Sandro Bottega, patron dell’omonima azienda di Bibano (Treviso) tra i principali produttori di vino e distillati italiani, ha inserito sulle sue etichette un cuore con la dicitura: “Vi suggeriamo un consumo massimo giornaliero di due calici”.
Una risposta concreta e diretta al casus belli più acceso a livello europeo che tratta il tema di COSA deve esserci scritto sulle etichette di vino, che sottende all’obiettivo di ridurre il consumo di alcol in Europa.
Causa apparentemente nobile ma che ha visto passare anche opinioni nettamente non comprovate, come il nesso tra le dimensioni del cervello e il consumo di alcol. Ma anche opinioni con basi giuste ma di rischiosa interpretazione se non sostenute da dati scientifici, come il collegamento tra tumori e consumo di alcol.
A rompere definitivamente i sottili equilibri a livello europeo è stata l’Irlanda, che ha deciso di apporre health warning sulle bottiglie di alcolici (ne avevamo già parlato qui: https://corrieredelvino.it/primopiano/interviste/health-warnings-in-etichetta-via-libera-allirlanda/n.d.r.).
La scelta di Bottega svuota dunque la causa dall’interno, riportando il focus su una visione più moderata e priva di quei dogmi ventilati a livello europeo.
Tra l’altro Bottega si è sempre mostrato attivo nel promuovere il concetto del “bere bene fa bene”, con un grande impegno sociale: già 30 anni fa distribuiva un opuscolo nelle scuole per insegnare ai giovani cosa significasse “bere bene”, oppure distribuiva cataloghi con il carattere Braille, per far presente che l’eccesso di alcol porta alla cecità. E ancora notevole il supporto agli enti che si occupavano del reintegro degli alcolisti.
Ecco che tutto questo è stato sintetizzato in etichetta, indicando il consumo massimo suggerito di un alcolico, 2 bicchieri al giorno di vino.
A rinforzare la posizione dell’Italia sul punto è Lamberto Frescobaldi, presidente di Unione italiana Vini, che al convegno tenutosi a Roma dal titolo: “Bere Mediterraneo. Gli effetti sulla salute di un consumo moderato del vino” ha riportato dei dati molto significativi. «In Italia abbiamo 310mila imprese, 670mila ettari vitati, 1,2milioni di addetti è in grado di generare un fatturato diretto di circa 15 miliardi di euro.
Il vino realizza il 75% del valore delle esportazioni tutte le bevande alcoliche italiane e ha una bilancia commerciale in attivo di circa 7,5 miliardi di euro l’anno, che incide per oltre il 40% del saldo import-export di tutto l’agroalimentare italiano.
A questi numeri si aggiunge il beneficio esponenziale in termini di indotto turistico, di personale specializzato, di sostegno socioeconomico in favore di aree rurali svantaggiate, di valorizzazione del bene fondiario e del brand Italia, numeri che presenteremo in occasione della conferenza stampa di Vinitaly, tra circa un mese a Roma».
Un asset che, ha concluso Frescobaldi, è strategico non solo in termini di Pil: «Prima di tutto, il vino è un fattore identitario del nostro Paese. E questo è un valore inestimabile. Se lo dovessimo perdere penso che rinunceremmo a una parte di noi stessi, a una componente fedele della nostra storia e del nostro futuro».
Alice Romiti