Ristopescheria Da Mery. Le barche

Una serata alla Ristopescheria Da Mery di Marina di Cecina con l’Accademia Italiana della Cucina Delegazione Costa degli Etruschi.

Sea Food Market

Correvano i mitici anni ’80 quando, di passaggio a Bangkok, decisi di andare a cena al Sea Food Market and Restaurant. Mi aveva attratto questo termine “market” unito a ristorante e la visita confermò le mie aspettative. Si entrava in una vera e propria pescheria, con lunghi banchi carichi di pesci freschi o  ancora vivi.

Una scelta sterminata tra esemplari  tropicali piccoli e grandi, molluschi, calamari e seppie,  frutti di mare, crostacei di tutti i tipi. Splendide aragoste e gamberi tra i quali spiccava la lunghissima chela del gambero dagli artigli spinosi. Si ordinavano i pesci per la cena e si procedeva con il carrello alla cassa per il pagamento di quanto acquistato.

Ristopescheria Da Mery. Il pescato

Dopo il pagamento si passava in cucina per ordinare il tipo di cottura e ci si accomodava al tavolo in attesa dei piatti. Alla fine della cena si pagavano la cottura e le bevande. Trovai la cosa affascinante e divertente. I pesci non avevano il sapore degli equivalenti del mediterraneo, ma l’averli comprati di persona guardandoli negli occhi dava un senso di soddisfazione  e una convinzione unica sulla freschezza e salubrità del pasto.

Al ritorno in Italia mi chiesi perché non ci fosse qualcosa di simile anche da noi. Sono dovuti passare innumerevoli anni perché questo sistema cominciasse a prendere piede. Oggi si può trovare l’offerta di cucina e mercato in molte città e non solo in quelle di mare, come Napoli e Livorno, ma anche a Milano o Roma.

E ora anche a Cecina, nella Costa degli Etruschi, a due passi dalla Bolgheri dei vini tra i più famosi del mondo. La scoperta della Ristopescheria Mery è stata una sorpresa: qui si raggiungono vertici altissimi nella qualità e freschezza del pescato, nella preparazione dei piatti, nel calore e simpatia del servizio e, cosa lodevole, nella proposta della carta dei vini.

Andiamo per ordine

La delegazione Costa degli Etruschi dell’Accademia Italiana della Cucina, coordinata dalla dinamica Presidente Maria Gloria Nannini, ha organizzato per domenica 24 novembre la propria conviviale proprio presso la Ristopescheria Mery. L’Accademia adotta, per le proprie riunioni, uno schema di lavoro che è molto aderente alle finalità culturali del sodalizio, allo scopo di avere una chiara e aggiornata visione sullo stato dell’arte  della ristorazione  nazionale, non solo sui suoi aspetti  operativi, ma anche sulle caratteristiche del prodotto, della sua origine e genuinità, del suo legame con il territorio di riferimento.

Ristopescheria Da Mery

La Ristopescheria Mery nasce nel 2009 da un’attività di pescatori operativa da oltre cinquant’anni. Tre famiglie, i Bientinesi, i Miserini e i Bacci si sono unite con le loro barche e con il loro lavoro per dare vita ad un’attività commerciale in grado di coprire la filiera dalla cattura alla vendita e successivamente alla somministrazione.

Mery Bientinesi è la capostipite e fin dall’inizio vende il pesce ogni mattina dietro al banco di marmo della pescheria di Marina di Cecina, situata a due passi dal lungomare, dagli alberghi e dai principali negozi della località turistica.

All’inizio erano barche a remi, mosse dalle potenti braccia di Benito, marito di Mery, poi è venuto il peschereccio, il San Gregorio, barca di 16 metri pilotata tuttora dal figlio Roberto, seconda generazione e zio di Andrea e Francesco. La terza generazione, invece, rappresentata proprio da Andrea e Francesco è l’artefice dell’ingresso della famiglia nel mondo della ristorazione.

Francesco Bacci, Gloria Nannini (Accademia Italiana della Cucina), una cuoca, Andrea Bacci, Michele Stata

Manifesto ad Andrea le mie preoccupazioni: “Ma dopo Roberto chi terrà in piedi la barca, che è il cuore dell’attività. Se viene a mancare la pesca finisce tutto?”. “Saremo io e Francesco” risponde Andrea “Stiamo lavorando per ottenere  le qualifiche necessarie. Attualmente siamo mozzi di III categoria, poi otterremo la qualifica  di capo barca e alla fine quella di comandante”. Non si sentono quindi solo ristoratori.

“Siamo piuttosto scopritori ed esaltatori di una materia prima unica, una materia prima che, nonostante i cambiamenti climatici e l’inquinamento crescente, esiste sempre. Basta saperla cercare, conoscendone i cicli vitali, le abitudini, l’adattamento con l’ambiente per poi collocarla sul mercato nei modi più appropriati e la ristorazione è uno di questi. Ci serviamo, ovviamente, anche dei supporti della tecnologia per la ricerca del pesce in mare aperto e di piccole imbarcazioni per la pesca costiera veloce.”

Prematuro a dirsi, ma esiste anche un progetto per la pesca turismo, con i clienti che partecipano alla pesca e si fanno cuocere il pesce pescato.

A tavola

Sono stato chiamato a partecipare alla serata conviviale, in qualità di ospite osservatore, da Andrea Bacci. Il propulsore della Ristopescheria, aveva chiamato anche Michele Satta di Bolgheri, accompagnato dal figlio Giacomo, per presentare la propria azienda e i propri vini. Insomma una serie di premesse che preludevano a una serata di tutto rispetto, e così è stato.

Si parte con una Tartare di palamita cruda, pomodorini e basilico, sapida e morbida. Michele Satta propone in abbinamento una novità che non ti aspetteresti mai da Bolgheri: un vino frizzante a base di Sangiovese in purezza ottenuto con la fermentazione “metodo ancestrale”, ovvero direttamente in bottiglia.

Piacevolmente profumato di ciliegia rossa, con un perlage fine e cremoso il Michè 2018, questo  il nome del vino, ha un palato fresco e sapido ed una bevibilità che porta a finire la bottiglia in un amen. Vino simpatico e scherzoso e per questo mi congratulo con Michele con un “Bravo! Hai inventato il primo Lambrusco bolgherese!”

Gli antipasti continuano con Ali di razza al vapore con maionese e bottarga di muggine seguiti da Polpo di scoglio verace grigliato con crema di patate e paprika dolce. La bottarga è anch’essa prodotta in casa. Nella stagione giusta dai muggini o cefali si estraggono le ovaie che vengono subito fatte essiccare al sole.

Il polpo invece è cotto alla griglia, morbidissimo con un esterno leggermente croccante e amarognolo, perfetto per una rifinitura con olio extravergine di oliva nuovo. L’abbinamento con il vino prevede il Satta Bolgheri Vermentino 2018, profumato fresco e dissetante.

Per i primi vengono presentati lo Gnocchettino di patate, triglia, pomodoro basilico e bottarga di muggine seguiti da Bavette alla cicala e crumble di pane aromatizzato alla sua bisque, due piatti saporiti e pieni di profumi di mare smorzati dal riuscito abbinamento con il Satta Costa di Giulia Bolgheribianco 2018, un fresco e aromatico blend di Vermentino e Sauvignon blanc di grande carattere.

È poi il turno di un’accattivante Frittura di mare di calamari e mazzancolle, tenerissimi i primi e sapide le seconde, affiancati da una simpatica barchetta di carta gialla piena di alici. Per la frittura Satta sceglie il Giovin Re 2017, un Viognier in purezza caldo e strutturato con ricordi di rovere cremoso.

Per i più resistenti seguono i ghiotti Calamari ripieni (di mortadella secondo la ricetta originale di Mery) su crema di pomodori con i quali Satta azzarda l’accostamento con un Sangiovese in purezza, il Cavaliere 2016. Conosco questo vino fin dai primi anni ’90 e quando assaggio questa bottiglia resto spiazzato, non lo riconosco.

E in effetti Michele Satta mi spiega che Giacomo si è preso la responsabilità di realizzare un Cavaliere di nuova generazione.  Il colore è rubino trasparente e vivace, al naso non si avverte più la marcatura speziata del rovere, ma è un complesso di aromi fruttati e floreali molto freschi di ciliegia rossa, susina, garofano. In bocca è scalpitante per freschezza acida che accompagna il frutto verso un finale tutto sapidità. Un vino già godibile e di facile beva, ma che può ancora trarre giovamento di un altro paio di anni in bottiglia.

Giacomo Satta e Michele Satta

Il Cavaliere di Michele strizzava l’occhio a Bordeaux, quello di Giacomo alla Borgogna e ai suoi Pinot noir. L’estrazione e la macerazione sulle bucce è ridotta e l’intervento del legno drasticamente diminuito.

La conclusione è  con un Tiramisù in barattolo, molto ghiotto, accompagnato dal Nocino che Michele Satta produce secondo una ricetta delle monache trappiste.

Questa la sequenza dei piatti per la serata particolare dedicata all’Accademia della Cucina, ma per la normale routine c’è un menu altrettanto accattivante.

Nel menu

Si può cominciare (o cominciare e finire) con un Aperipesce, aperitivo che si svolge tutte le sere dalle 18.30 all’esterno della pescheria davanti a una vera barca da pesca adattata a bar, a base di ostriche, scampi e gamberi, fritture miste di calamaretti e  calici di bollicine, francesi e italiane, o cocktails, o vini locali.

Per chi vuole sedersi comodamente al tavolino, la lista degli antipasti offre il Gran Crudo di stagione, che ognuno può comporre a proprio piacimento e a seconda del pescato. In alternativa si può scegliere una selezione di antipasti cotti.

Seguono i Primi Piatti Particolari, a base di pesce “povero”, gattuccio, grongo, morena, nero di seppia, moscardini, ali di razza aglio e salvia (le livornesi finte cèe) oppure i Primi Piatti Ricercat icon pesce nobile, ovvero pasta fatta in casa con novellame, triglie e bottarga, gamberi rossi, ricci di mare, margherita,  fino all’aragosta e al lupicante blu.

Per i secondi si parte dal filetto di tonno o di palamita, si attraversano le fritture di ogni tipo, si giunge al pescato del giorno da scegliere al banco di marmo, e alle aragoste. Non può mancare il Cacciucco di Nonna Mery e lo Stoccafisso alla livornese.

La carta dei vini, curata da Andrea, è una bella sorpresa e richiede il suo tempo per la lettura e per la scelta, visto che le tentazioni sono molte. Ovviamente si parte dai bianchi con Alto Adige in testa.

Oltre a San Michele e Tiefenbrunner ci sono delle ricercatezze come Peter Dipoli con il mitico Sauvignon Voglar o Manfred Nossing con Kerner e Sylvaner. Poi troviamo il Friuli, il Veneto con il Soave di Inama, la val d’Aosta con Les Crêtes, e via giù per l’Italia fino alla Sicilia, con una sostanziosa sosta a Bolgheri per i suoi Vermentino.

La Francia è rappresentata da alcune etichette tra le quali spicca un Bourgogne di Leflaive e lo Chablis di Droin, tagliente come una lama. Ci sono poi degli ottimi Riesling tra i quali il Trocken di Bürklin-Wolf, poi Napa e Nuova Zelanda.

Non mancano i rossi, sempre più richiesti, se ben abbinati, con il pesce. Si parte da Bolgheri, Sassicaia compreso, o  dai Pinot Nero dell’Alto Adige, dall’Etna Rosso anch’esso di solito a suo agio con il mare, fino a Piemonte e Sardegna.

Dall’estero ancora Pinot Nero da Borgogna e Nuova Zelanda e c’è anche un Malbeck argentino di Mondavi. Dopo alcuni rosati si apre la vastissima lista delle bollicine dove si viaggia dalla Franciacorta alla Valdobbiadene con qualche puntata in Toscana, fino alla Francia con cinque Champagne e un Crémant de Loire.

A questo punto non si può che finire con un ottimo ponce livornese e una lunga passeggiata sul lungomare. Il pesce è di facile digestione, ma l’abbondanza delle succulente e profumate preparazioni di Mery può portare facilmente a qualche piccolo, ma innocuo, eccesso di gola.

Paolo Valdastri

 

RISTOPESCHERIA DA MERY

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