Prendendo in prestito il pensiero di un sopraffino produttore di Primitivo (vigneron indipendente amante dei vecchi alberelli pugliesi), secondo cui non c’è nessuna contrapposizione tra vino artigianale, convenzionale, biologico, biodinamico, innaturale o soprannaturale, ognuno è libero di farlo secondo coscienza, sembra che l’unica dicotomia sia solo: vino “Buono” e “Cattivo”.

Alla 15ª edizione dell’evento dell’Associazione VinNatur, si può dire che vini “buoni per davvero” ce n’erano!

Quelli invece “cattivi” lasciamo che sia il mercato a giudicarli, sia il pubblico più che i detrattori del cosiddetto movimento dei vini naturali, o a quei radical chic piuttosto che new age di produttori che sembra spesso siano guidati dalle mode e non da reali convinzione a difesa dell’integrità del proprio territorio.

La tre giorni dedicata ai “vini naturali” ha visto la partecipazione di circa 160 aziende e si è tenuta, come di consueto, a Villa Favorita di Sarego (VI), occasione anche per fare il punto sull’associazione e tracciare le linee guida per il futuro.

“A noi non interessa arroccarci sulle nostre posizioni – ha dichiarato Angiolino Maule, presidente di VinNatur – quello in cui noi crediamo è la possibilità di realizzare un’agricoltura e un’enologia che rispetti la natura e abbia il minor impatto ambientale possibile. VinNatur è un’associazione fortemente proiettata verso il futuro. Lavoriamo per produrre vini di qualità lasciando ai nostri figli un mondo migliore di quello che abbiamo trovato. Per fare questo negli anni sono nate diverse collaborazioni con Università e Centri per la Sperimentazione che hanno dato vita a progetti di ricerca da cui sono emerse indicazioni che vengono messe in pratica nelle aziende dei nostri associati”.

In sintesi il manifesto enoico di VinNatur è questo:

  • vino prodotto in quantità artigianali e non industriali
  • da un produttore indipendente su vigneti a basse rese per pianta con uve sane e prive di pesticidi
  • da terreni vocati alla produzione di uva
  • da uve raccolte manualmente con particolare attenzione all’integrità dei grappoli
  • con uve da agricoltura bio (nessun trattamento di sintesi, insetticida o erbicida)
  • con fermentazioni spontanee senza aggiunta di lieviti selezionati in laboratorio ma solo di lieviti naturalmente sviluppatisi in vigneto
  • senza aggiunta di zucchero, enzimi, additivi
  • senza aggiustamenti di acidità,
  • senza micro-ossigenazione o trattamenti di osmosi inversa, chiarifica e microfiltrazione, con un minimo utilizzo di solfiti, permesso solo in condizioni climatiche-ambientali sfavorevoli,
  • senza aggiunta di altri additivi al vino.

Consapevole che questi vini possono non incontrare i gusti o i pensieri di tutti (anche all’interno della stessa associazione) il Presidente ha voluto comunque esprimere il suo personalissimo pensiero sulle diverse vinificazioni ribandendo la non imposizione ai suoi associati.

La novità di quest’anno è la creazione di sei percorsi tematici da fare in autonomia, utile per dare diverse modalità di lettura a questa fiera (oltre che per far defluire meglio il traffico!).

“I nuovi produttori”, con i vini delle ultime 20 aziende associate, “I rifermentati in bottiglia”, “Orange wines”, “I No solforosa”, “Hand-made wines” ovvero i vini realizzati con una lavorazione manuale al 100% ed infine “I Vulcanici”, vini che nascono in zone dove la conformazione del terreno è di origine vulcanica.

Gli Orange Wines

Un’attenzione particolare meritano gli Orange Wines, vini prodotti da uve a bacca bianca ma vinificati come dei rossi,  attraverso una macerazione più o meno lunga del mosto a contatto con le bucce, alcune volte così prolungata da assumere un colore arancione dorato con tendenze all’ambra.

Oltre al colore, questi vini tendono di più ai  rssi sia per l’intensità tannica, sia per la complessità aromatica, sia per la struttura e spesso per la longevità. Collio, Carso e Slovenia, con la Valle di Vipacco, sono da considerarsi un po’ il centro di queste produzioni, ma interessanti anche le proposte di produttori di altre zone che stanno recuperando queste antiche tecniche di vinificazione, più proprie dei loro nonni che dei loro genitori.

Da Brda, il Collio Slovenio, è stata apprezzata la pulizia dei vini di Nando; il Jakot 2012, 15 giorni di macerazione sulle bucce, 30 mesi in tonneau di rovere, di una freschezza sorprendente; Rebula 2015 (macerazione di un mese) dal color ramato e tanto tanto sale; Malvazija 2015 calda e aromatica.

Kmetija Štekar, 5 ettari di vigneti coltivati con “buon senso” i cui frutti sono il Re Piko 2013, l’eleganza teutonica del riesling renano (90%) sul corpo del picolit (10%); Jankot 2012, spezie che danzano su zest d’arancia; Pinot Draga 2011, dimenticatevi il Pinot Grigio da 3 euro a litro, verrete conquistati dal suo colore, dalla sua profondità, dalla sua finezza e dal suo equilibrio. Decisamente un buon divertimento!

Dall’altra sponda del Collio, a San Floriano (Go) c’è Franco Terpin, con il Jakot 2011 dal naso seducente, una Ribolla 2010 dal tannino entusiasmante, il Sauvignon 2011 dal palato incantevole, ed infine la Ribolla 2009 in magnum, sottotitolo: Il Collio è Qui!

Domaine de Courbisacc e L’Orange 2017, 3 vitigni tipici della Languedoc, (Marsanne 70%, Muscat 15%, Grenache Gris 15%), da vecchie viti quasi secolari (90 anni), è di grande intensità e complessità olfattiva, gioca su note agrumate e reminiscenze di erbe aromatiche, il palato ricco e caldo, la vena acida rende il sorso molto scorrevole.

Una Puglia alquanto atipica quella di Domenico Mangione di Tenuta Macchiarola, per le due anteprime 2017 dei suoi bianchi macerati. Verdeca 2017, 11 giorni sulle bucce ed un tannino che lo arricchisce, senza perdere in bevibilità. Belle Vignole 2017 è un Fiano Salento IGP che macera ben tre settimane, acquisisce i sapori della buccia e perdendo leggermente quella sua aromaticità mette in luce una freschezza non sempre riscontrabile in questo vitigno.

Tra quelli che hanno affrontato per la prima volta questo evento c’è Thomas Niedermayr con i suoi vini da varietà ibride, resistenti alle crittogame (le malattie fungine), i cosiddetti Piwi, piantati dal padre Rudolf negli anni 80 per eliminare erbicidi e pesticidi dalle sue vigne.

Il T.N. 99 2016 Sonnrain è una cuvée, la cui varietà principale è il Solaris oltre all’aromatico Muscaris. Al naso evidenti note fruttate e sentori floreali di rose. Al palato spicca per la sua freschezza, sapidità e persistenza.

Il T.N. 04 2016 Bronner, vendemmia quasi tardiva, matura sulle proprie fecce per circa 7/8 mesi, possiede un’elegante sapidità in bocca.

T.N. 06 2013 Abendrot è un orange wine da Souvignier Gris che macera sulle bucce per circa 3 mesi e affina quasi 22 venti mesi in rovere, un vino giustamente tannico, morbido e dal carattere deciso.

T.N. 11 2015 Gandfels, blend di Cabernet Carbon e Cabernet Cortis, un vino dalla buona struttura, elegante, molto intenso, con note speziate, balsamiche e frutti rossi maturi in evidenza. Un palato suadente, carnoso con tannini setosi. Persistenza incantevole.

Nevio Scala

Dietro al banchetto non ti aspetti proprio di incontrarlo. Sfogli il catalogo, leggi il suo nome sul banco di degustazione, alzi lo sguardo e ti chiedi “È lui?”.  Ti vengono in mente tanti sportivi che si sono “convertiti” in vignaioli, ma quando gli stringi la mano e lo fissi negli occhi ti rendi conto che forse quest’uomo la terra non l’ha mai lasciata, nemmeno dopo uno scudetto, la Coppa delle Coppe e la Coppa dei campioni col Milan, e nemmeno dopo aver allenato il suo “miracolo” Parma e le prime affermazione in campo Europeo.

Lui è semplicemente “tornato”, fa il produttore come lo era suo nonno prima e il padre dopo. Oggi aiuta e guida i suoi figli in questa nuova avventura: rilanciare l’azienda di famiglia situata ai piedi dei colli Euganei, l’azienda agricola e vitivinicola Nevio Scala!

Per ora la Garganega spadroneggia, con una versione rifermentata in bottiglia, Gargante 2016, vino base che affina in cemento per 5 mesi e rifermenta in bottiglia con l’aggiunta di mosto di Garganega passito. La versione ferma, Dilètto 2016, affina 8 mesi in cemento sulle fecce fini, dal sapore quotidiano ci ha stupito per la sua nota salina. Infine, in anteprima, la versione macerata (13 giorni sulle bucce) Cóntame 2016, per la quale si prevedono almeno 18 mesi di affinamento in cemento oltre ad un ulteriore riposo di 6 mesi in bottiglia. Dovremmo aspettare fino al prossimo dicembre per goderne.

Sains è meglio

Se “Less is More”, sicuramente “SAINS è meglio”! Questo potrebbe essere uno dei tanti claim dell’azienda oleovitivinicola a conduzione familiare Marina Palusci di Massimiliano D’Addario.

Unica realtà vitivinicola italiana ammessa a far parte di Les Vins S.A.I.N.S. (Sans Aucun Intrant Ni Sulfite, ajouté sur toutes les cuvées, ovvero no solfiti aggiunti ma su tutte le bottiglie prodotte) l’associazione di vigneron naturali creata da Gilles e Catherine Vergé. Impossibile chiacchierare con lui senza bere tutti i suoi vini, rigorosamente da vitigni autoctoni made in Pianella (PE), piantati dal nonno più di 60 anni fa.

Ed è proprio dopo la morte del nonno nel 2008 che Max decide di recuperare queste vigne di Passerina, Pecorino, Montepulciano, vendemmiarle rigorosamente a mano di notte, fermentarle spontaneamente con lieviti indigeni, senza filtrazioni né stabilizzazioni. Questa è la filosofia produttiva della sua linea PLENUS, il risultato sono vini vivi, veri, che raccontano un territorio e la sua gente, quell’Abruzzo forte e gentile.

Passerina 2015 è una fresca spremuta di agrumi, arricchita da note di oli essenziali della sua buccia, al palato dominano le erbe aromatiche che chiudono poi su note minerali. Pecorino Plenus 2015 è un vino a tutto tondo! Spalla, corpo, freschezza, persistenza, eleganza e complessità. Pecorino 2013 Jéroboam, direttamente dalla riserva personale di casa D’Addario, l’eleganza e finezza che non ti aspetti.

Caronte 2014 è l’ultimo nato, il suo vino “più estremo”, un Pecorino surliè permanente in bottiglia. Prodotto utilizzando l’ultimo metro di vino della cisterna di Pecorino Plenus 2014, viene imbottigliato direttamente con le proprie fecce fini che rappresentano circa il 20% del volume rispetto al vino.

L’etichetta s’ispira all’inferno dantesco, con la barca di Caronte che poggia su questo mare di fecce sui cui vagano le anime dannate che bevono vini convenzionali (non li citiamo per correttezza) mentre Caronte li conduce verso i “Lonely Grape Wine”, proprio come Fabio Ferrara, detto Caronte, dell’Osteria del Tarassaco  a cui il vino è dedicato, che ha traghettato in tutti questi anni gli abruzzesi nel fantastico mondo dei vini naturali. Unico vino di Massimiliano che non utilizza il tappo a vite, ma il classico sughero, poiché questa è una sfida per capire quanto viva il lievito in tali condizioni e come evolve nel tempo questa feccia viva!

La qualità si paga

Tornado al punto di partenza, si incontrano gli spumanti di Cà del Vént, cantina di Campiani di Cellatica, in una Franciacorta unica, diversa, non convenzionale, rivoluzionaria, dove la sperimentazione la fa da padrona e non si seguono mode né omologazione, la miglior espressione del metodo classico italiano che più si avvicina agli Champagne Top! Questo il loro obiettivo, e Antonio e Flavio non lo nascondono affatto.

Etichettati spesso come “son bravi, ma cari!” a loro favore si può spezzare la lancia della qualità che si paga, e in questo caso si può anche osare sottolinearlo!

Spumanti che cercano sempre di far parlare l’annata, ecco quindi un trittico 2013 che ci racconta del freddo e della pioggia di quell’anno che ha prodotto vini più sottili, delicati, eleganti, diretti e finissimi. Come Pensiero, un Blanc de Blancs da 100% Chardonnay selezione di ben 11 appezzamenti. Memoria è un brut Pas Operè molto salato e minerale di Chardonnay (94%) e Pinot Nero (6%) ottenuto assemblando 10 basi tra le più minerali, vegetali e balsamiche.

Visto l’annata è lavorato leggermente in ossidazione al fine di amplificare e non coprire l’evoluzione olfattiva. Sogno è un Blanc de Blancs che assembla 8 basi di Chardonnay tra le più rotonde, burrose e floreali. Tre spumanti nel rispetto della loro filosofia: potenza aromatica che esplode in bocca, sapiente uso dei legni, leggere ossidazioni per esaltare mineralità e sapidità proprie di questi terreni.

Inoltre, in anteprima (vendita dopo l’estate), il Blanc de Noirs da Pinot Nero, Creative Life 2012, molto carrozzato, sapido ma soprattutto lungo, molto lungo!

Il libro

Il finale è dedicato ad un libro, scritto a quattro mani da Maurizio Donadi di Casa Belfi con Carlo Brusadin. MAi DOmo (Ed. Antilia), un titolo che gioca con le iniziali di Maurizio ma soprattutto con la forza, volontà e passione di chi ha fatto del colfòndo, del recupero delle tradizioni vitivinicole trevigiane, della riscoperta di antiche metodologie di produzione un progetto di vita sana!

Steineriano, non per moda ma per convinzione, basata su risultati empirici, tangibili: da quando agli inizi degli anni 2000 ha applicato la biodinamica, soprattutto in vigna, come per magia ha iniziato a stare bene, a differenza di quando utilizzava trattamenti sistemici. Uno dei pochi produttori di prosecco di pianura ad avere ottenuto la certificazione Demeter.

Un libro sotto forma di romanzo che ci racconta proprio del suo percorso, dagli inizi ad oggi, di come negli anni è cambiata la sua visione, di quando si è innamorato del suo progetto (di vino e di vita) perché in fondo “innamorarsi significa seguire il cuore, che non tradisce mai! (cit.)

Antonio Cimmino

[Photo Credit: Antonio Cimmino]

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