Negli anni più recenti la Vernaccia di San Gimignano ha coerentemente intrapreso un percorso di avanzamento qualitativo, riconosciuto non solo dalla stampa di settore, ma, ciò che è più importante, dal mercato

Il suo status si è elevato: da vino di interesse locale/trappola per turisti a uno dei bianchi italiani di più autentica espressione territoriale, dalle stuzzicanti potenzialità di evoluzione.

Grande era dunque la curiosità di verificare come l’insieme delle aziende avesse affrontato la  difficoltosa annata 2014, le cui piogge insistenti costituivano per la Vernaccia problema forse più grande che non per altre denominazioni limitrofe. Infatti il vitigno si caratterizza per la buccia sottile: quando l’acino assorbe l’eccesso di disponibilità idrica tende a gonfiarsi e a rompere, appunto la buccia, con conseguente potenzialmente disastroso insorgere di malattie fungine.

Erano quindi obbligatorie, anche più di sempre, una costanza certosina di lavoro in vigna e una selezione feroce all’atto della vendemmia, da svolgersi magari in più passaggi per raggiungere il giusto compromesso tra maturità e sanità delle uve e sostenibilità economica delle rese.

Ebbene, la difficile prova è stata superata abbastanza brillantemente: ovvio che si tratti di un’annata dall’acidità più spiccata, a volte a detrimento dell’equilibrio complessivo al palato, e dai sentori più vegetali della media. Ma non mancano campioni di apprezzabile avvolgenza, con un frutto godibile, e che soprattutto compiutamente esprimono la migliore qualità della Vernaccia di San Gimignano, ovvero una profondità sapida di bocca che allunga la persistenza gusto-olfattiva e garantisce una longevità potenziale impressionante.

Nel rassicurante panorama complessivo, un plauso a più di un’annata 2014: la Selvabianca de Il Colombaio di Santa Chiara, di piacevole impronta agrumata che non si perde al palato, anche sfumato sul floreale; La Lastra, dal naso ancora un po’ nascosto ma di consueta, imperiosa sapidità, con un plus di maturità di frutto finale; Signano, la “base” ancora più della selezione Poggiarelli, dallo splendido allungo balsamico e floreale, e infine la selezione Vigna in Fiore di Cà del Vispo, probabilmente nella migliore versione di sempre, per frutto, allungo e freschezza, con legno ben integrato..

Presenti anche alcune selezioni delle annate precedenti, in generale di ottimo livello. Sugli scudi l’Astrea 2013 de La Castellaccia, leggermente evoluta al naso ma sapida e dal finale di bocca più fragrante; e la splendida Carato 2009 di Montenidoli, reticente al naso sulle prime, ma poi in apertura aromatica a coda di pavone su spezie, note ammandorlate, di nocciola e balsamiche, con un elegante evoluzione.

Per le Riserve il rischio era opposto: un eccesso di opulenza, la stramaturazione, la pesantezza, il possibile anticipo dell’ossidazione. Difetti brillantemente evitati in più di un’occasione: in primis la Vigna ai Sassi 2012 della Tenuta Le Calcinaie di Simone Santini, mai così vibrante di acidità in splendido contraltare all’usuale forza alcolica, dal grande futuro; poi la Sanice di Cesani 2012, tornata ai livelli che le competono, non solo in termini di ricchezza fruttata ma anche di freschezza ed equilibrio.

Infine una parola in merito al consueto gemellaggio con i vini stranieri, nell’occasione i bianchi della Cote Chalonnaise illustrati con la consueta chiarezza, competenza e capacità di affabulazione da Armando Castagno (ma magari qualche parola in più sulla Vernaccia e un maggiore coinvolgimento dei produttori e della stampa presenti ci sarebbero stati bene). Le etichette di denominazioni ingiustamente sconosciute come Bouzeron, Rully, Mercurey, Givry, Montagny si sono confrontate in degustazione cieca con una selezione di etichette di Vernaccia, cimentando i degustatori nel gioco (al massacro…) del riconoscimento dei diversi campioni. Come sempre, i bianchi di San Gimignano si son dimostrati all’altezza degli ospiti stranieri, in un confronto quasi di inconsapevole, relativa emulazione. Più di una volta, è rimasto sorpreso chi pensava che un assaggio così buono non potesse essere una Vernaccia….

Riccardo Margheri