Il racconto di un Banco d’Assaggio di vini provenienti dal Continente americano e tra loro un intruso

Un Banco d’Assaggio diverso, quello di ieri sera, organizzato dal team di Corriere del Vino.it sui vini provenienti dal Continente americano. Uno SpecialBanco che ha messo a confronto cinque prodotti di territori completamente diversi, di emisferi diversi, di cultura vitivinicola diversa.

Anche se per alcuni campioni i vitigni li hanno accumunati, sono stati i terroir e l’epoche di vendemmia diverse a consegnare  assaggi che hanno raccontato storie d’immigrazione, di evoluzione, di eccellenze. E tra questi l’intruso, una bottiglia che ha rivelato una storia completamente differente, europea, fantastica e poco, poco conosciuta se non sui testi d’apprendimento.

Del resto i Banchi d’Assaggio del Corriere del Vino.it hanno, da sempre, la prerogativa di portare all’attenzione dei  lettori avventure in un bicchiere, cronaca di assaggi, sempre rigorosamente alla “cieca”, di vini conosciuti solo “per sentito dire”.

Il primo vino presentato si è rivelato alla fine della degustazione, come l’intruso della batteria. Un vino francese proveniente dalla Champagne, Montagna di Reims che guarda Epernay e la Marne, prodotto con Pinot Noir e Pinot Meunier:

Coteaux Champenois Bouzy Rouge 2014 di Fromentin-Leclapart (l’intruso). Il colore trasparente, luminoso, un rubino tendente al chiaretto, scarico di antociani che ha mostrato una consistenza media rilasciando glicerine importanti ma, da subito, con archetti molto ampi ad avallare la media alcolicità (12%). Al naso un fruttato giovane ed uno speziato fine ci hanno ricordato una media complessità. Al palato morbido, fresco, sapido e ritorni fruttati hanno confermato l’analisi visiva ed olfattiva. Nessuno dei presenti ha minimamente colto la provenienza anche se la presenza del pinot noir è stata “facilmente” individuata e collegata a territori “nordici”. Voto 84/100

Il secondo vino ci ha portato subito alla prima conoscenza con l’emisfero australe. Argentina, regione maggiormente vocata, Mendoza, Chacras de Coria, Alzaga.

Alta Vista Classic Argentina Malbec 2011. La Casa del Rey. Il Malbec, varietà francese, diffusissima un tempo nel Bordolese, successivamente coltivata nel Cahors, dove ancora oggi risulta essere il vitigno a bacca nera più piantato, è stato preferito al più nobile Merlot. Buoni aromi fruttati e strutture tanniche abbastanza spiccate.

Attualmente è l’Argentina a fare del Malbec un vitigno importante. Clima ideale, non eccessivamente freddo, Il territorio argentino riesce a completare gli aromi di questa difficile uva, con vinificazioni molto simili a quelle bordolesi. Campione di media levatura che ci ha colpito per la sua franchezza. Voto 85/100

Il terzo vino ci ha riportato negli Stati Uniti, Napa Valley e abbiamo potuto assaggiare un Merlot a stelle e strisce.

Beringer Merlot 2010 California Napa Valley. Colore rubino, abbastanza profondo, ha mostrato subito alla vista le sue morbidezze. Piacione all’olfatto con complessità che hanno portato il naso a spasso tra secondari fruttati e terziari speziati con finale vanigliato. Sorso compatto, equilibrato e mediamente lungo. Un vino costruito per le scelte dei consumatori di quel paese. Voto 87/100.

Il quarto vino ha iniziato la serie dei vini maturi e invecchiati nel tempo. Un Cabernet Sauvignon diverso, con 15 anni di affinamento. Maipo Valley si trova nella parte centrale del Cile vicino alla capitale Santiago. Zona abbastanza fresca, territori ondulati pre-andini per vini eccellenti.

Equus Cabernet Sauvignon 2003. Vina Haras de Pirque. Maipo Valley Chile. Già uno dei campioni di razza della serata. Colore rubino tendente al granato, naso importante, con sentori di frutta matura, erbaceo ma non troppo, terziari ben evidenti senza cedimenti. Palato importante, vena fresco sapida in equilibrio con i polialcoli. Tannini veramente nobili, vellutati e tanta tanta lunghezza. Eccellente. Voto 91/100

Il Quinto vino è risultato il migliore in assoluto della serata. Uno di quei vini che ti porti dentro e ne parlerai di continuo. Perché?

Perché lo abbiamo scoperto senza condizionamenti alcuni, centellinando ogni goccia. Il vino che ci ha condotto di fronte ad una realtà che non è assolutamente quella che si vuol raccontare nell’accezione di vino americano a stelle e strisce.

Cabernet Sauvignon 1996 Mondavi Winery Napa Valley California. Capiamo di essere di fronte ad un grande vino dal modo in cui gira nel calice. Il corpo in evidenza e i lampi granati senza alcun viraggio verso il mattone. Non l’avremmo certamente classificato come vendemmia 1996! Voto 94/100

Sesto e ultimo vino. 1990 la vendemmia, Napa Valley il territorio per un blend significativo. Prevalenza di Cabernet Sauvignon e una parte congrua di quel Sangiovese che gli immigrati italiani portarono in questa valle californiana tanto tempo fa.

Consenso 1990. Cabernet Sauvignon 69%, Sangiovese 19%, Cabernet Franc 10%, Petit Verdot 2%. Atlas Peak Napa Valley California. Un grande vecchio con le sue ossidazioni ben presenti al naso ma ancora lontane dal manifestarsi al palato dove mostra il meglio di se stesso. Ancora lungo il passo, ancora acidità presenti, ancora tannini ben dosati. Insomma ancora un gran bel vino. Voto 89/100

Ed alla fine ci siamo concessi un distillato “diverso”, poco conosciuto, che rappresenta il liquore nazionale in Estonia. “Vana Tallin”, questo il nome.  Colore ambrato con un sapore dolce e dal retrogusto  di vaniglia e cannella. Più che un distillato è un liquore a base di Rum, “al quale durante la produzione vengono addizionati vari  ingredienti (cannella e vaniglia, appunto)che ne conferiscono il caratteristico sentore aromatico”.

Urano Cupisti