Il Nebbiolo è un Vitigno Autoctono a Bacca Nera del Piemonte particolarmente adatto, grazie ai suoi molti pregi, per la produzione di Vini da invecchiamento di alta qualità.

Le Vigne di Nebbiolo si trovano principalmente nelle Colline del Territorio, ubicato tra le Province di Cuneo e Asti, denominato Langhe-Roero.

Il Nebbiolo è un Vitigno con una lunga storia; si sono trovate delle citazioni risalenti addirittura al 1200.

Con il 100% di Nebbiolo è nato anche uno dei primi Vini Italiani che hanno avuto la “Denominazione di Origine Controllata” (D.O.C.): il “Barbaresco”.

La Zona di origine destinata a produrre Vini con la dizione Barbaresco è sorta ed è stata delimitata con il Regio Decreto del 31 Agosto 1933 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 238 del 12 Ottobre 1933 e successivamente modificata il 12 Luglio 1963 dall’Art. 1 del Decreto 930 del Presidente della Repubblica Antonio Segni.

Il “Territorio del Barbaresco” è in Provincia di Cuneo e comprende i Comuni di Barbaresco, Neive e Treiso oltre alla Frazione di San Rocco (già facente parte del Comune di Barbaresco ma oggi  aggregata al Comune di Alba).

Nel 1934 è nato il Consorzio di Tutela del “Barbaresco” e nel 1966 il “Barbaresco” è diventato D.O.C., nel 1980 anche una della prime Denominazioni di Origine Controllata e Garantita con Verifica Numerica delle Bottiglie e Fascetta del Poligrafico dello Stato (D.O.C.G.).

Il “Barbaresco” deve invecchiare almeno due anni di cui nove mesi in legno di rovere, superati i quattro anni si può definire “Riserva”.

Cantina Gaja

Proprio nel Comune di Barbaresco c’è un’Azienda Vitivinicola letteralmente “leggendaria” che ha reso il “Vino Barbaresco”, e non solo, famoso nel Mondo: Gaja.

La Famiglia Gaja giunse dalla Spagna in Italia nel XVII Secolo. Nel 1859 Giovanni Gaja fondò con grandissima passione la Cantina e aprì anche un’Osteria a Barbaresco dove in abbinamento al cibo serviva il proprio Vino. Giovanni Gaja non era solo un produttore ma anche un capace imprenditore tantoché, per esempio, i suoi Vini furono imbottigliati e forniti al Regio Esercito Italiano durante la Guerra di Abissinia (combattuta dal Dicembre 1895 all’Ottobre 1896 tra il Regno d’Italia e l’Impero d’Etiopia).

Gaja Sori San Lorenzo 1967. Prima Annata Im bottigliata. Foto di Giorgio Dracopulos

Nel 1905 Angelo, Figlio di Giovanni Gaja, sposò una Donna molto energica e volitiva, Clotilde Rej, che spinse il marito a fare una scelta di assoluta qualità nella loro produzione Vitivinicola, avviando i sistemi di lavoro per raggiungerla e fissando prezzi elevati per rafforzare il prestigio del Vino prodotto.

Nel 1937  Giovanni Gaja, nipote del Fondatore e grande artigiano, volle dare una forte spinta all’Azienda anche con l’incremento delle superfici Vitate. Dopo la Seconda Guerra Mondiale (1939 – 1945) vennero acquisiti anche i terreni dei Vigneti Costa Russi, Darmagi, Sorì Tildìn e Sorì San Lorenzo. Oggi questi Vigneti sono i veri gioielli dell’Azienda.

Fu introdotta la regola che sarebbero state imbottigliate soltanto le annate migliori, vendendo il Vino sfuso nelle altre.

Nel 1940 nacque Angelo Gaja pronipote del Fondatore. Angelo, dopo aver completato gli studi all’Istituto Enologico di Alba, a soli 21 anni entrò nell’Azienda di Famiglia rivoluzionando praticamente tutto, compreso le decisioni paterne.

A seguito dei suoi molti viaggi in Francia, dove si specializzò all’Università di Montpellier, introdusse, tra l’altro, la “potatura verde del vigneto” dopo quella invernale e introdusse la “fermentazione malolattica” (evento fermentativo di maturazione del Vino successivo alla fermentazione alcolica), la prima in Piemonte.

Per primo iniziò a vinificare i singoli Vigneti: Gaja Sorì San Lorenzo nel 1967, Gaja Sorì Tildin nel 1970, Gaja Costa Russi nel 1978.

Introdusse innovative tecniche di vinificazione mantenendo però un legame estremamente forte con il Territorio e la Tradizione.

La Cantina Gaja per prima nel 1966 ha usato le barriques (per il Barbaresco nel 1978), i tappi lunghi oltre 6 centimetri e le bottiglie con i colli allungati.

Sempre nel 1978 un’altra rivoluzione: il Vigneto Darmagi di Nebbiolo fu reimpiantato con Cabernet Sauvignon per fare anche un grande e speciale Vino invecchiato. Seguirono molte altre trasformazioni e novità in altri Vigneti di proprietà.

Intanto nel 1977 nacque anche “Gaja Distribuzione” un ramo di Azienda che importa e distribuisce Vini e altri prodotti di eccellenza provenienti da diversi Paesi del Mondo

La severità di Angelo Gaja relativa alla qualità è diventata ancora più mitica nel 1984 quando si rifiutò di imbottigliare la produzione di Barbaresco perché non era del livello desiderato: il Vino, come stabilito, venne venduto sfuso.

Nel 1988 furono acquisiti una trentina di Ettari di Barolo.

Con la Vendemmia del 1996 Angelo Gaja volle declassificare i suoi Vini Barbaresco e Barolo D.O.C.G., ad eccezione di uno, inserendoli nella classe D.O.C. Langhe. Tale fatto rappresentava la sua volontà di poter fare piccole correzioni (con la Barbera) ai suoi Vini senza avere alcun vincolo: lo scopo è sempre stato quello di fare il miglior Vino possibile. Alcuni anni dopo nel 2013 i suoi Vini più importanti sono rientrati nella classificazione D.O.C.G. eliminando il 5% di Barbera.

Attraverso gli anni Angelo Gaja (il Re del Barbaresco), uomo dal grande carisma, dalla infinita passione e dallo straordinario intuito, insieme alla Moglie Lucia, ha portato i suoi preziosissimi Vini ai massimi livelli Mondiali ricevendo un’infinità di premi e riconoscimenti.

Dal 2004 l’Azienda è portata avanti insieme ai Figli: Gaia, Giovanni e Rossana.

Oggi “Gaja” produce, grazie a circa 100 Ettari Vitati in Piemonte, una ventina di Etichette tra Vini e Grappe. Poi ci sono le altre Tenute, dal 1994 quella di Montalcino (SI) “Pieve Santa Restituta” con una venticinquina di Ettari e dal 1996 quella di Bolgheri (LI) “Ca’ Marcanda” con più di 100 Ettari. La produzione complessiva annua di “Gaja” si aggira intorno alle 350.000 Bottiglie.

La Chef Rossella Di Nardo e Giorgio Dracopulos con Gaja Sorì San Lorenzo 1967. Foto di Giorgio Dracopulos

Ma voglio tornare nel 1967 alla prima vinificazione delle uve provenienti dal Vigneto “Gaja Sorì San Lorenzo”.

Il Vigneto fu acquistato nel 1964 dalla Parrocchia di Alba (antichissimo centro abitato oggi Comune della Provincia di Cuneo) che lo aveva denominato “San Lorenzo” in onore del Santo Patrono della Cattedrale della Cittadina stessa, il Duomo edificato con Architettura Romanica nel XV Secolo.

Cosa ci potrebbe essere di più entusiasmante per un grande appassionato se non poter stappare una “prima uscita” di un Vino cosi importante dopo molti anni?

Ecco che grazie a due carissimi Amici come la bravissima Chef Rossella Di Nardo e suo Marito il grande Gianluca Buonazia, che per anni sono stati Titolari del famoso Ristorante “Scacciapensieri” di Cecina (LI), ho avuto la possibilità di aprire una mitica bottiglia di “Gaja Sorì San Lorenzo 1967” con ben 52 anni di vita.

Gaja Sorì San Lorenzo 1967

Una bottiglia meravigliosa anche fisicamente, massiccia, in vetro scuro marrone con in rilievo lo stemma di “Gaja” e sotto, sempre in rilievo, l’anno di fondazione “1859”.

Sul colletto argentato la firma di “Giovanni Gaja” e sotto l’Annata: “1967”.

L’Etichetta principale ancora perfetta porta la grande scritta “Gaja” bianca in campo rosso e subito sotto in piccolo, nero su argento, la scritta “Gradi 13,38 – Contenuto netto: litri 0,70”.

Nello spazio centrale a fondo sempre argento con foglie di vite stilizzate dal bordo rosso spicca la scritta “Sorì San Lorenzo Vendemmia 1967”.

In basso sull’altra fascia rossa in piccolo e in bianco la seguente scritta: “Vino Barbaresco a denominazione di origine controllata imbottigliato dall’Azienda vitivinicola A. Gaja fu Giovanni – 12050 Barbaresco (Cn) Italia”.

Gaja Sori San Lorenzo 1967. Etichetta. Foto di Giorgio Dracopulos

L’Etichetta retro bottiglia in nero su campo argentato riporta la seguente scritta: “Il Sorì San Lorenzo è ottenuto dalla vinificazione di uve prodotte da vigneti siti in Barbaresco, di proprietà dell’Azienda vinicola A. Gaja. Invecchiato in botti di rovere; se conservato in bottiglia forma deposito. Perché il Sorì San Lorenzo possa esprimere appieno le sue caratteristiche, va consumato osservando due condizioni: che la bottiglia venga sturata alcune ore prima della mescita e che sia servito a temperatura di 18-20 gradi. Se l’inosservanza della prima condizione può essere scusata, l’inosservanza della seconda è invece da biasimare in quanto priva questo vino di ogni profumo, vigore, personalità accomunandolo ad un qualsiasi vino”.

Con queste “premesse” ho stappato con la massima attenzione la bottiglia (il tappo si è spezzato in due parti ma era miracolosamente ancora in buone condizioni) e seguendo con cura le “regole consigliate” abbiamo iniziato la degustazione.

Un Vino, con ancora una buona fluidità, di un rosso scuro intenso con forti riflessi granata, unghia più ampia del normale ma non esagerata. Al naso intenso, balsamico e fruttato sempre piacevole. In bocca una sorpresa, tannico e robusto ma con notevole corposità glicerica (segnalata anche da archetti numerosi e stretti nel bicchiere) a bilanciamento. Un Vino assolutamente senza tempo, una memoria storica inossidabile.

Che cosa posso aggiungere sennonché il “Gaja Sorì San Lorenzo 1967” magicamente degustato dopo cosi tanto tempo portava benissimo i suoi 52 anni: assolutamente una bottiglia semplicemente mitica.

Giorgio Dracopulos

http://gaja.com/

http://www.gajadistribuzione.it/

https://www.youtube.com/watch?v=eDTcXV0WQAc