«I miei vini hanno bisogno di fare tanta bottiglia» dice Luciano Zoppo Ronzero, titolare della Cantina Pianta Grossa in Valle d’Aosta, da poco premiata con Tre Bicchieri dal Gambero Rosso.
I Tre Bicchieri 2025 del Gambero Rosso sono stati l’occasione per condividere un paio d’ore con un produttore che ci ha accolto con piacere e professionalità.
Luciano Zoppo Ronzero ha 53 anni ed è titolare dell’azienda vinicola Pianta Grossa di Donnas (Ao). Leggi Valle d’Aosta e pensi alla montagna, ne immagini la viticoltura e la memoria corre alle viti a Pergola Valdostana “appese” alle pareti rocciose della bassa valle esposta al sole, dove il diradamento è naturale e le gradazioni alcoliche dei vini contenute nonostante i mutamenti climatici.
Il nonno di sua moglie è stato per antonomasia l’oste di Donnas dagli anni ‘50 agli anni ‘80 e l’osteria si trovava proprio dove ora ci sono casa e Cantina. Aveva un vigneto di famiglia dal 1929 e ne lavorava altri in affitto per produrre il vino necessario alla richiesta dei compaesani. Su quelle orme, Luciano – che lavorava in ufficio e prima di occuparsi di risorse agricole dirigeva risorse umane – ha nel tempo acquistato un altro vigneto in zona Rondevacca vicino Bard. Ora Pianta Grossa ha circa quattro ettari di vigneti, tutti di proprietà. Le proprie viti hanno cinquant’anni circa, come quasi tutte le viti di Donnas.
Viticoltura eroica
In questa conca, dove c’è sempre vento grazie alla Valle di Gressoney aperta sul Monte Rosa, si è cominciato a coltivare il Nebbiolo (Picotendro in bassa Valle d’Aosta) all’inizio del paese, dove il monte è meno ripido. Tra il 1600 e il 1700 sono stati fatti gli ampi terrazzamenti nei quali in passato si piantavano anche cavoli, patate e altri vegetali utili al proprio sostentamento o al baratto. La pendenza è del 50% e Luciano coltiva viti fino a 600 metri di altitudine.
Il suolo è morenico in tutta la Valle d’Aosta, prevalentemente sabbioso: ne nasce un Nebbiolo elegante, lieve (soprattutto a Donnas, dove piove molto è il microclima è molto diverso da quello della valle centrale), più esiguo di struttura rispetto a gran parte dei Nebbioli di Langa, o dell’Alto Piemonte dove prevalgono i terreni vulcanici. Pianta Grossa produce circa 25.000 bottiglie distribuite su cinque etichette: quattro Valle d’Aosta Doc e un Erbaluce. Abbiamo assaggiato le Doc: Rose Tendre Rosé, 396 Nebbiolo, Georgos Donnas e il “Tre Bicchieri” Dessus Nebbiolo.
Rose Tendre
Il Nebbiolo in purezza Rose Tendre 2023 (prima annata 2022) è un rosso scarico tendente all’arancione affinato sette mesi in acciaio, al primo impatto fresco di acidità e di frutta agrumata tanto da sembrare ad occhi chiusi un vino bianco (giallo, per quanto mi riguarda… avete mai visto un vino “bianco”?). Niente salasso e una notte sulle bucce, che vanno in pressa per ricavare più struttura e tannino. Per riconoscere i tratti del Nebbiolo, bevetelo a temperatura non troppo bassa e ossigenandolo il giusto. Un vino da pasto o da aperitivo mangereccio da bere giovane, apprezzato da tanti ristoratori in Valle d’Aosta dove il rosato è raro.
A proposito di territorialità, Pianta Grossa vende il 50% del proprio vino a ristoratori e albergatori della Valle, in virtù della notevole presenza turistica; il 30% è esportato (soprattutto Usa, prevalentemente Midwest e poi California e New York) mentre il 20% va nel resto d’Italia. Luciano ci ha rivelato una caratteristica dei buyer americani, quella molto apprezzabile di sentire il bisogno di conoscere personalmente i vignaioli per ricavarne fiducia prima di sceglierli, non limitandosi all’assaggio dei vini.
Dessus
Del Dessus, che ha questo nome perché viene dai vigneti più alti di Donnas – che stanno “sopra” – abbiamo degustato prima il 2022, ancora giovane (sarà ufficialmente sul mercato tra un paio di mesi) e il 2021, già pronto e pregevole. Vini molto diversi anche in considerazione delle annate: bella la ‘21 – simile alla ‘23, piovosa inizialmente e poi secca – caldissima la ‘22.
Vinificazione in acciaio, criomacerazione prefermentativa e una ventina di giorni sulle bucce a fine fermentazione; affinamento metà in barrique di rovere francese e metà in tonneau di rovere austriaco di 600-750 litri con leggera tostatura a vapore, infine assemblaggio dopo un anno. E’ stato bello cogliere l’evoluzione del Dessus dopo mezz’ora abbondante.
396
Il 396 è il primo vino prodotto da Pianta Grossa nel 2014 e arriva dal vigneto vicino casa. È un vigneto un po’ misto “come quelli di una volta”, quando si piantavano diversi vitigni insieme: Erbaluce, Fumin, Neyret, Vien de Nus, Freisa (ce n’era tanta e di qualità in Valle d’Aosta ma purtroppo è quasi sparita, annientata dalla flavescenza dorata) e in stragrande maggioranza Nebbiolo.
In passato alcune uve a bacca nera servivano ad ammorbidire tannini e acidità del Nebbiolo – conferendogli anche un po’ di colore – e consentirne la beva già a Pasqua dopo pochi mesi dalla vendemmia: il taglio arrivava fino al 15%.
Il 396 è 90% Nebbiolo e 10% vitigni autoctoni a bacca nera; si chiama così perché una “pianta grossa” che dava il nome alla casa, fino a dieci anni fa campeggiava in cortile. Un ippocastano alto 25 metri, albero monumentale gestito dalla Guardia Forestale che l’ha datato al momento di abbatterlo, ormai diventato pericoloso a causa del rinsecchimento: aveva 396 anni. A noi la nota speziata del Fumin è piaciuta in questo vino che fa solo acciaio, annata 2021.
Georgos
Il Donnas è un Nebbiolo in purezza. Si chiama Georgos perché l’anziano signore che una decina di anni fa vendette il vigneto a Pianta Grossa si chiamava Giorgio; quando due anni dopo morì, Luciano volle dedicargli un vino. Giorgio deriva dal greco Georgos, cioè lavoratore della terra. «Qui la vite vuol dire terra perché facciamo tutto a mano, il trattore è impossibile da usare – dice Luciano – e in etichetta c’è il disegno di un vigneto eroico su cui campeggia la scritta γεωργός».
La sottozona Donnas è una delle sette sottozone della Doc Valle d’Aosta, quella col disciplinare più stringente. Un vino con tale denominazione può uscire sul mercato solo due anni dopo la vendemmia con un affinamento minimo di dieci mesi in legno, nel caso del Georgos si tratta di quasi tre anni tra legno e bottiglia. La vendemmia è tardiva, perché l’uva coltivata a 600 metri di altitudine matura tardi, normalmente nella prima decade di novembre.
Abbiamo assaggiato l’annata 2020: un vino molto interessante con tre mesi di macerazione delle bucce a “cappello sommerso” e almeno due anni in botti di rovere d’Austria a doghe spesse. Vista la complessità dell’annata 2024, Luciano sta valutando se produrre tutte le etichette. È motivo di encomio evitare di fare vini quando non sussistono le condizioni per garantirne la necessaria qualità.
Tappo a vite?
Prima di salutare la Cantina Pianta Grossa, ho sottoposto al produttore la questione dei tappi a vite. Anche lui pensa che il futuro vada nella direzione indicata dal progresso tecnologico, a maggiore garanzia della qualità del vino e in considerazione del fatto che la produzione di sughero rischia di non essere più sufficiente per coprire la grande richiesta del mercato.
Al momento, la resistenza di molte aziende vinicole di modeste dimensioni è dovuta ai costi da sostenere per investire nell’attrezzatura professionale per la tappatura. A proposito di investimenti, Pianta Grossa sta ampliando i locali della propria azienda per dotarsi di ulteriori vasche d’acciaio.
Daniele Alessandrini