Storia di una fuga verso l’Alto Piemonte

Una storia come tante altre che troviamo nell’attraversare il nostro “stivale”. Fuggire dalla metropoli per ritrovare se stessi. Camminare tra le vigne dimenticando lo stress dettato dalla vita cittadina.

È la storia di Sabrina ed Emanuele Anzivino che, nell’ormai lontano 1998, decisero di ristrutturare una vecchia distilleria chiusa da anni posta sulla strada centrale di Gattinara.

Siamo nell’alto Piemonte, la patria vitivinicola dove accanto all’autoctone vespaiola e bonarda piemontese (chiamata da quelle parti uva rara) troviamo il Nebbiolo. Il primo nebbiolo come orgogliosamente ne rivendicano la paternità, l’originale. Quello poi emigrato nell’Alta Langa ai tempi di un certo Camillo Benso Conte di Cavour.

Diciamo la verità. Ormai è assodato che il nebbiolo provenga dalla lombarda Valtellina. Non diciamolo agli amici del Boca, Ghemme, Gattinara. Per loro è eresia.

“Non poteva andare diversamente visto che il nonno di Sabrina, nonno Luigi,  era di queste parti, bottaio e viticoltore con il soprannome Ciuppasel. Osò curare la peronospera con una poltiglia, definita bordolese, spennellando uno ad uno i grappoli (ed allora non si faceva selezione) ottenendo risultati tali da guadagnarsi diplomi di merito negli anni ‘30”.

“E la storia familiare è continuata con il passamano del testimone fino all’attuale generazione”.

Questo l’inizio della chiacchierata con Emanuele avvenuta durante il recente torrido Agosto.

Coltivatore di vigneti. Così ama definirsi Emanuele Anzivino aggiungendo “alla passione, insieme a Sabrina, abbiniamo l’attenzione per la qualità nel rispetto delle tradizioni gattinaresi. Tradurre giorno dopo giorno l’affetto per questa terra nel produrre eccellenti vini”

Nel dare vita alle dieci etichette attuali, accanto ai vitigni sopra ricordati (Nebbiolo, Vespolina, Uva Rara), Emanuele alleva anche Croatina e l’innominabile Erbaluce. Infatti quest’ultimo è indicato come Greco. Storie di campanilismi arcaici di cui l’Italia ne è piena. Visioni e realtà affascinanti legate a storie, leggende che riescono sempre a sedurre.

Mentre ci dirigiamo verso la cantina, Emanuele continua a raccontare circa le origini del territorio di Gattinara.

I nostri vini nascono dalle colline formatesi sulle rocce fossili del SuperVulcano del Sesia, ai piedi del Monte Rosa”. Mi parla di 300 milioni di anni fa, di Pangea, della caldera frutto di una eruzione che provocò una bocca di 15 Km di diametro, di quando l’Africa si staccò dall’America, dall’Europa, della Linea Insurbica fino alla spiegazione della linfa terrestre vitale per i vitigni, che collega Balmuccia a Gattinara: una situazione unica al mondo. Faccio segno di aver capito tutto e di essere a conoscenza di questi ”movimenti terrestri” dai nomi alcuni epici altri veri e propri enigmi.

Era arrivato il momento degli assaggi. Ne riporto tre tra i più significativi:

Coste della Sesia Nebbiolo 2013. Nebbiolo proveniente dai vigneti più impervi, dopo la vendemmia arriva in cantina e viene delicatamente disteso su graticci, sui quali appassisce fino a dicembre. La fermentazione avviene nei tradizionali tini di legno troncoconico; il vino viene poi affinato in legno medio-piccolo di secondo o terzo passaggio, per almeno due anni, con un ulteriore anno di riposo in bottiglia. Rosso tendente al granato. Lentamente si apre su sentori di frutti piccoli rossi e speziature diffuse. Strutturato  con finale marcato da mineralità. Ottimo voto 87/100

Gattinara 2010. Nebbiolo 100%. Nasce dalle uve Nebbiolo che crescono sulle colline prealpine di antichissima origine vulcanica di Gattinara; affinamento  per almeno quattro anni, di cui minimo due trascorsi in grandi botti di rovere. Granato, consistente. Frutti di bosco a rifinire: olfatto di vero pregio. Al palato intreccio acido, tannico, sorretto in equilibrio dai polialcoli. Nel finale è la sapidità che emerge. Eccellente voto 90/100

Gattinara Riserva 2009. Versione “Riserva” del Gattinara DOCG, alta espressione del suo terroir; affinamento in  cantina per almeno cinque anni, di cui minimo tre in legno. Taglio elegante, finezza all’estremo. Al palato in particolare conferma  ricchezza e precisione. Eccellente, voto 92/100.

Idee chiare e giusto atteggiamento in un territorio dove hanno avuto luogo impulsi nuovi per ricerche agronomiche diverse.

Anzivino: un bell’esempio di moderna imprenditorialità nel solco delle tradizioni.

Urano Cupisti


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