Le origini. Trebbiano, anzi Trebbiano di Soave, no per favore è Turbiana, appellativo del Trebbiano di Lugana. Insomma chiamiamolo Lugana. Al maschile, al femminile, la solita vecchia storia: ma chi se ne frega!

Perché si chiama così?

Esiste una frazione nel Comune di Sirmione (Bs) che si chiama Lugana. Storia legata all’antica Roma, al Medioevo, ai Veneziani, Scaligeri fino alle guerre d’Indipendenza. Zona conosciuta per le epiche battaglie nei vari secoli e per “momenti”importanti come la fermata degli Unni di Attila da parte di Papa Leone. Ma è sicuro, è provato che tutto parta da questo paese?

Una cosa è certa il suo nome è legato alla vasta zona che si estende a sud del Lago di Garda: la zona del (della) Lugana.

Il (la) Lugana: in Versilia fa la differenzaTerreno argilloso-calcareo, clima mitigato dalla vicinanza del Benàco (antico nome latino del Lago di Garda) e le “ricche”acque del fiume Mincio appena  “emissario” permettono a questo particolare Trebbiano di produrre un vino semplice, molto piacevole abbinabile non solo al cibo del territorio ma anche a piatti della cucina marinara italiana.

Colore giallo paglierino con leggeri riflessi verdolini, profumi di fiori bianchi, note agrumate e fruttate (mele, pesche, albicocche) che introducono ad un esame gusto-olfattivo di media struttura con un equilibrio tra buone morbidezze e ottima freschezza per un finale che si conclude in una elegante piacevolezza.

È sempre stato considerato un vino di facile beva, da consumare al massimo entro un anno dall’imbottigliamento. Oggi non è più così. Accanto ai tradizionali vini “da pasto” alcuni produttori “credenti” nel nuovo progetto Lugana, hanno messo in atto processi di vinificazione, dall’ingresso del grappolo in cantina fino all’uscita della bottiglia, atti a presentarlo  come vino “longevo”, di tutto rispetto ed adatto a tutte le stagioni.

L’estate richiama “il base”, fresco, beverino, da bere. L’autunno e la primavera richiedono il “superiore” con alle spalle un anno di affinamento in bottiglia. L’inverno, intorno al fuoco, richiama “la riserva”, due anni minimo di affinamento da destinare ad abbinamenti “importanti”di pesce di Lago e Carni del territorio.

Il vendemmia tardiva è davvero una eccellenza in fatto di aromaticità unita a facilità di beva. Un vino da dessert  a rappresentare l’eccellenza ricordando alcuni Alsace Pinot gris Vendage Tardive.

Discorso a parte gli spumanti alla ricerca della identità territoriale quasi raggiunta. Non a caso la loro voluminosa effervescenza registra i primi segnali positivi nello scenario nazionale “delle richieste”  a seguito di una comunicazione e marketing intelligenti a partire dal packacing. Sempre più frequente è dato di sentire nei Wine Bar una richiesta precisa: mi versa un calice di Lugana Brut?

La Versilia, si sà, è terra che detta “moda” tra i vini e perlage. Vi ricordate le “stagioni” dove nei ristoranti, trattorie si consumavano ettolitri, ettolitri di Vernaccia di San Gimignano per i bianchi, di Chianti Gallo Nero per i rossi, Veuve Clicquot e Moët Chandon per gli spumanti?. Poi a seguire, stagione dopo stagione, il Soave, il Galestro capsula viola, i friulani di ogni tipo con Felluga in evidenza, il piemontese Blangè, i Vermentini di ogni genere per i bianchi, il Morellino di Scansano, il Brunello di Montalcino e il siciliano Nero d’Avola per i rossi, gli italiani Berlucchi, Ferrari, Cà del Bosco e i più ricercati francesi Philipponnat, Dom Perignon, Krug, Cristal per i perlage. Tutti a dettar moda, ognuno con la sua “stagione” di gloria.

L’estate 2014 è la volta del (della) Lugana, in particolare quello proposto da due Aziende che ne rappresentano l’essenza: Cà dei Frati e Cà Majol. Il fascino accattivante delle loro bottiglie, le etichette che si notano più delle altre, il vino che incontra il pubblico femminile. Stanno facendo la “differenza”. Il (la) Lugana vino dell’estate versiliese 2014. Al maschile? al femminile? la solita vecchia storia: ma chi se ne frega!

Urano Cupisti