A celebrare l’anniversario anche il libro di Armando Castagno “Vernaccia di San Gimignano. Vino Territorio Memoria”

Il 2016 sarà ricordato come anno delle celebrazioni in Toscana. Chianti Classico, Carmignano, Chianti Rufina-Pomino e Valdarno di Sopra hanno appena festeggiato i 300 anni dei bandi di Cosimo III de’ Medici che delimitava i relativi territori di produzione dei vini, costituendo di fatto il primo esempio al mondo di Denominazione di Origine Controllata. La prima DOC italiana, invece, secondo i crismi delle leggi “moderne” ovvero di quelle promulgate nella seconda metà del ‘900, è proprio la Vernaccia di San Gimignano che ha compiuto, nel 2016, 50 anni di esistenza.

Per celebrare questo anniversario e per discutere del proprio futuro, il Consorzio ha organizzato un convegno dal titolo Vernaccia di San Gimignano, i prossimi 50 anni, che si è svolto venerdì 16 dicembre presso il Teatro dei Leggieri in Piazza Duomo a San Gimignano,

Tra i vari progetti conclusi c’è anche la pubblicazione del libro dal titolo significativo ‘Vernaccia di San Gimignano.  Vino Territorio Memoria’ che il Consorzio  ha commissionato ad Armando Castagno, giornalista, scrittore e docente Ais.

Una pubblicazione imponente, sia per la veste grafica, per le dimensioni e la grammatura scelta, sia per la quantità di dati messa a disposizione del lettore. Un prodotto consortile ha quasi sempre un taglio “politically correct”, finendo però per dimostrarsi quasi sempre un testo asettico senza particolari spunti di interesse, spesso autoreferenziale . In questo caso, invece, Armando Castagno ha voluto riempire il volume di contenuti utili e di testimonianze vissute, riuscendo a raccogliere in maniera organica molti dati utili alla conoscenza di una denominazione così particolare per essere una vefa e propria rara avis in terra di rossi.

Il titolo “Vino Territorio Memoria” è una vera e propria dichiarazione di intenti su quello che è il contenuto del libro: si parla del vino, del territorio in cui nasce e delle memorie conservate dai suoi produttori attuali, quelli che hanno vissuto l’avventura della DOC fin dall’inizio. Ricordiamoci che Castagno è uno storico dell’arte, e quindi il primo capitolo Il Luogo è dedicato proprio alla storia di San Gimignano, all’arte, dalle chiese ai musei, alla letteratura. Sempre nel primo capitolo si tratta poi della natura dei luoghi, dalla geologia alla flora, passando per il clima. Il secondo capitolo è dedicato interamente al vino con accenni di viticoltura e ampelografia, di legislazione con raffronto fra il testo attuale del disciplinare e quello del 1966, di storia del Consorzio. Castagno è anche un sommelier e quindi non può mancare una sezione dedicata agli abbinamenti della Vernaccia con i cibi.

Il terzo capitolo è il più tecnico e consiste in una descrizione di tutte le unità territoriali, suddivise per caratteristiche geologiche, altimetriche, climatiche e paesaggistico-culturali.

In queste unità territoriali sono individuati i vigneti e i loro nomi tradizionali, ove presenti.

Non c’è una valutazione di qualità o di vocazione, come in una tradizionale ricerca di zonazione, ma semplicemente una ricognizione dell’esistente, intesa in senso orizzontale, tassonomico.

Ogni unità è caratterizzata dal nome, dall’estensione, altitudine minima e massima, coordinate geografiche. Vengono riportate le sub aree con le denominazioni e i cenni storici e geologici.

Il quarto capitolo contiene le Memorie dei vignaioli, mentre nel quinto c’è un interessante compendio delle condizioni climatiche delle ultime cinquanta vendemmie.

Il libro è poi magistralmente impreziosito dalle fotografie di Bruno Bruchi. Si tratta in definitiva di un testo fondamentale per chi si occupa della Vernaccia di San Gimignano sia dal punto di vita professionale che da quello amatoriale.

 

Il Commento.

Siamo in una delle culle dei grandi bianchi mondiali.

In Italia, però, la vita dei grandi bianchi ha subìto sorti alterne nell’era moderna. Friuli, Alto Adige, Soave, i vari Vermentino e appunto la Vernaccia di San Gimignano, hanno mostrato le loro potenzialità in materia all’inizio dell’era industriale e del boom economico post-bellico. Poi ci si è persi in nome di una produzione quantitativa e corretta, ma asettica e incolore. Negli anni ’80 e ’90 si è cercato un risorgimento con espedienti non sempre riusciti, fino a giungere alla attuale fase di consapevolezza crescente su che cosa si intenda per un “grande bianco di carattere territoriale” e di continuo miglioramento qualitativo diffuso.

Personalmente ricordo di essere rimasto profondamente colpito dalla descrizione che fece Veronelli della Vernaccia di San Gimignano di Pietrafitta nel suo Catalogo Bolaffi nel lontano 1966. Oggi si discute e ci si accapiglia sul termine “mineralità”, ma il grande Gino non si fece problemi di riprendere la terminologia utilizzata per il pouilly-fumé raccontando che la Vernaccia di Pietrafitta aveva sentori di pierre à fusil, pietra focaia, di minerale, insomma. Negli stessi anni, anni di euforia espansiva del mercato, molti produttori attenti alla quantità non esitarono un attimo nell’appiattire il vino bianco su standard di pulizia, ottenendo vini ovvi e privi di carattere che costrinsero alcuni produttori illuminati a ricercare nuove strade con introduzione di vitigni stranieri e uso di legno, utilizzato spesso in maniera non equilibrata.

Oggi, finalmente, dopo queste peripezie, molti bianchi stanno ritrovando la strada per un posto tra i grandi vini del mondo. La Vernaccia, in particolare, sta tornando quel vino di carattere sapido, tagliente, con spigoli a volte occhieggianti a note amarognole, dal profilo olfattivo non scontato o semplicemente fruttato,  scattante e dinamico al palato, che aveva incantato gli appassionati in passato. Un vino che assorbe il rovere, se sapientemente usato, e che, come i più grandi bianchi del mondo, non disdegna svariati anni di invecchiamento.

Ecco: il migliore augurio su quello che dovrà essere la Vernaccia dei prossimi 50 anni, è proprio quello di consolidare uno stile di fortissimo carattere, di rispetto del vitigno e del territorio, di personalità assoluta e che possa confrontarsi alla pari con le grandi zone di bianchi nell’intero pianeta, senza alcun cedimento nella ricerca di una piacevolezza immediata, o nell’imitazione di modelli di moda momentanea.

Paolo Valdastri