A Firenze è stato firmato il protocollo d’intesa fra l’Accademia dei Georgofili e l’Accademia Italiana della Cucina. La cerimonia si è svolta nella sede della prestigiosa istituzione fiorentina ed ha visto una numerosa partecipazione di membri delle due accademie.

Il documento, secondo le parole del Presidente dei Georgofili, Prof. Franco Scaramuzzi, “intende valorizzare l’impegno che le due Accademie pongono nell’approfondire e diffondere conoscenze e formare coscienze attinenti il fondamentale settore alimentare, raccogliendo e discutendo anche le ricche e preziose tradizioni alimentari che abbiamo ereditato”.

Concetto ribadito anche dal Prof. Giovanni Ballarini, presidente dell’Accademia Italiana della Cucina, il quale ha sottolineato anche la necessità di risalire alle radici di quel grande albero pieno di frutti che è l’attuale cucina italiana con tutte le sue ramificazioni regionali. Mediante quest’operazione, si dovranno codificare tutte le ricette della nostra tradizione, e soprattutto fare in modo che il messaggio arrivi alla più ampia platea possibile in un mondo ormai globalizzato.

Ci sarà un grande lavoro da fare, a partire già dagli inizi del prossimo anno, con la formazione di gruppi di lavoro e di studio costituiti da soci delle due accademie, tecnici, critici e studiosi del settore.

L’iniziativa è di grande interesse e molto lodevole, il prestigio delle due accademie è incontestabile, ma perché l’operazione abbia un risultato pratico di grande spessore ci  sentiamo di dover formulare un auspicio.

La codificazione non dovrà rappresentare l’unico aspetto di questa attività. La globalizzazione tende a modificare gli stili di comportamento delle popolazioni. Nel settore alimentare i prodotti di successo vengono imitati, se non addirittura contraffatti. La diretta conseguenza consiste in una concorrenza selvaggia, che porta inevitabilmente a produrre a costi sempre più bassi e qualità sempre più scadenti.

Sarà necessario dunque affrontare il problema in una maniera nuova. Pensiamo ad una semplice ricetta. Non ci si dovrà più limitare ad indicare degli ingredienti generici. Un pollo, ad esempio, è ormai un oggetto prodotto in batteria, stressato in un ambiente poco ospitale, nutrito con alimenti non freschi, magari con ormoni e riempito di antibiotici, un prodotto le cui carni sono insipide e incolori. Si dovrà cominciare a far capire ogni volta l’importanza di un prodotto di qualità. Sarà necessario indicare le caratteristiche desiderate del prodotto ovvero l’importanza di utilizzare un pollo allevato all’aperto, cibato con erbe e semi freschi, macellato in maniera da non indurre ormoni di stress tossici per l’organismo umano.

Molto più semplice a dirsi che a farsi. Sarà necessario curare l’aspetto culturale del cibo, accanto a quello nutrizionale e salutistico, ma anche della sostenibilità della produzione.

Una campagna che cominci a sensibilizzare capillarmente le menti dei più giovani, in maniera da creare una generazione più cosciente e responsabile per un sano vivere grazie ad una corretta alimentazione costituirà la base necessaria per un comportamento centrato su salute umana e sviluppo sostenibile dell’ambiente agricolo.

Paolo Valdastri