Incontro tra Regione Lazio e Arsial con i produttori vitivinicoli della regione per programmare il futuro del settore

La Regione Lazio e l’Arsial hanno organizzato un incontro con i produttori vitivinicoli della regione per programmare il futuro del settore, cominciando da un bilancio dello scorso Vinitaly sul quale innestare le idee per l’edizione 2017. Dopo tanto silenzio e tanto menefreghismo anche il solo organizzare un evento di questo tipo spinge il cronista (del luogo e vicino da sempre al settore) all’entusiasmo, in realtà nella giornata di lavori sono emerse diverse criticità, non ultimi gli allarmi sul continuo calo della superficie vitata che indicano come tutto il movimento sia vicinissimo alla fatidica “ultima spiaggia”, dopo la quale c’è solo il baratro.

Per baratro si intende, in questo caso, la scomparsa totale del settore, se è vero che una superficie vitata regionale sotto i 15000 ettari mette in dubbio la consistenza stessa di un distretto vitivinicolo. Al momento, con un calo dell’80% rispetto agli anni settanta, siamo a circa 19000 ettari per Arsial (16000 per Istat) e quindi molto vicini alla soglia. La volontà regionale è conservativa, almeno, ma di certo la strategia deve essere di tipo generale.

Ospitati dalla Cooperativa Cincinnato nello splendido casale di via Stoza a Cori, l’assessore all’Agricoltura Carlo Hausmann e Antonio Rosati, amministratore unico di Arsial (Agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione dell’Agricoltura del Lazio), hanno promosso una serie di interventi dei tecnici di entrambe le strutture che hanno affrontato a vario titolo temi come la comunicazione, il marketing, l’internazionalizzazione e appunto la base ampelografica.

Una mattinata intensa, aperta dal saluto del presidente della Cincinnato Nazzareno Milita, che è stata introdotta da Hausmann con un piglio e un approccio decisamente fattivo, pratico, teso soprattutto a chiarire che la volontà della Regione è quella di agire per aggregare, proponendo soluzioni e ascoltando le istanze dei produttori, partendo proprio da Vinitaly. In realtà di tempo per ascoltare i produttori ce n’è stato poco e a ridosso del pranzo, ma ci sarà modo sicuramente perché idee e progetti arrivino a chi di dovere, se i presupposti sono questi l’aria che si respira in Regione è decisamente nuova. Per un comparto vitivinicolo come quello laziale già solo fare un bilancio del Vinitaly appena concluso e cominciare, da giugno, a pensare all’edizione dell’anno successivo è una novità assoluta.

Le riflessioni principali si sono rivolte all’analisi delle Denominazioni della Regione, giudicate da tutti troppe e inutili anche in virtù della loro scarsa riconoscibilità con la conseguente scarsissima valorizzazione sul mercato, e su una rinnovata attenzione alla qualità collettiva. Questo sicuramente è stato il concetto emerso più importante, insieme all’aggregazione che ha fatto da filo conduttore di tutta la giornata, e forse sottovalutato da qualche produttore. La qualità infatti, per essere apprezzata su contesti competitivi e a volte focalizzati su nomi ormai acclamati, deve per forza essere complessiva, anzi direi “diffusa”. Di esempi importanti e interessanti, saliti agli onori della cronaca e premiati da mercato e critica, il Lazio ne ha già diversi. Quello che manca è appunto la capacità di promuovere un sistema complessivamente di medio-alta qualità, finché non si arriverà a questo risultato il settore sarà ancora a rischio scomparsa.

Fabio Ciarla