I vini degustati tutti perfetti dal punto di vista tecnico e con uno stile decisamente orientato all’internazionalità a confermare la vocazione all’export dell’azienda
Non si può certo parlare di novità quando si cita Omina Romana, l’azienda si è ormai guadagnata infatti un posto di rispetto nel mondo della critica enologica nazionale e soprattutto internazionale. Tuttavia c’è ancora molto da scoprire, o forse da mettere a punto, sulla conoscenza di questa azienda nata ormai una decina di anni fa sulle colline vulcaniche di Velletri, tra i Castelli Romani e il mare. Un territorio per certi aspetti inesplorato, fin dall’antichità coltivato a vite e ulivo (ultimamente anche molto interessante per il kiwi) ma da tempo afflitto da una fama non lusinghiera per quanto riguarda la qualità dei suoi vini.
“Siamo partiti con gli internazionali perché quello è il terreno di confronto universalmente riconosciuto” spiega così la scelta delle prime cuvée Omina Romana l’agronoma Paula Pacheco, che insieme agli enologi Claudio Gori e Simone Sarnà, sotto la direzione di Katharina Börner, gestisce i quasi 80 ettari in un unico fondo in via Fontana Parata. In pratica, confidando totalmente nelle grandi capacità del territorio scelto dopo accurati studi in collaborazione con diversi istituti universitari, l’azienda ha pensato di portare sul mercato, e all’attenzione della critica, vini di alta gamma prodotti con i vitigni rossi internazionali più conosciuti, proprio per affermare che il terreno è così vocato da potersi confrontare con i big dell’enologia mondiale.
Sarà poi uno step successivo quello di studiare e mettere a frutto anche vitigni autoctoni, progetto già avviato con Cesanese e Bellone, ma intanto è stata conquistata una dignità finora neanche immaginata per il terroir di Velletri, e di conseguenza per l’intero Lazio. Si tratta di stabilire una sorta di linea, un’asticella da superare per entrare nel club dei grandi nomi mondiali del vino. Perché è questo l’obiettivo di Omina Romana, un investimento milionario frutto di studi e ricerche, che non ha lasciato nulla al caso e che per il suo stile ha dato fastidio a molti.
L’occasione per approfondire lo stato delle cose per quanto riguarda i vini prodotti a Velletri ha preso vita con la grande degustazione (forse la prima così completa nella Capitale) organizzata dalla Fisar Roma allo Sheraton Hotel giovedì 18 febbraio. Ad introdurre la serata Luciano Rappo, da un anno Master Brand Ambassador per l’azienda italo-tedesca, che ha gestito gli interventi tecnici della stessa Pacheco e dell’enologo Sarnà, così come le domande e i commenti arrivati dai presenti. Soddisfatta la platea dei sommelier e degli appassionati intervenuti così come gli organizzatori, a cominciare dal Delegato Filippo Terenzi e dalla consigliera Romana Carletti che ha preparato il campo a questa e ad altre serate della Fisar Roma.
Passiamo ora ai vini degustati, tutti perfetti dal punto di vista tecnico e con uno stile decisamente orientato all’internazionalità, d’altronde la vocazione all’export dell’azienda è innata. In una terra solitamente conosciuta per i bianchi Omina Romana ha scelto invece di produrre soprattutto rossi, per i motivi già citati, riuscendo tuttavia anche a dare buone prove sui grandi classici da uve bianche.
BELLONE SPUMANTE BRUT – IGP Lazio Bianco Spumante
Prodotto con metodo Charmat lungo, questo Bellone quasi in purezza (dichiarata un’aggiunta di Incrocio Manzoni fino ad un max del 15%) offre subito sentori caldi fin quasi alla crosta di pane, salvo poi virare sulla frutta e note agrumate. In bocca è fresco, di acidità non spiccata ma con un buon perlage.
Voto: 83/100
VIOGNIER – IGP Lazio Bianco 2012
L’affinamento in barrique consegna a questo Viognier molte note morbide, sentori di vaniglia e nocciola che rendono il naso avvolgente. Anche il colore, giallo oro carico, sembra presupporre una beva altrettanto piena mentre in bocca il profilo è più netto e con meno corpo di quanto si potesse immaginare.
Voto: 80/100
CHARDONNAY – IGP Lazio Bianco 2013
Si sente il legno, come nel Viognier, ma il risultato complessivo è ben diverso. La vaniglia si unisce ai sentori di frutta bianca, lasciandolo riposare nel bicchiere si arriva anche ad una stabilità di profumi complessi ed eleganti. In bocca l’entrata è morbida ma poi l’acidità, e soprattutto la sapidità, rendono agevole la beva e permettono di rinfrescare il palato reso caldo dall’intensità alcolica. Sembra un bianco destinato a durare nel tempo, oltre che in bocca, come nei migliori esempi di questo vitigno
Voto: 91/100
CESANESE – IGP Lazio Rosso 2013
Decisamente fruttato al naso è un Cesanese per certi versi atipico, è giocato sulle note fresche e gioiose piuttosto che sui registri cupi e da invecchiamento. In bocca ha una buona astringenza, forse ulteriormente arrotondabile con qualche mese in più di bottiglia, e un corpo medio. Un vino giovane da bere in modalità giovane.
Voto: 89/100
MERLOT – IGP Lazio Rosso 2012
Al naso è un Merlot a tratti didascalico, con sentori di frutta rossa matura e confetture mentre in bocca si presenta con un’entrata più asciutta. Per certi versi, visto lo stile dell’azienda, ci si poteva immaginare un’espressione ancora più netta del corpo morbido di questo vitigno che invece è stato lavorato per non stancare.
Voto: 85/100
CABERNET SAUVIGNON – IGP Lazio Rosso 2012
Un vitigno che in purezza dovrebbe dimostrare grande presenza di note vegetali e che, invece, rimane modellato su uno stile meno eclatante. I sentori “verdi” ci sono, così come le spezie, ma senza qualificare in modo invadente il vino. In bocca si sentono tannini delicati, che danno consistenza nel bicchiere a un rosso che apre la via alle cuvée aziendali.
Voto: 86/100
DIANA NEMORENSIS I – IGP Lazio Rosso 2012 (50% Merlot, 30% Cab. Sauvignon, 20% Cab. Franc)
Un vino ancora giovane, che vede prevalere nettamente il Merlot per un taglio che conquista una specifica fetta di appassionati. Il naso è complesso pur essendo declinato in particolare sulle note dolci di frutta, con componenti avvertibili di spezie pur se poste in secondo piano. In bocca la beva è piacevole e in linea con quanto avvertito già al naso.
Voto: 88/100
JANUS GEMINUS I – IGP Lazio Rosso 2012 (40% Cab. Sauvignon, 40% Cab. Franc, 20% Merlot)
Delle tre cuvée sembra quella più adatta a durare, al naso ha sentori ben bilanciati tra il frutto e le spezie, per quanto i primi virino verso il sottobosco sembrando ancora chiusi, un po’ cupi, quasi in attesa di sbocciare definitivamente. Stessa cosa in bocca, dove l’acidità e il tannino scalpitano e sembrano poter dare ancora molto negli anni, rendendo questo taglio forse il più azzeccato tra quelli attualmente proposti.
Voto: 92/100
CERES ANESIDORA I – IGP Lazio Rosso 2012 (50% Cab. Sauvignon, 50% Cab. Franc)
Al naso la fanno da padrone le spezie, un mix elegante di tostatura e pepe, ma anche peperone, per un bouquet fine di rara avvolgenza. Anche in bocca, nonostante la giovane età, il vino sembra già pronto, elegante ed equilibrato. Non c’è la nota morbida del Merlot ma i due Cabernet rendono la beva decisamente seria e le sensazioni persistenti.
Voto: 89/100
Fabio Ciarla