Il commento di Francesco Bettoni, presidente di Unioncamere Lombardia

È il momento della conversione. Diversi produttori lombardi hanno infatti scelto di convertire le loro coltivazioni tradizionali in coltivazioni biologiche. E altri, c’è da scommetterci, ne seguiranno l’esempio.

A fare la parte del leone è la provincia di Pavia, che con più di 500 ettari di vigneti biologici rappresenta il 58% del totale delle coltivazioni bio della Lombardia. E quasi un quinto di queste vigne sono state convertite nell’ultimo anno. Al secondo posto viene la provincia di Brescia, con i suoi 285 ettari, pari al 32% del totale regionale: un dato in forte crescita, visto che l’area destinata a vigneti bio è cresciuta del 50% negli ultimi 12 mesi.

Come numero di aziende, si conferma la prevalenza delle due provincie citate: prima Pavia, con 44 produttori, mentre Brescia ne annovera 41. Seguono a distanza Mantova (17 cantine, 38 ettari vitati bio, il 20% dei quali in conversione) e Bergamo (11 cantine, 25 ettari, 8% i vigneti in conversione).

“Anche se l’adesione al biologico è ancora a livello di nicchia di mercato”, commenta Francesco Bettoni, presidente di Unioncamere Lombardia, “è innegabile che si tratti di una tendenza da considerare con grande attenzione. Il consumatore di prodotti biologici è generalmente di livello più alto rispetto a quello medio, sia nella scelta e valutazione del prodotto, sia per capacità di spesa”.

D’accordo l’assessore all’Agricoltura di Regione Lombardia, Gianni Fava. “Il passaggio al biologico può rivelarsi decisivo per espanderci in alcuni mercati importanti, come quello tedesco”, sottolinea l’assessore. “Inoltre, rappresenta anche un forte impulso per la ricerca di livelli qualitativi sempre più alti in una produzione che, già oggi, conta in Lombardia quasi il 90% dei vini prodotti a denominazione di qualità”.