Torreclava, il Primitivo di Giacobbo

Roberto Giacobbo, il conduttore di “Freedom”, produce in Puglia un vino di grande livello. Siamo abituati a seguire Roberto Giacobbo nella sua veste di divulgatore televisivo, appassionandoci alle storie che racconta affrontandone misteri e aspetti insoliti.

Con il suo “Freedom – Oltre il confine”, Giacobbo porta il pubblico a esplorare siti archeologici affascinanti, antiche dimore storiche, teatro di accadimenti importanti, fino a luoghi dove l’ignoto diviene avventura e scoperta.

Ma non tutti conoscono la sua passione per la tradizione della terra e per il vino che si sono trasformati, passo dopo passo, nella produzione di un eccellente Primitivo di Puglia Igp bio.

Roberto Giacobbo

Il luogo dove sono i vigneti non poteva che richiamare anch’esso la storia. Siamo infatti a Orta Nova, in provincia di Foggia, dove gli antichi popoli dei Dauni e dei Romani, poi Federico II e fino alle grandi famiglie dell’800, hanno coltivato vigneti.

Da divulgatore televisivo a produttore vinicolo, come è andata?
«La passione per il vino mi è stata trasferita da mio padre che era veneto e quando si trasferì a vivere a Roma, comprò un terreno dove costruì una casetta e piantò una piccola vigna. Quindi da quando avevo otto anni ho visto fare il vino secondo la tradizione familiare, un tino, un torchio, le botti. Poi con il tempo e grazie alla mia passione per la qualità e alla mia capacità sensoriale con il “gusto assoluto”…».

Ovvero?
«Come esiste “l’orecchio assoluto” in campo musicale, o il “naso assoluto” in quello olfattivo, io ho la fortuna di possedere il “gusto assoluto”, dote che mi consente di sentire, assaporare e trovare il meglio dei sapori, sin da bambino. Ricordo che con mia mamma ci divertivamo molto in questa sorta di gioco del gusto.

Crescendo e poi da adulto, questa capacità naturale mi ha portato ad essere giudice di concorsi nazionali e internazionali di cucina. Anche quest’anno sarò nuovamente presidente di giura del “Girotonno” in Sardegna sull’isola di Carloforte e del “Golden steack” concorso italiano per la miglior cottura della bistecca con l’osso. Una passione che mi conquista e mi impegna nel poco tempo libero che mi lascia il mio lavoro televisivo e documentaristico».

Giacobbo. Vigneti a Orta Nova

Ma le vigne pugliesi come arrivano nella sua vita?
«Grazie a mia nonna pugliese e la conoscenza della terra di Puglia. Ma soprattutto a mia figlia che si innamora di un ragazzo pugliese e si fidanza con lui. La famiglia, da generazioni, produce ottimi vini in un meraviglioso fazzoletto di terra in provincia di Foggia molto particolare. Sedici ettari completamente diversi dalla terra rossa pugliese che conosciamo. Qui la terra è grigia, argillosa, con fondo sabbioso, un appezzamento di terra arricchito da ben tre sorgenti d’acqua dove sono le viti.

La famiglia Faretra è di grande tradizione vinicola e ha sempre prodotto ottima uva che vendeva, poi le giovani generazioni hanno voluto produrre il vino».

Sua figlia e il suo fidanzato?
«Hanno scelto di valorizzare storia familiare e identità territoriale producendo i propri vini. Con l’aiuto dei genitori di Cataldo, così si chiama il fidanzato di mia figlia Giovanna, nasce Terre di Maria, dal nome della mamma di Cataldo, proprietaria delle terre».

Nella foto da sx: Cataldo Faretra, la mamma Maria Pasquariello, Roberto e Giovanna Giacobbo

Unione di intenti?
«Abbiamo cominciato proprio così, con Alfonso Faretra, il marito di Maria e, tutti insieme, con l’aiuto di un bravissimo enologo, Tommaso Pinto, che proviene dalla scuola di Locorotondo.

Si uniscono subito, passione, capacità, valori, il mio talento di “gusto assoluto” e decidiamo di produrre qualcosa di speciale, di unico. Volevamo produrre un vino da porre accanto alla loro eccellente linea Neolitico con Nero di Troia, Rosato da Primitivo, Susumaniello, Bianco. Così è nato il progetto Torreclava».

Passo successivo?
«Alfonso ed io, ben consapevoli che nella vita ci occupiamo di altro, abbiano deciso di utilizzare parte del nostro tempo per fare qualcosa di alto livello, qualcosa che rappresentasse il meglio. Che significasse qualcosa di ben fatto. Quindi abbiamo scelto di lavorare con i metodi migliori, seppur complessi. Dalla potatura che dura quattro mesi, alla concimazione con cinque erbaggi diversi macinati sotto le viti, perché diventino il nutrimento. Grande attenzione al terreno che possiede un mix simile a quello del Piemonte ma con il sole della Puglia. Qualcosa di assolutamente eccezionale. Un unicum geologico. La raccolta, leggermente tardiva, viene calcolata in maniera molto precisa, per giungere alla gradazione zuccherina perfetta.

Poi sono le macchine agricole di ultimissima generazione, quelle che commercia Alfonso, a compiere l’ultimo passaggio. Un getto d’aria che, grazie alle vibrazioni, stacca dal graspo solo gli acini e in tre ore compie questa delicata operazione su sedici ettari di vigna. Il massimo della tecnologia per raccogliere una intera vendemmia praticamente nel medesimo istante».

I vigneti di Roberto Giacobbo

E subito portati in cantina?
«Esatto, senza la clorofilla e la legnosità dei graspi, per poi fermentare a bassa temperatura con tempi più lunghi. Ciò permette un rilascio dei sentori più calmo, completo e con maggior rotondità. Successivamente sono tre mesi in botte di rovere e tre anni in bottiglia. Aggiungo un maniacale e precisissimo trattamento dei lieviti naturali da parte dell’enologo che conta non i giorni, ma le ore. I numerosi premi ottenuti negli ultimi mesi, tra cui dei 97/100, sono dimostrazione di un impegno fattivo».

Come si arriva ai premi con un vino che qualcuno potrebbe definire un hobby? Quando si fanno le cose bene si riesce?
«Ci si può riuscire se hai la fortuna di possedere il pezzo di terra giusto, le viti giuste e, soprattutto, le persone giuste che accettano di lavorare insieme. Perché in ogni settore solo le squadre capaci, diventano vincenti. Nessuno può far tutto da solo. Di Leonardo da Vinci ne è esistito uno, ed è da tempo deceduto. Da lì in poi, dobbiamo fare squadra».

Alcune etichette di Roberto Giacobbo

Qual è il suo ruolo preferito in campagna o in cantina?
«L’assaggiatore. Quel meraviglioso compito di contribuire al perfetto “fine tuning” di un vino. Grande fatica per passare dal 99% al 100% ovvero tendere alla perfezione. Serve l’impegno di tutti e il mio per primo, sempre a disposizione di questo progetto».

Fatto anche di piccoli e grandi dettagli.
«Certo, come il disegno dell’etichetta, o il tappo, che richiama il profilo della torre ed è divenuto oggetto di collezione. Tutto frutto degli studi delle mie figlie».

Il piacere più bello nel produrre vino?
«Trovarsi in un ristorante, come accaduto pochi giorni orsono, e vedere che a un tavolo accanto al tuo, una coppia, sceglie una bottiglia di Torreclava e con piacere e gioia la finisce. Oppure la telefonata di un amico americano, grande intenditore , che ti racconta come il Torreclava abbai affascinato il suo gruppo di amici “winelovers”».

Quando la rivediamo in televisione?
«Stiamo completando le prossime dodici puntate di “Freedom” che andranno in onda in tarda primavera, inizio estate».

Andrea Radic