Alla scoperta del segreto del successo del giovane chef che affianca Felice Sgarra in cucina

Chi ama il ricordo della franchezza dei sapori autentici valorizzati da una tecnica presente e mai invasiva, troverà presso il ristorante Umami di Felice Sgarra piena soddisfazione. Basta poco per accorgersi quanto, in questa felice oasi a ridosso delle Murge, cucinare non sia un dovere, ma ancora un momento di riflessione e motivo di piacere; è quintessenza di quella natura circostante, a primo acchito monotona, che – di contro – riserva variazioni cromatiche inattese e suggestive. Riserva, altresì, la “sorpresa”, a pochi chilometri dalle bianche cattedrali romaniche, di ritrovarsi seduti attorno a una tavola in cui genuinità della materia prima e capacità di lavorazione permettono l’esaltazione del gusto.

Non già perché il bravo Vincenzo Miracapillo (che da tempo affianca Sgarra) riesce a concentrare sapori sedimentati nella nostra memoria, ma anche per la sua capacità nel rielaborarli quel q.b che serve, senza lasciarsi contaminare da eccessi di stile o da tendenze culinarie contemporanee. Così, il menù è una sintesi di ricette che rievocano nel nome, nei profumi e al palato le pietre miliari della gastronomia tipica pugliese, senza rifuggire quelle piacevoli e pensate rivisitazioni di ricette ad oggi “datate”.

Il giovane Vincenzo, da sempre appassionato di enogastronomia e innamorato della pesca, si diploma all’alberghiero di Assisi per far ritorno nella città natale (Andria) ed intraprendere l’università. Ma il richiamo verso la terra e l’esser cresciuto a stretto contatto con la campagna lo portano ad un costante studio degli ingredienti, per ricavarne abbinamenti e “sue” personali interpretazioni. Lascia così gli studi e, dal 2012, affianca Felice Sgarra per portare avanti il proprio ideale di cucina: rispetto della materia prima di provenienza territoriale, ma lavorata secondo moderne tecniche. Ed infatti, nei suoi piatti, si legge la consapevolezza delle sfumature gusto-olfattive degli ingredienti adoperati, enfatizzati dal know-how acquisito negli anni.

Come trasferisci il tuo amore per il pesce in cucina?

Cerco di prediligerlo nella realizzazione di un menu e di ridurre i condimenti: dal carpaccio alle cotture al sale, passando per il sottovuoto.

Cosa riporti della tua esperienza ad Assisi e della tua terra nel piatto?

Prodotti pugliesi dalle mie origini; da Assisi, invece, quegli ingredienti per me fino ad allora sconosciuti, come il piccione e le relative tecniche di cottura.

Come nasce il tuo amore per la cucina?

Credo sia sempre stato latente in me; da bambino osservavo mio madre cucinare, a 6 anni mi dilettavo a preparare la crema pasticciera per il bar di famiglia. Ne ebbi conferma quando, una settimana prima dell’inizio delle scuole, cambiai l’indirizzo da Ragioneria all’Alberghiero e in quel momento realizzai di quanto fosse forte la mia passione.

Quanto è per te importante l’uso di attrezzature in cucina? La tua idea di cucina prescinde da queste?

Fondamentale perché mi permette di essere al passo coi tempi. La mia cucina non può farne a meno, ma non ne faccio un uso esasperato, in quanto costruisco un piatto attorno ad una materia prima di alta qualità e fresca.

Cos’altro è per te indispensabile in cucina?

Il team giusto con cui è necessario creare sintonia, il desiderio di migliorare e far squadra, l’obiettivo di far crescere un ristorante non tuo come se ti appartenesse. Solo così il lavoro diverte e stimola a continuare, a porsi nuovi orizzonti da raggiungere assieme.

Come ti relazioni con Felice e la brigata?

Siamo tutti molto affiatati e per noi è fondamentale assaggiare i nuovi piatti, pensare assieme a correzioni o a nuovi abbinamenti.

Esiste un ingrediente per te molto importante che tendi a utilizzare di frequente?

Sì, il vincotto, in quanto i miei genitori lo producono e, avendo partecipato alla lavorazione da bambino, per me costituisce un ricordo di infanzia.

Come interpreti le tendenze attuali della cucina?

Per me è difficile pensare di inventare qualcosa, ma si può ricorrere alla tecnica, alla propria sensibilità ed esperienza per cercare di realizzare piatti che sappiano emozionare. Ciò a prescindere dal fatto che quella ricetta si omologhi o meno a una tendenza.

Che caratteristiche deve avere un piatto?

Deve essere lineare, ossia creare una progressione di sapori; deve essere pulito, nel gusto e nella presentazione; deve lasciare un’emozione indelebile al cliente; grandissima qualità della materia prima.

Riesci a conciliare questo tuo lavoro con la vita privata di un ventisettenne?

Sì è difficile, ma è questione di organizzazione. Le persone che ho accanto fortunatamente comprendono i miei impegni e i periodi di maggiore stress.

Hai programmi prossimi?

Aprire un mio locale con uno stile di cucina simile all’attuale, ma senza il (piacevole) riconoscimento della stella, per poter ritagliare più tempo per me stesso.

Come ti comporti di solito quando arriva una comanda?

Mi preoccupo immediatamente di capire i tempi delle partite e di gestirli di conseguenza. È fondamentale che il cliente possa concludere la sua esperienza enogastronomica senza inutili attese che incidono sul giudizio complessivo del pasto.

Dal menu, abbiamo provato una felice interpretazione dell’acquasale pugliese, giocata sulle differenti consistenze e cotture di fiori di zucchina, tanne, cetriolo caramellato, pane raffermo, ravanello, barbabietola e cipolla di Acquaviva delle Fonti glassata. Equilibrato nel gusto e ben pensata la scelta delle tecniche di lavorazioni dei singoli ingredienti.

Piacevole e tenera la pancia cotta a bassa temperatura, servita su spuma di pane e pomodoro secco, taralli al vincotto, in accompagnamento a una marmellata di zucca, cannella e zenzero. Un piatto equilibrato, evocativo della tradizione gastronomica locale, lungo nella progressione aromatica e nel lasciare un insaziabile desiderio di continuo riassaggio.

E si lascia l’Umami immaginandosi già il ritorno…

Manuela Mancino