La carne sintetica “prima o poi entrerà anche nel mercato alimentare dell’Ue” in quanto “non è più qualcosa di surreale, ma realtà”, lo ha affermato Wolfgang Gelbmann, senior scientific officer dell’EFSA, l’autorità europea per la sicurezza alimentare.
Questo perché l’Upside Foods, un’azienda Usa con sede in California, ha sviluppato polli cresciuti in laboratorio, prodotti coltivando cellule animali ed ha ottenuto una prima e importante valutazione di avallo da parte della Food and Drug Administration (Fda), l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici.
La Food and Drug Administration, ha considerato che il pollo prodotto dalla Upside Foods, è sicuro da mangiare, sebbene siano necessarie ulteriori approvazioni prima che i prodotti possano essere venduti negli Stati Uniti. Ora l’azienda avrà bisogno di una ispezione sia della carne prodotta, sia dello stabilimento di produzione da parte del Servizio di sicurezza alimentare del Dipartimento dell’agricoltura degli Stati Uniti, poiché questo prodotto possa essere venduto nella distribuzione statunitense.
Ma in questo modo si potrebbe finalmente ridurre l’impatto ambientale degli allevamenti intensivi, e quindi guardare ad un alto valore etico?
Secondo uno studio di Slow Food Italia, si dovrebbe parlare piuttosto di alto valore economico. Infatti, sotto il profilo ambientale l’impatto della carne sintetica è tutt’altro che indifferente, per via dei grandi consumi energetici dei bioreattori necessari alla sua produzione.
Un dato importante, ma non sufficientemente rilevato, è che i prodotti a base di carne coltivata sono iperprocessati, contengono coloranti, aromatizzanti, addensanti, necessari per conferire loro la forma di hamburger o crocchetta, per dare consistenza e sapore di carne.
Secondo Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia, il futuro di una produzione alimentare buona, pulita e giusta per tutti è nella scelta più consapevole delle proteine da portare in tavola.
Dobbiamo ridurre i consumi di carne e privilegiare, in alternativa alle carni da allevamenti industriali, prodotti di aziende sostenibili dove gli animali sono allevati con rispetto.
La riduzione nel consumo di carne può essere compensata con legumi da coltivazioni che rispettano la terra e non con la soia proveniente da altri continenti, frutto di monocolture che impoveriscono e avvelenano comunità e territori. Non c’è bisogno di altri sostituti altamente processati.
Infine, si deve tacere sugli effetti sulla salute dei consumatori, rispetto alla quale ancora si ignorano gli effetti a lungo termine dovuti all’assunzione di questi cibi sintetici.
Alice Romiti