Il Governo Italiano è propenso all’estirpazione dei vigneti in Italia. Ma è scontro con le associazioni.
Questo periodo, nel mondo del vino, passerà alla storia come l’era dei grandi dibattiti – pensiamo a quello sulla salute o sul vino dealcolato – e delle incertezze. Il motivo principale sta nel calo dei consumi (in Italia -8% nel 2023 rispetto al 2019), nella flessione dell’export (-0.8% rispetto al 2022) e nella tendenza generale a bere meno per ragioni legate a un mix di gusti, riscaldamento globale e attenzione al benessere.
Si insinua in questo contesto la vecchia idea: quando una coltura si trova in difficoltà, la soluzione più papabile è passare ad altro, estirpando, nel senso letterale del termine. Teniamo presente che il comparto vino con una produzione annua di 45,2 miliardi di euro e un valore aggiunto di 17,4 miliardi di euro, la filiera vinicola costituisce l’1,1 per cento del Pil italiano e dà lavoro a 303 mila impiegati.
Il governo e le associazioni
In Italia tutto è legato ai soldi dei fondi europei. Attualmente la possibilità di espianto dei vigneti non è prevista dalle norme Ue, dev’essere autorizzata da Bruxelles e poi finanziata dai fondi nazionali.
Strizza un occhio a favore di questa possibilità il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, che giustificherebbe gli interventi legando il tema alla qualità: «Dobbiamo ricordarci che il vino non lo facciamo più solo noi in Europa, ormai ci sono molte nuove aree con vini mediamente importanti. Penso alla Georgia, agli Stati Uniti. L’Italia, quindi, non può competere con produzioni troppo elevate, perché la quantità non corrisponde al valore. Insomma: meno vino da taglio, più produzioni di qualità. Più che di estirpazione parlerei di sostituzione dei vigneti, per andare verso una maggiore qualità, magari garantendo anche la riscoperta dei vitigni storici».
Le associazioni sono assolutamente di opinioni contrarie in tal senso. «Togliere il vigneto significa tornare all’abbandono, soprattutto nelle aree interne del Paese, collinari e montane – sottolinea Lamberto Frescobaldi, presidente di Unione italiana vini – Le risorse vanno garantite a chi resta sul mercato. Non a chi lo vuole abbandonare».
Calcolare la produzione in base alle richieste di mercato è quello che suggerisce il presidente nazionale di Assoenologi, Riccardo Cotarella: «Sarebbe un errore imperdonabile eccedere in produzioni che poi restano invendute». Si deve quindi ridurre la produzione per ettaro, l’unico sistema per contenere la crisi di certi vini. «Rimane l’unica strada percorribile se non si vuole arrivare all’azione più drastica e cioè all’estirpazione dei vigneti stessi».
Il CEEV, Comitato dei Vignaioli Europei, ha definito il vino come «Una benedizione contro lo spopolamento rurale». A confermarlo anche i dati di una ricerca dell’Osservatorio Unione italiana vini svolta nei territori di Montalcino, Barolo e nell’area dell’Etna.
Anche Federvini va in tal senso e la presidente Micaela Pallini richiede uno studio più approfondito: «Un vigneto non si può accendere e spegnere come una macchina, quello che chiediamo è che il sistema dovrebbe ragionare sul futuro, dove sta andando il mercato, così da poter aiutare l’agricoltore a piantare viti giuste».
Prima di qualsiasi valutazione sul potenziale di produzione, bisogna poter disporre di dati aggiornati della situazione del vigneto Italia. Più cauta è la posizione di Cristiano Fini Cia-Agricoltori italiani. «Bisognerà vedere quali saranno le condizioni da qui ai prossimi mesi, soprattutto in termini di consumi e di produzione. Se le giacenze resteranno alte e i consumi continueranno a diminuire saranno necessari degli interventi».

Il “modello Bordeaux”
In Francia il processo è già iniziato. A Bordeaux lo Stato sta rimborsando 2500 euro per ogni ettaro espiantato a patto che la superficie di produzione del vigneto sia convertita ad altra coltura per almeno quattro anni, e 4000 euro a chi espianta in via definitiva.
Siamo arrivati a un totale di 9mila ettari, pari al 10% della superficie totale francese, ma le stime sono quelle di arrivare a 50mila ettari totali da togliere. Accanto all’estirpazione anche un altro fenomeno: per il 2024 i viticoltori hanno chiesto che una parte degli ettolitri in eccesso in Francia siano destinati ai distillati.
Proprio in Francia è avvenuto in questi giorni un evento che deve far riflettere: una vigna di 1,3 ettari è stata acquisita dal maxi gruppo del lusso Lvmh a 15,5 milioni.
Grandi aziende, grandi capitali, ma dobbiamo prestare attenzione anche al piccolo imprenditore che ha legato il suo fatturato e quello della sua famiglia alla vigna per generazioni.
Alice Romiti