Nomisma Wine Monitor analizza le redditività e relazioni di filiera nel vitivinicolo italiano

Nel 2014 il vino italiano ha ritoccato verso l’alto il proprio record in termini di esportazioni, assestandosi poco sotto a 5,1 miliardi di euro. Si tratta di una crescita modesta (di poco superiore all’1%) rispetto a quanto registrato nell’anno precedente, ma che deriva sostanzialmente dall’arretramento nei valori di import di vino di alcuni grandi mercati internazionali (come la Germania o la Russia) e che ha influito sull’export mondiale, portandolo ad una diminuzione di circa lo 0,5% rispetto al 2013. La ridotta performance dell’export italiano è principalmente attribuibile al vino sfuso (che incide ancora per circa il 30% sui volumi commercializzati all’estero), la cui riduzione nei valori (vicina al 20%) non è stata compensata né dall’importante crescita degli spumanti (+14%, ma le cui quantità pesano per appena il 10% del totale export), né dai vini fermi imbottigliati che, rappresentando la gran parte delle nostre esportazioni (60% dei volumi) si sono dovuti accontentare di una crescita appena superiore all’1%.

L’attenzione posta ai mercati esteri da parte delle imprese vinicole italiane sta diventando sempre più centrale, alla luce del lento ma inesorabile calo che stanno subendo i consumi di vino sul mercato nazionale. Appena un decennio fa, il rapporto tra i volumi esportati e quelli venduti internamente era pari a 0,5; oggi è diventato 1, nel senso che le quantità di vino commercializzate all’estero sono praticamente le stesse di quelle consumate sul mercato domestico.

Visti da un’altra angolazione, i consumi di vino sono scesi nello stesso periodo da 50 a 35 litri pro-capite, un livello ancora alto se confrontato con i principali mercati internazionali (in Francia sono 44 litri, in Germania 24, negli Stati Uniti meno di 10), ma purtroppo inserito in un trend di calo per motivi strutturali, comuni a quei paesi europei dove il vino vanta radici storiche di lungo corso nell’ambito delle proprie tradizioni alimentari. Tradizioni nelle quali il vino ha spesso assunto la funzione di alimento di base piuttosto che voluttuaria e che oggi si trova a fare i conti con una riduzione fisiologica dei bevitori quotidiani (maggiormente diffusi nelle fasce della popolazione con più di 65 anni), non adeguatamente rimpiazzati da quelli occasionali, per lo meno sul fronte delle quantità consumate.

 

Lo studio completo consultabile su:

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