All’Assemblea Nazionale di Federvini ecco i temi fondamentali per aumentare il valore del settore vinicolo. Recenti studi confermano infatti che il settore è tra quelli che meglio hanno affrontato la crisi, soprattutto grazie all’esportazione, anche se una delle novità positive registrate lo scorso anno è la ripresa del mercato interno.

Se l’export continua a crescere – i grandi produttori realizzano oltre confine oltre il 55% delle proprie vendite, con punte che arrivano a toccare il 90% – è altrettanto vero che assistiamo ad uno sbilanciamento evidente su alcuni mercati.

Secondo un recente studio di Mediobanca, l’Italia ha infatti un indice di concentrazione nei primi paesi di destinazione di 1.108 in confronto a 730 della Francia, 711 del Cile e 632 della Spagna. Una diversificazione più spinta – nota Mediobanca – potrebbe evitare problemi in caso di potenziali eventi avversi (dazi, Brexit…), inoltre nei mercati in cui l’Italia è più presente, il prezzo del prodotto è mediamente più basso rispetto ai mercati secondari.

Secondo le stime di Nomisma, infatti, sia per i bianchi fermi sia per i rossi fermi il prezzo medio italiano è più basso sia nei confronti di Francia (2,8 euro a litro contro 4,69 sui bianchi; 4,37 vs 5,36 sui rossi) sia nei riguardi della Nuova Zelanda (4,93 a litro per i bianchi e 7,71 per i rossi). In questo modo, il rischio è di perdere una visione d’insieme che porta ad esplorare aree geografiche più eccentriche, più rischiose ma anche a tasso di sviluppo potenziale maggiore (Sud America, Africa Australe, Sud Est Asiatico e Oceania).

I dati Mediobanca rilevano, comunque, che l’industria del vino italiano, oggi, ha una redditività superiore a quella del settore alimentare (8,7 contro 8,2). Questo valore è originato, in gran parte, dal rapporto tra Margine Operativo Netto (MON) e Valore Aggiunto che oggi ha raggiunto il 44% contro il 30,5 del food nel suo complesso. Questo significa che il settore ricava valore aggiunto dalle vendite, grazie alla capacità di fare leva sul valore iconico dei prodotti vitivinicoli italiani.

Oggi è però necessario un salto di qualità sia all’estero sia in Italia. Per questo è sempre più urgente creare un filo rosso che leghi enogastronomia, turismo, ambiente e arte, mettendo a sistema tutta la filiera allargata per creare valore, sui prodotti e sul territorio.

Il mondo del vino non fa eccezione rispetto al resto dell’industria: il mercato italiano, secondo a valore dopo la Francia, conta solo su due top player (pari al 6,3% del valore della produzione complessiva contro il 10,2% della Francia e il 31% della Spagna). “Diversificare, puntare a strutture più snelle e ragionare in chiave di sistema con modelli imprenditoriali che siano al contempo saldi e flessibili” spiega il presidente di Federvini, Sandro Boscaini.  “Solo così saremo pronti alle sfide del futuro prossimo con prodotti di valore e con una precisa identità”: entro il 2025 la Cina diventerà il secondo mercato mondiale dietro gli Stati Uniti con 13 miliardi di dollari superando Francia e Germania; a valore sarà sempre la Francia a primeggiare ma la Cina raggiungerà il quarto posto assoluto dietro a USA, Italia e Spagna. Nell’export Francia e Italia sempre sugli scudi con 16 e 11 miliardi di dollari.