è nera e il vino è rosso

Campione n° 3. Una straordinaria sorpresa. Il vitigno riconosciuto subito sia dal colore, rubino quasi impenetrabile, che dall’impatto olfattivo, cardamomo insieme a felce e ginepro. Un Syrah caldo e cremoso, con tannini di elevata finezza e una persistenza incredibile (lunga…lunga…lunga). La sorpresa è stata nella “sorpresa della sua etichetta”. Il Fortino 2003 Azienda Buonamico Montecarlo Lucca. L’ultimo Syrah dell’era Vasco Grassi. Voto L’uva è nera e il vino è rosso

Campione n° 4. Quello che si è rivelato essere “l’intruso, lo straniero”. Bello in tutto (e quando dico bello indico un vino armonico). Nel calice ha sfoggiato il suo colore Rosso Rubino brillante. Una lacrimazione fitta e di corpo. Una consistenza da vino di classe. Al naso una parata olfattiva che ha fatto intendere “provengo da altri territori” Difficile capire il vitigno “portante”. Intensità fine e complessità intrigante. Al palato equilibrato con tannini finissimi e persistenza lunga. Legni ben gestiti. Da dove è venuto? Alion Bodegas y Vinedos 2002. Ribera del Douero, Penafiel. Vitigno principale Tinto Fino (tempranillo). Chapeau! Voto L’uva è nera e il vino è rosso

Campione n° 5. La risposta italiana alla “provocazione spagnola” non si è fatta attendere. Un vino diverso che l’abbiamo identificato subito come provenienza. Rubino compatto e ottima consistenza. Al naso fragranze di cassis, confetture e liquirizia. Al palato sorso di sicura e grande soddisfazione. Cabernet 2001 “Sanct Valentin” Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc. Alto Adige, San Michele Appiano”. Voto L’uva è nera e il vino è rosso

Campione n° 6. Ha condiviso con lo spagnolo la leadership della degustazione. Un vino che ha fatto discutere e ricredere dopo la sua “vestizione”. Rubino, solo rubino, pieno. Consistenza e  lacrimazione perfette. Al naso entusiasmante. Il mediterraneo nel bicchiere (basta così). Al palato un tannino perfetto con polialcoli in equilibrio con la trama freso-sapida. Finale pregevole con ritorni gusto-olfattivi netti. Un gran bel vino. Ha fatto discutere con il senno di poi. Qualcuno ha aggiunto “troppo costruito”. Ma tutto quello che è il “dopo” non ha senso. Guidalberto 2000. Cabernet Sauvignon, Merlot e in questa annata anche il Sangiovese in misura del 20%. Tenuta San Guido Bolgheri. Chapeau. Voto L’uva è nera e il vino è rosso

Urano Cupisti