Giorgio Bosticco: “Il nuovo ASTI Secco ha le carte in regola per entrare in un mercato grande e complesso con l’obiettivo di sedurre nuovi consumatori, soprattutto tra i Millennials”

Giornata romana per il Consorzio per la Tutela dell’ASTI martedì 21 novembre, con la presentazione dell’ultima novità (che già tanto ha fatto discutere) ovvero l’ASTI Docg Secco. E già tra gli esperti si era aperto un dibattito, ovvero se è lecito usare la dizione “Asti Secco Docg” o appunto, come sembra più corretto dal punto di vista legislativo, “Asti Docg Secco”. Insomma che l’appuntamento, nella splendida Lanterna Fuskas affacciata sui tetti di Roma in via del Corso, avrebbe generato attenzione era evidente. Non tanto per i numeri, parliamo al momento di “sole” 700 mila bottiglie, ma per quella necessaria attenzione che il fenomeno dell’export italiano degli ultimi anni, ovvero il Prosecco, genera su ogni cosa che nel mondo dei vini spumanti usi la parola o il suffisso “secco”.

Superata questa fase, raccontiamola questa versione secca dello spumante dolce e aromatico per eccellenza, quell’Asti Docg che, insieme al Moscato d’Asti, rappresenta la bottiglia della festa per tradizione. Un’idea che in parte si vuole svecchiare proprio con questa novità, giunta al termine di un percorso fatto anche di scelte tecniche, legate in particolare alle difficoltà espressive, a livello organolettico, dell’uva moscato bianco se “portata a secco” come si dice in cantina.

La tecnica di spumantizzazione – si legge in una nota ufficiale – è stata messa a punto con il contribuito del laboratorio di ricerca e analisi del Consorzio di Tutela e la supervisione del professor Rocco Di Stefano e prevede particolari condizioni di fermentazione del mosto con lieviti selezionati. Il Consorzio per la Tutela dell’Asti, nato addirittura nel 1932, e i sedici marchi già presenti sul mercato (Araldica Castelvero, Arione, Azienda Agricola Matteo Soria, Bosca, Bosio, Cantina Tre Secoli, Cascina Fonda, Cuvage, Duchessa Lia, Fontanafredda, Sant’Orsola, Tosti, Manfredi Aldo & C., Santero, Sarotto, Toso) hanno portato a Roma uno spumante che sicuramente dirà la sua sul mercato, grazie ai profumi del moscato, ad una bevibilità notevole e a un residuo zuccherino spesso oltre il brut. Nonché ad un posizionamento che, per quanto si cercherà di innalzare il più possibile anche in funzione delle logiche produttive di ciascuna azienda, al momento sembra attestarsi intorno ai 6/7 euro a bottiglia nella Grande Distribuzione.

“Ricerche di mercato – ha specificato Giorgio Bosticco, direttore del Consorzio – confermano che il nuovo ASTI Secco ha le carte in regola per entrare in un mercato grande e complesso, confrontandosi con denominazioni agguerrite e di successo, con l’obiettivo di sedurre nuovi consumatori, soprattutto tra i Millennials”.

Eccolo dunque l’obiettivo principale, avendo già in portafoglio le generazioni dei padri, perché non trovare il modo di puntare sui figli? E anche la nuova immagine coordinata del Consorzio, secondo la filosofia “rural glam”, prevede facce giovani, divertite, attenti alla moda ma capaci di brindare in mezzo alle vigne. Un percorso attivato in breve tempo, come testimonia il fatto che per entrare sul mercato già da questa stagione il Consorzio ha chiesto e ottenuto un Decreto di deroga per l’etichettatura non essendo la novità ancora inserita nel Disciplinare di produzione per questione di tempi tecnici.

D’altronde se per il Secco parliamo di poche bottiglie, non dimentichiamo che il fenomeno Asti vede consorziate ben 1109 cantine divise tra 53 case spumantiere, 1023 aziende viticole, di cui 116 vitivinicole, 17 aziende vinificatrici, 16 cantine cooperative. Un complesso produttivo da circa 80/90 milioni di bottiglie l’anno, delle quali quasi il 90% finisce all’estero.

Parlando di “Tris d’Asti” il presidente del Consorzio Romano Dogliotti, ha commentato: “L’ASTI Secco completa la gamma della Denominazione, portando nel mondo degli spumanti secchi qualcosa che non c’era: il profumo e l’aroma inconfondibile del Moscato bianco”.

Fabio Ciarla