In sede di Anteprime Toscane, la prima giornata è ormai tradizionalmente dedicata ad un pout-pourri di denominazioni, che nella stessa sede della fiorentina Fortezza da Basso in qualche modo sgomitano cercando spazio.

Se la noia è bandita, è certamente problematico conseguire impressioni che abbiano un qualche valore, in quanto il numero di campioni che anche il degustatore più volenteroso riesce ad assaggiare finisce per qualche comprensorio per essere necessariamente limitato. Rivedendo le mie note, realizzo che in realtà nemmeno le 21 referenze testate del Maremma Toscana DOC, o le pur 14 del Montecucco (peraltro variegate per tipologia, annata, ecc.) mi sembrano sufficienti per esprimere qualcosa di significativo su territori così articolati, dove le tipologie sono molteplici, albergano più vitigni, ecc.

Mi limiterò pertanto ad esprimere giudizi solo per la neonata Terre di Casole e Carmignano, in effetti di dimensioni più piccole della media. Per il resto, mi limiterò al solito a segnalare in altro articolo qualche etichetta meritevole di attenzione.

Terre di Casole

Terre di Casole è DOC minuscola per numero di produttori, ma appare di sicuro interesse. Varietà di areali, composizione dei suoli che spazia dall’argilla al calcare, con prevalenza della prima, e quindi tendenzialmente vini volumici, maturi, dalla struttura tannica non timida, potenzialmente longevi. Degustati i vini di tre produttori (il che vuol dire una percentuale significativamente alta del totale della denominazione…).

Pietro Caciorgna è enologo di vaglia, che oltre a numerose prestigiose consulenze si dedica a due aziende di proprietà, una sull’Etna, l’altra appunto in zona: se l’IGT Alberaia 2013 è fresco al naso, polposo al palato, dal tannino tuttora leggermente rigido; il DOC Macchie 2014 si esprime sorprendentemente su note di frutti esotici all’olfatto, che il palato ritrova con sapidità e lunghezza.

Anche l’IGT Comeunavolta 2015 di Camporignano sconta una certa rigidezza, e allora, forse, se due indizi fanno una prova, l’annata non deve essere stata l’ideale per conseguire la maturità fenolica. Meglio il Sangiovese in purezza  Mattaione  2013, singolarmente affinato in botte non tostata per due anni, con maturità di frutto nero, e ben equilibrato.

Bene anche il DOC Stebbi dell’omonimo podere, leggermente alcolico ma dal succoso riconoscimento di mora e non mancante di sapore.

Infine, il DOC Il Generale 2013 di Podere Santa Maria non manca di spinta acida ma appare un attimo sovraestratto.

Carmignano

Carmignano potrebbe essere erroneamente giudicata la cenerentola delle DOCG toscane, ed è del tutto ingiusto, perché produce bottiglie gradevoli e ben prezzate, è di storicità indiscutibile, e alcune sue referenze sono state tra i vini italiani con il maggior potenziale di evoluzione. In presentazione: Anteprime 2016, spesso campioni di vasca, scombussolati ma futuribili; più di un 2015 dal succo ben coniugato con la struttura; e, forse anche più interessanti delle Riserve, alcuni ambiziosi IGT di sicuro valore.

Più in dettaglio, mi sono piaciuti i Carmignano 2015 de Le Farnete, aggraziato nel tannino, di piacevole dolcezza e meno irrigidito dal legno che in altre annate; e il coevo Podere Allocco, succoso e articolato al naso; mentre a Villa Artimino, la direzione tecnica di Filippo Paoletti inizia a portare i suoi frutti con il Poggilarga 2015: olfatto aperto su ciliegia sotto spirito e cioccolato, bocca ruspante di Sangiovese saporito, con tannino di bella presa ma non sgraziato.

Tra i campioni più o meno ancora in vasca, futuribili Il Sasso 2016 di Piaggia, al solito coloratissimo, bene estratto e con un tono vegetale aromaticamente rinfrescante che dà articolazione al naso; anche la Ris. 15, pur tuttora rigida nel tannino, merita sicuramente di essere attesa. Bella struttura, profondità e avvolgenza per la Ris. Montefortini Podere Lombarda 2015 di Ambra, mentre è molto più indietro in termini di distensione l’altra (blasonata) coeva Ris. Santa Cristina in Pilli.

Tra gli IGT l’ambizioso Sangiovese in purezza UCB 2015 di Capezzana inizia a risolvere il rapporto con il rovere (c’è stato il passaggio al legno non nuovo). Il Cabernet Franc Poggio de’ Colli 2015 di Piaggia appare essere uno dei migliori millesimi per questa selezione, balsamico e già aperto sul frutto al naso, reattivo, sapido, disteso al palato, con un finale di gran lunghezza, e comunque ancora molto tempo davanti a sé.

Infine, assenti per un disguido i Vin Santo, doveroso cenno al Carmignano Trefiano 2013 di Capezzana: se il naso ha bisogno di adeguata areazione per esprimersi, in bocca spiccano l’imponente tannino fine e infiltrante, l’acidità integrata nella pienezza del frutto, con finale dolce e lungo di prugna.

Riccardo Margheri