A Bordeaux la presentazione di Winestar

Vi ricordate “canned wines”?

Un fenomeno nato in Italia a cavallo degli anni ’70-’80. Poter confezionare il vino in scatola nonché in lattina.

Correva l’anno 1982 quando venne accolta la domanda, da parte dell’allora Ministero dell’Agricoltura, per poterlo confezionare in contenitori alternativi al vetro. Nacque la produzione in tetrapack, Pet e naturalmente in lattina.

Cavicchioli, Medici, Folonari, Giacobazzi ed altri produttori minori.

Giacobazzi addirittura portò il neonato vino in lattina nella trasmissione di Mike Bongiorno, Flash.

Ma in sostanza da quali uve era prodotto?

Accanto al ben noto lambrusco con la sua verve “frizzante” la produzione si avvaleva semplicemente di vini bianchi o rossi. Insomma l’uvaggio antesignano degli attuali Tavernello, Ronco, San Crispino ecc… Un successone.

Ma  in Italia niente è più definitivo del provvisorio. Il permesso al confezionamento era provvisorio e i rinnovi annuali non rientravano tra quelli di “tacito consenso”. Non stavano al passo con le richieste del mercato. Le aziende dovevano interrompere la produzione, lasciare inevase le richieste in attesa del rinnovo e, a poco a poco, la lattina “si dissolse naturalmente”.

Poi il mondo degli enoappassionati. Tutt’oggi non guardano di buon occhio le bottiglie chiuse con tappi di sughero sintetico, a vite (stelvin), di vetro. Immaginiamoci la loro reazione di fronte al vino in lattina sorseggiabile con la “cannuccia”: ERESIA altro che “nuovo che avanza”.

Ma con buona pace dei puristi il vino in lattina spopola negli Usa, in Asia e nel Nord Europa. E il consumo ai tempi d’oggi è indirizzato alle vinificazioni in purezza. Merlot, Pinot Gris, Chardonnay, Pinot Noir, Moscato e per ultimo ma non ultimo il Prosecco.

Numeri da capogiro: in un anno le vendite negli Usa hanno superato il 130% rispetto all’anno precedente registrando un valore di oltre 7 milioni di Ṩ. E, udite udite: si stilano classifiche dei migliori con punteggi in centesimi.

“Business Inside” sottolinea che “il successo del vino in lattina è dettato dai Millenials, per i quali la praticità e la facilità di consumo sono essenziali. Un vino in bottiglia, più che comunicare lignaggio, tradizione e qualità, trasmette spesso pretenziosità e un’immagine di vecchio”.

Per molti, quanto sto per raccontarvi, suonerà come “un sacrilegio”.

La Francia sdogana il vino in lattina. I francesi sono sicuri di avere in mano un potenziale business tanto da presentare la loro produzione al Vinexpo 2017.

Potevo mancare a quell’appuntamento?

Pile di lattine, come ai supermarket per birre e aranciate, con etichette, a volte quasi eleganti, con sopra riportato “Winestar” con tanto di riferimento all’Aoc, vitigni, annata.

Lo slogan? “pratico, sicuro, ideale in treno, barca, sull’aereo, durante un picnic. Pensato per i single che hanno voglia di bere un goccio di buon vino senza aprire una bottiglia”.

L’artefice di questa comunicazione è il parigino Cédric Segal che immagina il suo potenziale cliente: colui che non perde assolutamente le sane abitudini e non tracannerà mai il vino direttamente dalla lattine ne userà una cannuccia ma lo verserà in un calice di cristallo soffiato e lavorato a mano magari della Riedel o Zalto.

Rito preservato e salvato con tocco di charme alla francese.

Nel frattempo in Italia, la prima a produrre vino in lattina, si cerca di lavar via l’onta, il disonore, la vergogna di quella produzione degli anni ‘80. Qualcuno ricorda ai francesi che non hanno la primogenitura (senza sottolineare che è italiana), altri che ribadiscono che non ha funzionato (senza ricordare che fu la burocrazia con la sua lentezza a causarne la fine).

Ma qualcuno che di vino se ne intende, di fronte al sorso di un Bordeaux in lattina ha detto: “quella dei francesi è un’abile operazione di marketing.  Si può accettare e condividere questa filosofia di accessibilità per vini base senza troppe pretese. Un Pignoletto o una Barbera vivace in lattina possiamo immaginarli. Un Barolo o un Brunello invecchiati proprio NO” (Luca Gardini).

Ed io? Condividendo il “Gardini pensiero”, sempre pronto ad osservare, scrutare e comunicare quanto accade,  mi sono limitato all’assaggio di un merlot contenuto in vetro e in lattina, ovviamente alla cieca.

Parbleu!!!, quello in lattina non l’ho azzeccato!

Urano Cupisti