Castellinuzza e Piuca–Coccia Giuliano, il Chianti di una volta

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Durante l’evento annuale Chianti Classico Collection 2018, svoltosi alla Stazione Leopolda di Firenze nel febbraio scorso, mentre mi aggiravo con il calice in mano ancora vuoto tra i banchi d’assaggio delle aziende presenti, mi avvicinò un conosciuto giovane blogger che mi sussurrò all’orecchio: ”Pensa c’è ancora chi, nel 2018, vende vino sfuso nell’area del Chianti Classico”. E il tapino (in senso ironico) continuò dicendo: ”e lo chiamano ancora cuore del Chianti”.

Il riferimento era per l’Azienda Castellinuzza e Piuca – Coccia Giuliano, Greve in Chianti.

È proprio vero: prima di aprire bocca è sempre doveroso azionare il cervello.

L’episodio fece scattare in me una infrenabile curiosità tanto da farmi  precipitare a quel tavolo aziendale.

Capii da subito, dalle parole semplici  dell’interlocutore che mi trovai di fronte, di essere coinvolto in una realtà che cercavo da tempo. Realtà che risultò essere custode di antiche tradizioni (il Chianti di una volta) curate e presentate nel contesto vinicolo del mondo d’oggi.

La passione e genuinità che riscontrai nei vini di questa azienda familiare riportò la mia mente alle vedute delle vallate chiantigiane, ai profumi dei giaggioli, alle visioni degli oliveti ben curati, al Chianti del “fiasco”, a quello che non ti stanchi mai di bere.

E la vendita del vino sfuso, inserita in questo contesto, risultò essere la constatazione della naturale continuazione di quella tradizione che vuole il vignaiolo a contatto con il consumatore, quello che arriva con vecchie damigiane da riempire per continuare a vivere, sorseggiando, la favola del Gallo Nero.

Quel giovane blogger credo forse che non sapesse (mi auguro che abbia provveduto nel tempo a colmare le lacune) il significato di passione, dedizione, sacrifici. Lo sa invece la famiglia di Giuliano Coccia che dal 1985, anno della divisione aziendale con i suoi quattro fratelli, ha continuato nella parte di sua spettanza a produrre vino, olio e giaggiolo, l’Iris fiorentino usato nella cosmesi  anche come essenza.

Due parole sul giaggiolo, il fiore del Chianti

Fiducia, sincerità e saggezza. Questo è il significato del fiore di Giaggiolo, senza dubbio portatore di  un messaggio positivo. Il giaggiolo blu profondo, con un cuore giallo o bianco; una meraviglia tanto da sembrare finto. Ed i suoi profumi, nella tarda primavera, si mescolano a quelli delle vigne ricordando antiche coltivazioni.

Quel giovane blogger bene farebbe a ricercare, studiare, apprendere  i tradizionali sistemi di allevamento dei vitigni autoctoni , le vinificazioni e i sistemi di vendita , compreso il vino sfuso, che hanno reso famoso il vino Chianti nel mondo.

“Produciamo i vini salvaguardando le tradizioni di questa terra ed è per questo che il “nostro vino” cambia di anno in anno in funzione del sole e della terra. Oggi, su circa 90 ettari di proprietà, produciamo 90 q.li di “classico” Docg, 40 q.li di Rosso Igt, 5 q,li di Olio e una discreta produzione di giaggiolo”.

I vitigni? Quelli della tradizione chiantigiana. Sangiovese, Canaiolo, Malvasia, Trebbiano.

I vini nei particolari

Chianti Classico, frutto dell’esperienza di tre generazioni e della generosità dei terreni di Lamole. Le uve nascono e vengono allevate fino alla raccolta sulle antiche terrazze che fanno del paesaggio un giardino. Le vinificazioni avvengono  in acciaio. Dopo la svinatura il vino riposa per circa un anno in vasche di cemento per poi passare in bottiglia per l’affinamento.

Il Rosso di Toscana, ottenuto vinificando, con i metodi tradizionali,  i vitigni storici del Chianti Classico, aggiungendo i “bianchi” Malvasia e Trebbiano. Il risultato? Essere il vino dell’esperienza contadina, vera tradizione di queste parti. Il rosso che si vende anche sfuso, ottimo per pasteggiare, ma ugualmente valido quando accompagna piatti importanti.

I miei assaggi in quel contesto

Chianti Classico Castellinuzza e Piuca 2016. Sangiovese 90%, Canaiolo 10%. Tutto il territorio di Lamole in questo Classico giovanissimo. Una sottile eleganza in cerca di spazio tra le note fruttate ancora in assestamento.  Il Chianti in purezza dai ricordi antichi. Ottimo, voto 88/100

Chianti Classico Castellinuzza e Piuca 2015.  Sangiovese 90%, Canaiolo 10%. Non incise la differenza dovuta all’anno in più di vita. Tutt’altra cosa. Incise la constatazione di una vendemmia diversa, la materia prima. Goloso e godibile, frutto e sapidità alleati in una beva incredibile. Sfiorò l’eccellenza. Voto 89/100

Chianti Classico Riserva  Castellinuzza e Piuca 2015, Campione da botte.  Sangiovese 90%, Canaiolo 10%. Qualità tannica da premio. Raggiungimento dell’eccellenza per questa riserva dalla coinvolgente dinamica gusto-olfattiva. Voto 90/100

Non posso che ringraziare il giovane blogger per quanto bisbigliatomi all’orecchio. L’input che mi permise di valutare i vini di Castellinuzza e Piuca da Greve in Chianti, meritatamente rappresentanti della tradizione del Chianti Classico Gallo Nero. Chapeau!

Urano Cupisti

La foto in alto di Castellinuzza e Piuca foto è di eChianti Shop

Assaggi effettuati il 12 febbraio 2018

 

Castellinuzza e Piuca  di Coccia Giuliano

Via Petriolo, 21/a

Greve in Chianti

Tel  055 8549033

info@castellinuzzaepiuca.it

www.castellinuzzaepiuca.it