Ha debuttato al Milano Wine Agenda, il primo appuntamento voluto da Federvini e Milano Wine Week con lo scopo di individuare un nuovo modello di sviluppo per l’intero comparto vinicolo.
I lavori, a cui hanno partecipato alcuni dei principali esponenti del settore vinicolo e importanti rappresentanti delle forze politiche, si sono concentrati sulle richieste del settore al Parlamento in via di insediamento e al Governo di prossima costituzione.
Richieste di carattere emergenziale, frutto di una situazione andatasi aggravandosi negli ultimi mesi e che oggi rischia seriamente di mettere in ginocchio uno dei comparti di maggior valore identitario e tra i più rilevanti dell’intera produzione agroalimentare del Paese.
Le proposte di Federvini
L’appello che Federvini ha lanciato durante Wine Agenda al nuovo Governo si articola nella richiesta di una serie di interventi, che guardino alle emergenze del presente e alle sfide futuro, in particolare tesi a:
- Promuovere interventi di defiscalizzazione per incentivare crescita dimensionale e internazionalizzazione;
- Dare vita a un piano di comunicazione per il vino italiano all’estero riconoscendone i valori economici, occupazionali e identitari;
- Contrastare l’irrazionale demonizzazione delle bevande alcoliche da parte di organismi sovranazionali;
- Attenuare i costi di approvvigionamento energetico.
La leva fiscale potrà avere un ruolo determinante nel favorire le aggregazioni per creare gruppi di dimensione europea, oltre che nuove realtà commerciali rivolte all’internazionalizzazione, e per favorire lo sbarco di queste nuove realtà sul mercato dei capitali così da rafforzarne i livelli di capitalizzazione. Occorre intervenire per ridurre la frammentazione che caratterizza il comparto e che, anche per la mancanza di una regia e di una visione comune, lascia troppi singoli produttori senza la possibilità di aggredire i mercati esteri in modo coordinato ed efficace.
Il dati di Mediobanca
Le proposte di Federvini trovano riscontro nei contenuti dello studio realizzato dall’Area Studi Mediobanca, nel quale si evidenzia il gap che le imprese vitivinicole italiane registrano rispetto a produttori esteri, in particolare francesi, sotto il profilo dei valori unitari.
Un export, quello del vino italiano, definito da Mediobanca “concentrato, di prossimità ma ancora povero”, in particolare sotto il profilo del prezzo medio: 32,2 USD per la Francia contro 25,3 USD per l’Italia.
Un dato in parte compensato dal confronto sui volumi di esportazione, che vede l’Italia prevalere ampiamente nel confronto con la Francia, e sul trend di crescita del valore complessivo delle esportazioni negli ultimi 10 anni: + 39,4 % per l’Italia, + 29,5% per la Francia.
Il punto di Nomisma e Tradelab
Secondo quanto evidenziato dai dati dell’Osservatorio di Federvini, in collaborazione con Nomisma e TradeLab, l’aumento dei costi dell’energia e delle materie prime per il packaging, come la carta per le etichette (+36%), le capsule e soprattutto il vetro (+47%), stanno mettendo a dura prova la produzione delle imprese del comparto, e conseguentemente la loro crescita. e aziende hanno subito l’impennata dei costi di produzione e trasporti, con l’energia, in particolare, che ha segnato rincari tra il 150 e il 200%.
Quale futuro per il vino italiano?
Dai lavori è emerso che nei prossimi 2/3 anni i vini italiani che cresceranno saranno in prevalenza quelli dei vitigni biologici e sostenibili, nei confronti dei quali i mercati esteri esprimono un interesse crescente, anche relativamente al packaging ecosostenibile e alle colture biodinamiche.
Ricercati all’estero anche i vini di vitigni autoctoni e di specifici territori italiani e, a sorpresa, anche quelli low alcohol stanno diventando sempre più di tendenza. Destinato a crescere di importanza anche il canale e-commerce, sempre più utilizzato, soprattutto in UK, Usa e Francia, e con ampi margini di crescita, soprattutto per Italia e Germania, paesi finora poco ricettivi a questa modalità di acquisto.