“Ho voluto creare un ambiente capace di trasmettere il calore, la mia personalità, la mia cucina fatta anche di ricordi”

Fu per me una scoperta ritrovarmi tra le strade del centro di Noto ed imbattermi in quel locale su cui campeggia l’insegna “Vicari”. Fu per me una piacevole sensazione quella di sentirmi stranamente a casa, sebbene mi trovassi per la prima volta a varcarne la soglia. Ma, soprattutto, fu per me un memorabile incontro con il giovane Fabrizio, chef patron del ristorante che porta il suo cognome.

In quegli ambienti curati, dal clima familiare, si ha l’impressione di ritornare alle “cucine” di un tempo, con quelle credenze che si alternano ai tavoli insieme a sedie vintage, capaci di infondere un gradito senso di benessere.

Ex dirigente di azienda e da sempre innamorato dell’enogastronomia, Fabrizio decide di “voltare pagina” per scrivere un nuovo capitolo della sua vita, ripartendo dalla sua città natale, in quella Noto dall’anima ammaliante. Inizia così in sordina il suo progetto, aprendo un piccolo locale con 20 coperti, affidando i fornelli ad una signora profonda conoscitrice della tradizione siciliana. Ma cresceva in lui il desiderio di mettersi in discussione, di riprendere finalmente contatto con la natura, sua compagna di giochi d’infanzia; determinante in tal senso il confronto con Corrado Assenza che lo sprona a rischiare, a dar libero sfogo alla sua passione.

Le sue preparazioni, infatti, riflettono la sua indole inguaribilmente curiosa, condita da una tale spontaneità e franchezza d’esecuzione da colpire lo spirito dell’ospite e non solo il palato. Nei suoi piatti, la continua e intelligente ricerca della materia prima non trova mediazione di “convenienza” o uniformazione a tendenze standardizzate; trova, invece, nella tecnica e in un’innata sensibilità il mezzo di comunicazione del suo pensiero. La sua, pertanto, è una cucina fatta di ricordi e suggestioni; sembra quasi di ripercorrerne la biografia, immaginando addirittura il Fabrizio bambino giocare tra i campi o in campagna assieme al nonno; di ritrovarlo “cresciuto” in balia di un iniziale conflitto tra la passione di sempre e il lavoro della quotidianità.

La carta, dunque, propone ricette in cui è viva la spensieratezza del fanciullo e talune più mediate, ma tutte accumunate da una mano capace e una attenzione alla materia prima, interpretata con il cuore.

Da cosa parti per la creazione di un piatto?

Da due fattori, la materia prima per me essenziale, e il ricordo, la memoria. Molte delle mie ricette sono il frutto di un’infanzia trascorsa assieme a mio nonno, il mio mentore. Mi ha insegnato rispetto per gli altri, lealtà, anche tra i fornelli…Questa per me si traduce in rapporti ormai consolidati con alcuni fornitori, in un clima di collaborazione e serenità con i ragazzi della mia brigata, in un rispetto della materia prima e nella selezione della stessa secondo criteri di sostenibilità.

Esiste un ingrediente che prediligi?

No, forse sono più legato alle carni perché mi incuriosisce la gestione dei vari tagli e la sfida nel saperli valorizzare.

Esiste invece un piatto cui sei legato?

Sì… un piatto nato e forse cresciuto insieme a me, alla mia terra, alla mia Noto. È un raviolino ripieno di ricotta di pecora Noticiana che ripropongo con condimenti variabili in base alla stagione.

Cosa vorresti che il cliente percepisse entrando al ristorante?

Ho voluto creare un ambiente capace di trasmettere il calore, la mia personalità, la mia cucina fatta anche di ricordi; per questo, mi sono allontanato da arredamenti standardizzati a favore del vintage.

Ti ispiri a altre culture nel concepire un piatto?

Direi all’Oriente, in quanto amo il loro modo di concepire la vita e la filosofia di cucina. Ricorro anche all’uso di talune spezie, in particolare la noce moscata, perché mi ricorda mia nonna.

Diverse le creazioni di Fabrizio che colpiscono; di certo, il raviolino servito su crema di clorofilla di prezzemolo e mandorla di Noto, colpisce per l’esplosione del contrasto tra una sfoglia ben tirata e la sontuosità della crema, nonché per essere la quintessenza dell’anima dello chef.

Interessante il gioco di sapori e sapidità regalato da un altro piatto: un gambero di Mazara appena saltato, albicocca, buccia di limone verdello, servito su bisque di gambero e salsa di cetriolo. Un equilibrio ben studiato che dimostra l’innato senso del gusto dello chef.

E se Noto ammalia con il fascino del Barocco, i piatti di Fabrizio colpiscono indubbiamente per pulizia di stile, rispetto delle origine e quella contaminazione bene dosata. Ingredienti sufficienti per sognare il ritorno a casa Vicari.

Manuela Mancino