Champagne nel Massif Saint-Thierry

Avevamo lasciato da poco l’abitato di Cormicy, punta estrema nord del grande territorio della Champagne, diretti a Bouvancourt, sempre nel Massif ma con vista sulla Vallée de la Vesle, il fiume torrentizio che termina la sua corsa nel canale de l’Aisne à la Marne presso Reims.

Fiume che è la causa del microclima di questa piccola ma produttiva vallata. Avevamo, perché non ero solo in questa avventura alla ricerca  delle numerose enclave spumantistiche di cui il territorio della Champagne ne è pieno.

Boschi, seminativi e vigneti; il paesaggio ondulare si è presentato nel suo insieme attraversato dalla D30, la strada dipartimentale (le nostre provinciali).

Amanti del perlage, sognatori di emozioni alla ricerca della vera essenza, delle origini del vino del desiderio.

Ecco l’atteso segnale: Bouvancourt. Il primo impatto del paesino mi fece ricordare una poesia della mia fanciullezza scritta da quel poeta delle cose semplici ma belle per la loro intimità che non sempre l’uomo riesce a percepire, preso dal ritmo frenetico della vita, Aldo Palazzeschi.

“Tre casettine dai tetti aguzzi, un verde praticello, un esiguo ruscello…Microscopico paese, è vero, paese da nulla, però…” (Rio Bo). Già; però galleggiante su di un mare di champagne.

Madame Fauvet ci attendeva di fronte alla sua casa. Accoglienza in famiglia. Il salotto buono, il camino, le foto della famiglia allargata, insomma motivi di cui parlare, tantissimi.

Avevamo scoperto un aspetto nuovo, diverso del grande mondo dello champagne. Finalmente potevamo parlare, capire dai diretti interessati quell’aspetto che permette a piccoli proprietari di uno,due,tre ettari di produrre vini ottimi e stare stabilmente sul mercato.

La loro forza è la cooperazione intesa nel suo profondo significato: azione condivisa per il perseguimento di uno scopo pur mantenedo la propria identità.

Conferitori di uve da sempre per le Grandi Maison i Vignerons della Vallée de la Vesle si sono riuniti in cooperative dislocate al centro dell’area di alcuni abitati interessati, fornendo loro gli strumenti comuni per la produzione dei loro champagne. Sì proprio dei loro champagne.

Perché ognuno di loro conferisce le proprie uve, dà precise indicazioni sulla produzione dei Vins Clairs, partecipa a tutte le fasi della ri-fermentazione in bottiglia fino all’etichettatura dettando i tempi della permanenza sui lieviti e l’affinamento in bottiglia. Il risultato?

Ogni vigneron ha il suo specifico prodotto ottenuto abbattendo notevolmente i costi di produzione e potendo così competere sul mercato con vini ottimi, alcuni eccellenti. Non solo. Ha l’opportunità di far conoscere territori diversi dai tre superconosciuti e sfruttati. E allora si può parlare di chardonnay del Massif, del Pinot Noir della Vesle, del Pinot Meunier dell’Ardre.

Ma gli champagne De Vreese Fauvet come sono risultati? Ottimi, di tutto rispetto nella fascia di prezzo in cui si trovano. Questi gli assaggi:

Champagne Tradition. Il classico champagne a tutto pasto.  Impatto semplice con note floreali e vegetali e una buona impronta di boulangerie. Freschezza ma anche diluizione in bocca. Champagne semplice, piacevole, di facile beva. Ottimo Voto 87/100

Champagne Brut Prestige. Verso la ricerca della purezza. Concezione di un vino a pieno titolo, senza alcun artificio enologico. Disegno ammirevole da incoraggiare senza alcuna riserva. Ottimo/Eccellente. Rimane tra 89-90/100

Champagne Rosé. Taglio stilizzato, Acidità meno sostenuta, cuvée abbastanza ben  gestita, un rosé di ottimo livello vinificato con mano sicura. Ottimo Voto 88/100

Maison De Vreese Fauvet: lo scopo di produrre champagne per essere più prossimi alla logica del territorio. A noi sognatori di emozioni ci è sembrato che lo scopo sia stato raggiunto.

Lasciamo Rio Bo, ovvero Bouvancourt, senza aver visto la stella che occhieggia con la punta di un cipresso, ma in compenso abbiamo trovato champagne di cui parlare e raccontare.

Urano Cupisti