L’ambiente della Puglia si esprime con una tavolozza di territori dai colori sgargianti. L’azzurro del cielo e del mare si armonizza con l’enorme giardino di oliveti secolari dal fogliame verde-argenteo insieme agli ordinati vigneti allevati ad alberello, bassi e tortuosi nel loro sacrificato sviluppo, metafora delle difficoltà della vita.
In questa regione dalle mille tipicità, una delle più importanti è rappresentata dalla viticoltura. È bene ricordare che insieme alla Sicilia, ricoprono il ruolo di regioni italiane con la maggiore superficie vitata.
Se un tempo la Puglia, nota in passato come Le Puglie, è caratterizzata per la produzione di grandi quantità di vini rossi, ricchi di colore ed estratto, destinati in gran parte al taglio di altri vini più esili, negli ultimi anni sono motivo di un profondo cambiamento sia nella filosofia produttiva che nelle pratiche in cantina, portando alla produzione di rossi eccellenti e ottimi rosati.
Negli ultimi anni stiamo assistendo “ad un ritorno al futuro” inteso come riscoperta di vitigni quasi estinti nuovamente allevati nell’ottica del citato profondo cambiamento.
Accanto ai famosi Negroamaro e Primitivo altri autoctoni come il Susumaniello e l’Ottavianello.
Il Susumaniello è una varietà antichissima, allevata solo in Puglia, in particolare nella provincia di Brindisi su terreni sabbiosi che si affacciano sul mare del Salento. Un vitigno che stava per scomparire; basti pensare che si era passati dai 905 ettari del 1970 ai 50 del 2010.
Recentemente è stato recuperato grazie al talento e alla determinazione di alcuni produttori pugliesi.
Il nome sembra essere legato alla principale caratteristica del vitigno, quella di essere molto produttivo, tanto da caricarsi come un somaro, cosicché i grappoli si caricano come “susu lu somarello”.
Adatto alla produzione di vini rossi in purezza, capaci di evoluzione medio-lunga, viene utilizzato anche per i rosati nella migliore tradizione pugliese e, ultimamente vista la richiesta, come base spumantistica.
All’analisi sensoriale il rosso si presenta con un colore rubino cupo e impenetrabile, profumi fruttati e speziati. Al palato un’ottima acidità e una netta, ma non irruenta, impronta tannica. Perfetto per un piatto di orecchiette di grano arso al ragù di agnello.
Il vitigno Ottavianello deve il suo nome probabilmente al comune di Ottaviano, in provincia di Napoli. Alla fine dell’Ottocento, grazie al Marchese di Bugnano, trovò dimora nella provincia di Brindisi, più precisamente a San Vito dei Normanni.
Si può azzardare a dire che l’Ottavianello sia simile al francese Cinsault ed al sud-africano Hermitage. In Puglia lo troviamo in purezza nella DOC Ostuni.
Ha una buona tendenza all’invecchiamento. Di colore rosso rubino, al naso si esprime con profumi di frutta secca e spezie. Il sorso è morbido con tannini setosi, aromatico e persistente. Perfetto con una burrata delle Murge.
Il crescente successo, anche all’estero, di questi due vini sta determinando una significativa espansione dei vitigni pugliesi. Questo fa pensare che assumeranno un ruolo di primo piano nel panorama enoico nazionale accanto ai classici conosciuti e il pregiudizio nei loro confronti, retaggio del passato, scomparirà del tutto.
Elisa Paolini