Bianco piemontese

Che il panorama ampelografico piemontese fosse ricchissimo di vitigni non è una novità. Così come il fatto che, nel tempo, siano tornate a splendere molte varietà definite minori. Il Piemonte infatti è anche culla di interessanti varietà a bacca bianca tra i quali troviamo vitigni rari e preziosi.

In Italia sono iscritti al Registro Nazionale delle Varietà della Vite ben 610 vitigni dei quali 58 si trovano in questa regione. Tra queste anche varietà rare che risultavano scomparse con l’arrivo della filossera alla fine dell’800. Da quel momento i reimpianti si sono dedicati alle tipologie maggiormente resistenti e produttive.

Saliscendi

Più complesso è capire come alcuni vitigni dimenticati hanno potuto, nel giro di pochi anni, ridisegnare la scena produttiva della regione. Questo è sicuramente dovuto all’ostinazione di viticoltori che coraggiosamente si sono impegnati a recuperare e riproporre questi vitigni rari, riprendendo un patrimonio che, ad oggi, abbiamo il privilegio di poter riscoprire.

Avete mai sentito parlare di Blancet, Caricalasino, Baratuciat, Malvasia Moscata e Bianver?

Blanchet

Vitigno già citato in epoca pre-filossera nella zona di Villar Perosa (TO) ed è la base per la produzione di vino bianco nelle valli Pinerolesi, Chisone e Germanasca.

Vitigno vigoroso, dalla maturazione precoce, richiede di essere vinificato insieme ad altre varietà. Spumantizzato insieme al Preveiral e Nascetta con una sosta di 84 mesi sui lieviti esprime al naso note agrumate, di erbe aromatiche, salvia e frutta secca con il sorso spiccatamente minerale. La finezza di quest’uva rara che esprime spiccate note erbacee si presta anche per la preparazione di un ottimo vermouth.

Barbera bianca

Caricalasino

Ci troviamo nelle colline del Monferrato. Il vitigno deve il suo nome al fatto che, in passato, venivano utilizzati gli asini per il trasporto delle uve dalla vigna alla cantina. Detto anche Barbera Bianca; ne troviamo le prime tracce intorno alla città di Valenza ed è iscritto al Registro Nazionale delle Varietà della Vite dal 1970. Ancora poco coltivato, raramente viene vinificato in purezza ma quando succede esprime vini con sentori di camomilla e frutta esotica. Sapido e rotondo al palato, si presta ad essere prodotto nella versione passito.

Baratuciat

L’etimologia del nome è incerta. Pare derivi dalla particolare forma dell’acino molto allungato che popolarmente viene associato agli escrementi del gatto (in dialetto chat). È allevato nella Val di Susa e nella Val Cenischia. Attualmente lo troviamo anche in alcune zone del Monferrato. Il vino ha un colore giallo paglierino con aromi di frutta esotica, origano e maggiorana, al palato dotato di notevole sapidità e persistenza.

Malvasia Moscata (Foto Catalogo nazionale varietà vite)

Malvasia Moscata

Questo vitigno, che fa parte della vasta famiglia delle Malvasie, si narra sia arrivato sulle colline del Monferrato portato dai veneziani nel XIII secolo direttamente dal Peloponneso. Sicuramente era presente nella regione fin dal 1468, poi soppiantata dal Moscato Bianco verso la fine dell’800 perché quest’ultimo ritenuto più resistente all’oidio. Attualmente sono stati recuperati vigneti di Malvasia nelle provincie di Asti, Alessandria, nel Pinerolese e nel Chierese. I vini che si ottengono sono dotati di grande aromaticità e, se vinificato secco, non ha le note amare sul finale che invece sono tipiche del Moscato Bianco.

Bianver

Il Bianver o Bian Ver è un vitigno poco produttivo di origine alpina,  iscritto nel Registro Nazionale delle Varietà dal 21 novembre del 2018. In Piemonte lo troviamo nell’Alta Val Susa, nella Val Chisone e nel Pinerolese. Il nome deriva dal colore verdastro dei grappoli anche a completa maturazione. Gli acini sono dotati di un’alta concentrazione zuccherina e di una spiccata acidità. I vini hanno sentori agrumati, di rosa ed erbe aromatiche. Il sorso è fresco e sapido con retrogusto vegetale.

Panorama vinicolo piemontese

Per concludere anche se l’iconografia classica del Piemonte di qualche decennio fa si allineava, senza ombra di dubbio, sul profilo di una regione “rossista”, negli ultimi anni sta dimostrando che ci sono moltissime “sfumature di bianco”, piccoli gioielli ancora da scoprire grazie all’impegno di viticoltori legati alla memoria storica di questi vitigni ma con lo sguardo rivolto al futuro per il recupero e una rinascita di queste preziose varietà.

Elisa Paolini