Prosecco Colfondo

“Il concetto di conoscenza ha assunto ai nostri tempi una forma tale da indurci a credere che l’essenza dei processi naturali si possa esprimere soltanto col coniare concettualmente delle leggi. E se invece l’attività creatrice della natura avesse alla sua base degli impulsi d’arte?

In tal caso, chi partisse dal concetto che si possa esprimere la loro essenza soltanto per mezzo del ragionamento, non si accosterebbe nemmeno da lontano a ciò che è l’essenza intera della natura”. Rudolf Steiner pensiero

Iniziamo da qui. FIVI 2017, la Manifestazione organizzata dalla Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti, è stata anche momento di riflessione, ragionamento, scoperta. Non solo i classici Master o le presentazioni aziendali fatte nello spirito di “fratellanza” che caratterizza questa particolare manifestazione ma anche scoperte, come in questo specifico caso, di metodologie tra l’ancestrale e il tradizionale.

Uno scettico alla Masterclass Prosecco Colfondo

L’esordio e presentazione: La Natura alleata in una forma di agricoltura di tipo collaborativo.

Un momento della degustazione

Il proseguo: Non lasciar fare solo alla natura. Spingerci oltre. Cioè aiutarla per arrivare ad un terreno sempre più fertile per ottenere un vino piacevole e di qualità.

La riflessione: Parole sante. Ma piacevolezza e qualità a quali livelli? Sopportabili solo perché raggiunti in modo “naturale”?.

Rimango sempre della mia idea e appartenenza alla “fede” che vuole, per prima cosa, un vino che sia prima di tutto buono.

La confessione. Lo dico subito. Nella mia immaginazione il Prosecco appartiene a quella particolare categoria dei vini gioiosi da stappare in particolari momenti festivi insieme al Moscato d’Asti, alle Malvasie, ai Brachetti. Da bere alla stregua dei Lambruschi come vino senza impegno, gradevolmente profumato e gentile. Di rado oltre il piacevole. Forse per queste sue componenti, freschezza e gradevolezza, registra in questi ultimi anni, numeri di produzione da capogiro provocando caos nelle numerose (ahimè) zone del Veneto e Friuli dove viene prodotto.

Ritorno alle origini. Da dove il Prosecco è partito. Dalle uve Glera (chiamata anche uva prosecco), Bianchetta Trevigiana, Perera e Verdiso (quest’ultimi tre in percentuali bassissime).

Dal metodo di produzione. Usato dagli avi, bisavoli, arcavoli (trisavoli), bisarcavoli per arrivare agli arcibisavoli (tanto per non usare il solito termine “nella notte dei tempi”) fino agli attuali che impiegano il metodo Charmat o dei Grandi Recipienti (autoclavi) per esaltare la gradevolezza e i profumi.

M trovo nella sala degustazioni della Fiera di Piacenza, durante la Mostra Mercato organizzata annualmente dalla FIVI, per parlare ed affrontare il tema: “Prosecco Colfondo” , volutamente tutto attaccato nel tentativo di farlo passare come marchio di una tipologia al “naturale”.

Detto anche Prosecco “sur lie”. Quest’ultimo termine francese che tradotto letteralmente significa “sui lieviti” o “col fondo” nella terminologia usata dai produttori di prosecco.

Presenti vignaioli che hanno riscoperto questa ancestrale produzione, appassionati e cultori dei vini cosiddetti “naturali”, qualche curioso come il sottoscritto (in netta minoranza) con l’aggravante dello scetticismo elevato alla potenza.

La spiegazione della produzione

Prosecco Colfondo gli assaggi

Devo dire infelice perché affidata ad un enologo della Franciacorta abituato a ben altri vini.

Dalla pressatura soffice delle uve alla fermentazione controllata, dalla proibita filtrazione all’assoluta mancanza di trattamenti chimici o fisici di chiarifica, all’imbottigliamento in primavera per continuare la rifermentazione con i lieviti ancora attivi sugli zuccheri residui.

Davanti a noi calici contenenti vini gialli paglierini torbidi, sporchi, fangosi, frizzanti, insomma dei “mangia e bevi”.

Devo dire, con tutta sincerità, di non aver trovato alcun prosecco colfondo che mi abbia coinvolto. Anzi.

Alcune “puzzette” di decomposizione mi hanno costretto (con piacere) ad allontanarmi definitivamente dalla sala degustazione, mentre i pochi presenti rimasti si esaltavano per aver ritrovato la via ancestrale al Prosecco.

Appena fuori dalla sala, ritornato nel mondo dei vini bevibili, sono andato subito alla ricerca di un Prosecco degno di tale nome, per riavvinare il palato tartassato da orrendi assaggi.

Ebbe a dire Silvano Follador, vignaiolo di prosecco, in altra sede, durante una conferenza su questo tema: Voi sostenitori integralisti del “col fondo” state falsando la realtà delle cose osannando questa tipologia come quella della tradizione, perdendo di vista la piacevolezza e bellezza alla quale questo piccolo grande vino può arrivare  per altre vie decisamente più compiute e valorizzanti. Chapeau!

Grazie Silvano, pensavo di aver perso la bussola in questo mare di Prosecco!

Urano Cupisti