Ogni delegazione di associazioni di sommelier dovrebbe avere nel proprio DNA la valorizzazione dei “propri” vini, della zona in cui insiste ed opera. Va dato atto alla Fisar di Livorno di essersi impegnata in questa missione da tempi non sospetti, con l’organizzazione di quel Mare DiVino divenuto evento imprescindibile della fine dell’annata enoica, quest’anno tornato ai suoi fasti e alla consueta affluenza di pubblico dopo il doloroso stop dovuto alla pandemia.

Mare DiVino è la festa DI TUTTO il vino prodotto nella provincia di Livorno, e in tutti i territori che su Livorno gravitano. Bolgheri quindi ovviamente, ma anche tutto ciò che a Bolgheri fa corona, e con pari dignità.

E anche in merito a Bolgheri, sempre si è apprezzato il desiderio di approfondire la conoscenza di un territorio al di là delle etichette diventate di culto, icone di se stesse quasi al punto di prescindere dal genius loci che ne costituisce l’essenza.

In occasione della ripartenza del 2022, lodevole dunque l’iniziativa di celebrarla con un laboratorio sapientemente condotto da due sommelier di lungo corso quali Davide Amadei e Luca Canapicchi, in rigoroso ordine alfabetico. La degustazione ha fornito l’opportunità di una visione d’insieme, con la possibilità di approcciare anche etichette meno blasonate. Con qualche considerazione finale a pie’ di lista, che chi Vi scrive sintetizza per come segue.

Maredivino 2022

Bolgheri si evolve

Innanzitutto è stato possibile apprezzare come Bolgheri sia di recente cambiata in positivo: la forsennata ricerca di vini strutturati e materici ha dato luogo a un’eleganza più meditata, che non abdica all’avvolgenza e alla maturità prorompente del frutto, bensì le integra in una compiutezza più equilibrata, a tutto beneficio dello slancio del sorso e dell’equilibrio complessivi delle etichette proposte. Così il tannino non è più “intirizzito” da eccessi di affinamento in legno, l’acidità non più annegata in una morbidezza associata a una maturità smodata.

Molteplici le cause di questa benefica evoluzione stilistica: in primis, ai tempi del boom commerciale della denominazione, furono piantati numerosi vigneti investiti da subito dell’onere di produrre etichette che dovevano stupire per struttura e impatto gustativo. Essi stanno lentamente andando a regime e restituiscono un frutto più fragrante, con una maturità delle bucce che non deve rinunciare ad adeguata acidità e (non ci stancheremo di ripeterlo) equilibrio complessivo. In pratica, l’apparato radicale più sviluppato consente alle aziende di gestire più facilmente gli eccessi di temperatura e siccità sempre più frequenti in un clima in via di completo impazzimento.

Bolgheri

D’altro canto sono i produttori medesimi ad essersi faticosamente conquistati l’esperienza per venire a capo delle dette situazioni. Cosicché vendemmia verde, diradamenti e sfogliature non sono più un must a prescindere, ma vengono accuratamente calibrate a seconda della bisogna. Senza dimenticare che in una denominazione così investita di attenzione mediatica come Bolgheri, lo stile di vinificazione difficilmente prescinde dalle aspettative del mercato e in seconda battuta della critica: l’attuale transizione del gradimento generale verso vini dalla beva più sciolta ha toccato anche la costa etrusca.

Un plauso ai produttori per essere riusciti a interpretare il mutamento nello stile gradito al mercato senza abdicare alla loro identità territoriale (vogliamo sintetizzarla come “pugno di ferro in guanto di velluto”?).

Soffermarsi sulle annate

Altra positiva conseguenza dei suddetti cambiamenti è la più puntuale espressività dei vini in relazione alle caratteristiche delle diverse annate. In sede di assaggio è risaltata la conferma che il 2018 è stato ben più problematico del millesimo successivo, con tannini meno rifiniti, un corpo più sottile e un’acidità leggermente più scomposta, in generale una sensazione di maggiore incompiutezza che forse una più lunga permanenza in bottiglia saprà almeno parzialmente ridurre.

Il 2019 è invece annata dall’andamento fresco ma regolare, il che ha consentito vendemmie più ritardate senza abdicare alla freschezza, con piena maturazione delle bucce con quel che ne consegue, in termini di profumi e filigrana dell’impatto gustativo. Un poco più preoccupanti le deviazioni dei tappi riscontrate in più di un assaggio, che hanno messo a dura prova le capacità dei degustatori, costretti ad usare un poco di immaginazione per divinare quella che poteva essere l’evoluzione del vino in bottiglia, o le sue caratteristiche al di là di qualche componente interlocutoria.

Maredivino 2022

In questo contesto, lo stile poco interventista nella vinificazione ormai in via di consolidamento anche in quel di Bolgheri, se va a beneficio di una sensazione di veracità quasi fuori dalle righe per certi assaggi, contemporaneamente ha talvolta nuociuto alla precisione aromatica, con qualche riduzione olfattiva ormai non più tanto inaspettata.

Sarebbe fine a se stessa, nonché pedante e speciosa un’elencazione delle note di degustazione del seminario: ogni campione proposto aveva motivi di interesse in merito alla descrizione di aspetti diversi di quella variegata galassia che è Bolgheri.

Discettare su quale etichetta fosse migliore o peggiore non è lo scopo di queste note, e tutti i presenti al seminario, nonché chi ha avuto occasione di assaggiare in giro a Mare DiVino avrà potuto trarre le su conclusioni. D’altra parte non è quello fare cultura del vino, che è quanto si riprometteva, e ha felicemente conseguito, la Delegazione Fisar di Livorno nell’organizzare un approfondimento su un comprensorio in realtà molto meno conosciuto di quanto si possa credere.

Riccardo Margheri