Gabriele Bianchi

Mark Twain diceva: Il segreto del successo nella vita è fare della tua vocazione il tuo divertimento”. Gabriele Bianchi quale fosse la sua vocazione lo capì a cinque anni, quando gli altri bambini giocavano a calcio o con le macchinine, lui si divertiva a stare dietro il banco del ristorante di famiglia.

La mamma e il babbo gestivano un campeggio con ristorazione a Marina di Bibbona, una frazione di Livorno, dove è nato (classe 1995) e cresciuto. In tutti i modi i genitori provavano ad allontanarlo: “Levati, o ’un lo vedi che mi fai inciampare”… “Ti s’è già detto, sei troppo piccolo per lavorare, ci denunciano se ti trovano qui!”.

Gabriele Bianchi

Ma Gabriele aveva le idee chiare e finalmente alle superiori, frequentò l’Istituto Alberghiero di Rosignano.

Presto però le illusioni caddero; Gabriele mi parla di questa scuola come ad un David a cui sono state tagliate le braccia: “I professori sono validi, ma lo Stato non investe”.

L’avventura inizia con l’Enoteca Pinchiorri…

Tuttavia, come dice lui “è la persona che si costruisce il percorso” e gli anni delle superiori vanno alla grande. Inizia uno stage alla famosissima e stellata “Enoteca Pinchiorri” a Firenze. Avete mai visto un ragazzino di quattordici anni dormire da solo in un hotel? Beh, non avete mai incontrato Gabriele in quegli anni allora. Nei giorni lavorativi non poteva permettersi di farsi 90 km di viaggio per tornare a casa, anche se era piccolo, i ritmi erano incessanti e per sfruttare al massimo il tempo, pernottava in un hotel vicino al lavoro. Nei giorni festivi poi tornava a casa dalla famiglia.

Quella situazione ha tracciato le linee indelebili della sua visione: c’è una netta differenza tra fare accoglienza e svolgere un mero servizio di sala. Quello che lui cerca, è regalare un’esperienza ai clienti.

La Pineta di Zazzeri

In quegli anni, giovanissimo, già si era fatto notare tra le sale e trova lavoro in un altro ristorante stellato: è la volta di “La Pineta di Zazzeri”.

Qui incontra uno dei suoi più grandi mentori, Luciano Zazzeri. I due passano ore a parlare di questioni esistenziali, di filosofia, dell’essere umano, per loro il lavoro è strettamente legato all’essere più interiore; se non si ha coscienza del proprio io non ci si può aprire agli altri, come questa professione richiede.

Gabriele si sofferma molto su questo momento della vita, è stato li che la sua visione ha preso corpo, abbattendo le catene della timidezza, ha trovato il suo passo: “Ho trovato me stesso. Per me è stato molto importante essere più sicuro e riuscire a confrontarmi. Il protagonista è il cliente, devi studiare la sua psicologia per capire come farlo sentire accolto, a suo agio, per svolgere non un servizio, ma regalare un’esperienza emozionale”.

… e niente lo ha più fermato

Ha viaggiato e lavorato all’estero, ad esempio a St. Moritz al ristorante “Da Vittorio”. Lo ricorda come tappa fondamentale perché lì ha potuto mettere in pratica la sua visione più matura: la collaborazione tra cucina, sala e cliente. “L’esperienza emozionale” a trecentosessanta gradi.

Villa Crespi

Con la determinazione che da sempre lo ha contraddistinto e la consapevolezza acquisita nel tempo, Gabriele sente che è il momento di tornare in Italia, inizia a lavorare a “Villa Crespi” dal blasonato Cannavacciuolo, nel mentre inizia il Corso emergenti sala a Cremona – con Luigi Cremona e Lorenza Vitali. Continua poi il percorso stellato nel Ristorante Marconi a Bologna.

Un mix di formazione perfetta, professionale e personale, che nel 2018 gli ha permesso di vincere il premio di “Miglior Maitre Under 30 del Nord Italia” e nel 2019 quello di “Miglior Maitre Italiano Under 30”.

Un “cameriere social”

Ahimè, arriva la pandemia; ma dopo lo sconforto iniziale gli torna in mente la sua frase “è la persona che si costruisce il percorso”. Inizia a vedere questo momento come un’opportunità: inizia un progetto con le scuole, quello che vuole fare è diffondere la coscienza di quanto sia importante il maitre di sala. Gira di scuola in scuola per parlare con i ragazzi, quasi suoi coetanei, per trasmettere conforto e sicurezza, quella che all’inizio a lui era mancata, in un momento difficile come quello che stiamo vivendo.

Gabriele Bianchi in sala

Dall’esperienza nelle scuole è venuta l’idea di usare i canali social per diventare a tutti gli effetti un comunicatore della sua visione, per un settore che per troppo tempo è stato lasciato nell’ombra.

Il riscontro che ha trovato è stato notevole, si definisce il “Cameriere social” con quasi 13 mila followers, ha anche partecipato a vari programmi televisivi, tra i quali: “Detto fatto” di Bianca Guaccero e “Domani è domenica”.

Mi racconta tutto questo un crepuscolare pomeriggio primaverile seduti al tavolino di un bar che affaccia sulle rocciose coste Livornesi, un momento di esitazione quando giunto il momento di salutarci, il cameriere va via con il conto, Gabriele si volge al mare incendiato dal sol calante, potente come lo sguardo di un giovane ragazzo ambizioso, e mi dice: “In fondo, anche se fossi un cliente o semplicemente un ragazzo che si affaccia ora alla ristorazione, penserei, quanto è figo fare il cameriere!”

Alice Romiti