Chiamarlo “ristorante”, date le sue piccole dimensioni (un bancone con soli 10 posti a sedere su sgabelli con spalliera imbottiti, e tre tavolini), forse non è proprio la parola giusta, è piuttosto un “tempio” della gastronomia Giapponese dove l’arte del “Sushi” è al massimo livello

Il “Sushi” (in Giapponese la parola è scritta con un carattere Cinese e significa letteralmente “acido”) è un tipo di cucina, oggi famosa internazionalmente, che ha origini antichissime.

E’ nata in Cina ed è stata importata in Giappone da alcuni monaci Buddhisti nel 600 d.C., ed è proprio in Giappone che ha trovato la popolarità, ad iniziare dal 1820, grazie ad un cuoco di strada, Hanaya Yohei (1799-1858), nella Città di Edo (oggi Tokyo).

Per “Sushi” s’intende una serie di coreografiche preparazioni a base di riso bianco (varietà Japonica a grana corta), cotto seguendo regole precise, e poi marinato con aceto di riso, zucchero e sale, unito a pesce o frutti di mare (non sempre crudi), alghe, altri vegetali e uova. Viene generalmente fatto in piccole porzioni, che si intingono in vari condimenti e che, con “buona volontà”, si possono mangiare, con le mani o con le tradizionali bacchette (hashi), in un sol boccone.

La “Cucina Sushi” ha varie forme e tipologie, ognuna di esse ha un nome specifico, tra le più famose:

– “Chirashi”, varie tipi di pesce crudo, tagliato ad arte, servite in una ciotola di riso “gohan”, cotto con una procedura ad assorbimento d’acqua;

– “Donburri”, è come il “Chirashi” ma con una sola tipologia di pesce;

– “Futomaki”, arrotolato di “Sushi” con all’interno pezzetti piuttosto grandi;

– “Nigiri Sushi”, pezzetti di pesce crudo sistemati su polpettine di riso “gohan” trattate con aceto di riso (per mantenerle compatte) zucchero e sale;

– “Gunkan Nigiri”, un particolare tipo di “Nigiri” che contiene gli ingredienti in forma raccolta;

– “Hosomaki”, riso arrotolato, in alga “nori” (essiccata con un procedimento manuale molto particolare), con l’aggiunta di un solo ingrediente;

– “Sashimi”, alcuni piccoli tranci di pesce, tagliati sottili, che possono essere crudi, cotti o in salamoia;

– “Temaki”, un cono di alga “nori” ripieno di riso e vari ingredienti tagliati a bastoncini piccoli e corti;

– “Uromaki”, (detto anche California Roll essendo stato inventato, negli anni ottanta, a Los Angeles dallo Chef Ichiro Mashita del Ristorante “Tokyo Kaikan”), involtino in cui l’alga “nori”, con i vari ingredienti compreso il pesce crudo, è all’interno del riso che può essere semplice o ricoperto di semi di sesamo.

Il “Sushi” è un alimento semplice, essenziale, ma pieno di sapore: l’assoluta semplicità lo conduce alla purezza. Come molte altre cose del Giappone il “Sushi” non è solo una particolare e difficile arte culinaria ma è una vera e propria “filosofia di vita”.

Un apprendista cuoco passa almeno due anni a strizzare piccoli asciugamani bollenti per la clientela e a buttare il riso nell’acqua. Successivamente deve specializzarsi nelle preparazioni con il suo maestro (Shokunin) per almeno altri tre anni prima di poter esercitare ciò che ha appreso. Ma Solo dopo 10 anni può definirsi “Itamae”, uno Chef professionista di “Sushi”.

Per il cuoco di “Sushi” anche gli strumenti più usati, i coltelli, sono qualcosa di simile alle spade per i Samurai, tanta è l’amorevole cura con cui, ogni giorno, li tengono pulitissimi e affilatissimi.

Nella Cucina “Sushi” le preparazioni non devono appagare soltanto il palato ma, necessariamente,  devono soddisfare anche la vista, ricreando nel piatto una sorta di “Giardino Zen”, mitico e spettacolare luogo di meditazione dei monaci delle Scuole Buddhiste Giapponesi denominate appunto “Zen”.

Tokyo, Capitale del Giappone, è una metropoli da 13,5 milioni di abitanti, è suddivisa, nella parte centrale e più popolata, in 23 Quartieri Speciali, uno di questi si chiama “Chuo-ku”. Uno dei Distretti di “Chuo-ku”, ubicato nella parte sud-occidentale, noto nel mondo come vasta area commerciale di lusso ricca di boutique, negozi, magazzini, ristorante e caffè, si chiama “Ginza” (il nome deriva dalla parola Giapponese “gin” = argento).

Tra i molti palazzi super illuminati e affollati di “Ginza”, dove spiccano le vetrine delle grandi firme, c’è ne è uno un poco più anonimo, destinato ad uffici, il Tsukamoto Sogyo Building, al primo piano interrato di questo edificio si trova una dei posti gastronomici più interessanti del mondo: il “Sukiyabashi Jiro”.

Chiamarlo “ristorante”, date le sue piccole dimensioni (un bancone con soli 10 posti a sedere su sgabelli con spalliera imbottiti, e tre tavolini), forse non è proprio la parola giusta, è piuttosto un “tempio” della gastronomia Giapponese dove l’arte del “Sushi” è al massimo livello.

Il “Sukiyabashi Jiro” è dello Chef, anzi dello “Shokunin” (Maestro Sushi Chef), Jiro Ono.

Jiro è nato nella Città di Hamamatsu, il 27 Ottobre del 1925, suo padre aveva problemi di alcool e aveva lasciato la famiglia quando lui aveva sette anni, all’età di solo nove anni è entrato a fare pratica nelle cucine di “Sushi” e da allora l’arte del “Sushi” è diventata tutta la sua vita.

Jiro Ono ha due figli, il più grande, che ha più di 50 anni, lavora con il padre, Yoshikazu, e Takashi che ha aperto, a Roppongi Hills (un grande e moderno complesso urbano di Tokyo dove spicca la Mori Tower un grattacielo di 258 metri) il suo “Sukiyabashi”, praticamente una copia del Locale di Jiro. Yoshikazu ha iniziato a lavorare con il padre all’età di 19 anni e all’inizio non era entusiasta del lavoro, ma a poco a poco la passione di suo padre lo ha contagiato.

Il “Sukiyabashi Jiro” nel 2008  ha avuto, dalla super prestigiosa Guida Rossa Michelin Giapponese, la “Terza Stella” facendo diventare Jiro Ono lo Chef  “tristellato” più anziano al mondo e l’unico di “Sushi”.

Jiro Ono fino a settanta anni è andato tutte le mattine, prima dell’alba, all’antico mercato ittico all’ingrosso di Tokyo, il più grande del mondo, “Tsukiji shijo”, ma avendo avuto problemi al cuore, questo fondamentale compito è passato al figlio Yoshikazu che lo esegue diligentemente andando e tornando in bicicletta. Jiro è talmente preso dal suo lavoro che anche la notte sogna nuove ricette che poi mette in pratica. Jiro non fa mai vacanze, “sono noiose e lunghe”, preferisce lavorare.

Il riso, di qualità, usato da Jiro proviene dal suo fornitore di fiducia, Hiromachi Honda, e, dopo l’attenta e precisa cottura, viene accuratamente servito alla perfetta temperatura del corpo umano.

Al “Sukiyabashi Jiro” vengono serviti tre tipi di straordinario e super selezionato tonno, O-Toro (tonno grasso frollato 10 giorni), Chu-toro (tonno medio), Akami (tonno magro frollato tre giorni).

Il pesce usato, in molti casi, viene sfilettato quando è ancora vivo. Il polpo di Jiro, per esempio, viene massaggiato per 45/50 minuti per ammorbidirlo prima di cucinarlo.

Jiro assaggia sempre tutto e controlla in continuazione il lavoro di suo figlio e degli apprendisti, è severissimo con tutti ma anche con se stesso, non è mai soddisfatto e vuole sempre migliorare. Gli apprendisti si trovano con sempre maggiore difficoltà dato i molti sacrifici che devono affrontare per raggiungere il livello di “Itamae”.

Il “Sukiyabashi Jiro”, pur avendo pochissimi coperti e il bagno all’esterno, ha “tre stelle” Michelin e durante la sua storia è stato super premiato.

A pranzo e cena si mangiano  portate, differenziate tra uomini e donne, in 15/20 minuti con una spesa minima di 30.000 yen (circa 250,00 Euro): in proporzione al tempo è il locale più costoso al mondo. Al “Sukiyabashi Jiro” bisogna prenotare con mesi di anticipo.

Jiro con il suo aspetto dimesso è un gigante della Cucina Giapponese che guarda sempre avanti, oltre se stesso, per protendersi verso il raggiungimento della perfezione. Il 95% della Cucina “Sushi” avviene nella preparazione degli ingredienti prima che vengano assemblati per la presentazione. Il “Sushi”, secondo Jiro, va preparato con estrema delicatezza come se si tenesse in mano un pulcino.

Il Menu è di 20 portate, è Jiro lo aggiorna ogni giorno a seconda della spesa fatta.

All’inizio si parte con le preparazioni classiche (come maguro = tonno rosso e pesce del giorno), poi si passa a crudi e cotti di mare (come tako = piovra, ika = calamari, fugu = pesce palla, estremamente velenoso se non preparato alla perfezione), infine le cose più particolari (come ikura = salmone, tobiko = uova di pesce volante, tamago = frittata dolce a base di uova).

Tutte queste prelibate portate di “Sushi” devono essere mangiate appena servite, nel rispetto  dell’equilibrio perfetto tra il riso e il pesce.

Insieme al Sushi di Jiro si mangia anche la sua filosofia.

In abbinamento alle preparazioni vengono serviti vari condimenti, tutte ricette segrete di Jiro, tipo wasabi = rafano Giapponese, shoyu = salsa di soia e il suo aceto di riso.

Al “Sukiyabashi Jiro” si beve esclusivamente il “sake” (vino di riso fermentato) o la birra.

Per il famoso critico gastronomico Giapponese Masuhiro Yamamoto  un grande Chef deve essere : serio sul lavoro, migliorare ogni giorno, essere estremamente pulito, essere un leader intransigente con se stesso e con i collaboratori, avere una straordinaria passione per il suo lavoro.

Jiro Ono ha tutte queste prerogative.

Giorgio Dracopulos


http://www.sushi-jiro.jp/eng-index.html