Francis Ford Coppola cans

Dice Wine Spectator: “forget the canteen. Pass the cans!”.

Ormai siamo nel mondo della “portabilità e portatilità”. Dal telefonino fino al bagaglio a mano dei voli low-cost, molte delle nostre azioni sono  improntate alla ricerca dell’oggetto più pratico, con il maggior numero di prestazioni concentrate nello spazio più ridotto, dalle dimensioni minime e dagli effetti massimizzati.

Cosa rimane dei bauli da viaggio del diciannovesimo secolo, ma anche delle prestigiose  valige in pelle del ventesimo? Che ne è dei vecchi telefoni con la rotella forata il cui funzionamento è assolutamente  oscuro per i nati nel nuovo millennio? Quanti cambiamenti sono intervenuti e interverranno nelle nostre abitudini?

Un piccolo baule per vino da viaggio

La domanda del momento, per noi che ci occupiamo del nettare di Bacco, è quindi: “Che ne sarà della nostra bottiglia del vino preferito, del cavatappi da sommelier, del calice di vetro cristallino? Sono anch’essi destinati all’oblio?”.

La risposta è senz’altro negativa: noi non  rinunceremo mai a questi riti. Laddove la cultura del vino è radicata e si trasmette di padre in figlio, difficilmente si potranno accettare certi comportamenti. Ma dove, invece, questa cultura non esiste, dove si tratta solo di far capre al pubblico che esiste una bevanda di nome “vino”, là siamo già sulla strada del cambiamento. I millennial del nuovo mondo sono una tribù in grande fermento, mentre  i nuovi mercati ribollono come le caldere dei Campi Flegrei.

È notizia di questi giorni  che la Treasury Wine Estates, gigante australiano del vino e proprietaria del brand Penfolds, uscirà con un nuovo vino cinese, uno Shiraz con infuso di  Baijiu. Ma questo è solo un aspetto secondario. In prima fila, invece, tanto per andare incontro ai gusti dei nuovi potenziali clienti, ecco che arrivano, o meglio ritornano, i vini in lattina, rigorosamente frizzanti, naturali o addizionati di carbonica e con tanto di benedizione delle classifica di Wine Spectator.

Qualche mio coetaneo ricorderà il successo negli Stati Uniti del Lambrusco in lattina di Giacobazzi negli anni ‘70. Successo che spinse l’azienda, negli anni ’80,  a chiedere il permesso di utilizzare questo contenitore anche per l’Italia per il vino 8emezzo.

Il fenomeno non fu di lunga durata e molti benpensanti ortodossi speravano di aver seppellito definitivamente questa moda. E invece eccoci qua ad occuparci di un campo che spazia dalle classifiche delle migliori lattine sul mercato americano all’uscita del primo vino tutto inglese in lattina. Sì, perché il mercato delle lattine nel 2016 è cresciuto del 125% passando a 14,5 milioni di dollari per arrivare a 28 milioni di dollari nel 2017 (fonte Nielsen su Market Watch).

Quello che fa rabbrividire i puristi del vino è l’origine di questo successo: i giovani consumatori si sono convinti di trovare alta qualità in lattina grazie al successo delle birre nello stesso contenitore. Si è innescato un circuito virtuoso per cui la lattina si è trasformata in sinonimo di atteggiamento alla moda e sempre più produttori hanno cominciato a commercializzare vino di qualità in alluminio, oltre che in BiB e TetraPaks. In questa maniera hanno conquistato, oltre ai millenials, altre generazioni di consumatori mano a mano che questi prendevano confidenza con la novità.

Chi è privo di un background culturale sul vino, trova molti motivi di vantaggio nell’uso della lattina. Il materiale è leggero e riciclabile, facile da spedire, protegge dalla luce e dall’ossigeno, si rinfresca velocemente, ma soprattutto è economico. Poi la lattina da 250ml costituisce una dose giusta, facilmente portabile e facile da utilizzare senza troppi accessori, giusta per la spiaggia, per i picnic al parco o per i concerti di musica dove il vetro è proibito.

Insomma un ottimo grimaldello per  aumentare le occasioni di consumo del vino. Magari con la convinzione e la speranza che il consumatore si evolva in maniera adeguata passando da dubbie tipologie di vino in lattina come quelle aromatizzate con menta e zenzero, o peperoncino piccante, oppure spritz rosati con limone e luppolo, verso il vino in bottiglia servito come tradizione comanda.

Dando un’occhiata alla classifica di Wine Spectator, accanto a nomi assenti sul nostro mercato, troviamo alcuni marchi ben conosciuti, accanto a volti nuovi, brand esclusivamente commerciali.

Quello che più stupisce è il concetto americano di prezzo economico. Personalmente avrei una crisi d’identità dovendo pagare 10$ una lattina da 375ml, ovvero l’equivalente di 20$ a bottiglia, 26$ al litro per un vino che dalle parti nostre potrebbe valere al massimo un paio di euro al litro.

Il primo in classifica è (WS 25 maggio 2018):

FERDINAND Albariño California 2017 Punteggio: 86 | $8/375ml, con questo commento: “Smooth and subtle, with pear and yellow raisin flavors, and a touch of lemon curd to the juicy frame. Drink now. 800 cases made”. degustato da MaryAnn Worobiec. Lo stesso FERDINAND lo troviamo al terzo posto con 85 punti (commento di Tim Fish) con un rosato di Tempranillo e Graciano. (www.ferdinandwines.com)

Il primo nome noto è al quarto posto, commentato nientemeno che da James Laube:

FRANCIS COPPOLA DIAMOND COLLECTION  Chardonnay Monterey County Gold Label NV  Score: 85 | Venduto in scatole da 4 lattine da 375ml  a $20. “Sauvignon-like, this exhibits a mix of grapefruit, white peach and nectarine flavors, enlivened by snappy, pithy acidity”.  E bravo il nostro Francis Ford, regista e produttore di pellicole e di vino. (www.francisfordcoppolawinery.com Diamond Collection)

Il nome del vino che segue è tutto un programma, se alloy sta per lega di alluminio:

Bonny Doon

ALLOY WINE WORKS Pinot Noir Central Coast NV Punteggio: 84 | Scatola da 4 lattine da 375ml a 26$ “Offers a mix of light berry and cherry flavors, with some cinnamon notes on the finish. Drink now. 2,500 cases made”. Il commento è dell’autorevole Kim Marcus. http://www.alloywineworks.com

Poi troviamo  BONNY DOON. Per chi ha una certa dimestichezza con i vini californiani Randall  Grahm è un mito del Nuovo Mondo con i suoi vitigni del Sud Rodano piantati a Santa Cruz, famosissimo  per il suo vino  Le Cigar Volant.

Visitando il suo sito, nella sezione Shop c’è la voce Cans: le lattine sono vendute sotto il marchio La Bulle-Moose. Troviamo  la Rousse, Grenache-Syrah a 32$ per 4 lattine da 375ml, la Blanche, Vermentino 100%  (!), allo stesso prezzo, poi  La Bulle-Moose de Cigar, fizzy pink, ma da vin gris con batonnage e aggiunta di carbonica.

Giudizio di Wine Spectator: BONNY DOON La Bulle-Moose De Cigare Central Coast 2017 Punteggio : 84 | $8/375ml. “A straightforward quaff, with modest cherry and spice flavors. Drink now. 2,700 cases made” — commento ancora di Tim Fish e un “quaff” poco rassicurante. (www.bonnydoonvineyard.com)

La classifica prosegue con una macedonia di stili degna della fantasia di Lewis Carrol. Tra questi:

ESSENTIALLY GEARED WINE CO. Sauvignon Blanc California

NOMADICA Chenin Blanc Clarksburg 2016

PAPER PLANES Pinot Noir Sonoma Coast Rosé Flight School NV

SANS WINE CO. Carignane Mendocino County Rosé Poor Ranch Vineyards 2017

TANGENT Sauvignon Blanc Edna Valley Paragon Vineyard 2016

ma troviamo anche i Pinot dell’Oregon:

THE GREAT OREGON WINE COMPANY Pinot Gris Washington NV

THE GREAT OREGON WINE COMPANY Pinot Noir Oregon NV

UNDERWOOD CELLARS Pinot Noir Oregon NV

Ma abbandoniamo il Nuovo Mondo e torniamo nel Vecchio. Per finire in gloria, ho trovato quello che sarà l’impegno degustatorio principale del mio prossimo viaggio in UK al quale  seguirà dettagliato articolo: l’assaggio di THE UNCOMMON.

Si tratta di una start-up che oltretutto sta cercando finanziamenti tramite un crowdfunding i cui estremi si trovano sul loro sito, quindi se avete qualche soldo da investire, fatevi avanti.

Il suo primo vino, prodotto da vigneti nel Surrey, un Bacchus leggermente frizzante, è in vendita da Selfridges per £4,99 lattina da 250ml. Alla faccia del bicabornato di sodio, direbbe il principe De Curtis. Non vedo proprio l’ora di provarlo. (www.wearetheuncommon.co.uk)

Paolo Valdastri