Siamo in Franciacorta, in provincia di Brescia, la più giovane tra le zone vitivinicole della Lombardia.

Deve la sua fama soprattutto a un enologo che ci ha lasciato da pochi mesi all’età di 90 anni, Franco Ziliani, che agli inizi degli anni ’60 collaborò con l’azienda del Conte Guido Berlucchi per la produzione del Metodo Classico.

Ora, la Franciacorta, è forse il territorio più prestigioso della regione, grazie agli investimenti fatti dalle aziende bresciane nel settore della spumantizzazione.

Grappoli di erbamat

La nuova sfida dei produttori nel 21esimo secolo è stata l’introduzione dell’Erbamat, un vitigno autoctono a bacca bianca, allevato da sempre in quelle zone ed abbandonato successivamente per dare  spazio ai più blasonati Pinot Nero, Pinot Bianco e Chardonnay, basi della produzione del Franciacorta Docg.

Erbamat, vitigno citato già nel 1564 dall’ agronomo Agostino Gallo, che al tempo lo chiamava ”albamante”.

La sua riscoperta è determinata dalle conseguenze del cambiamento climatico. Infatti, a seguito di una accelerazione negli ultimi anni, l’innalzamento delle temperature estive sta anticipando le vendemmie del Pinot Nero e dello Chardonnay. Questo porta a un abbassamento del tasso di acidità dei vini base. E sappiamo quanto sia fondamentale, per regalare la freschezza agli spumanti prodotti con Metodo Classico, avere il tasso di acidità nella quantità ottimale.

Filari di erbamat

L’Erbamat, avendo una maturazione particolarmente tardiva, circa un mese dopo lo Chardonnay ed un buon corredo di acido malico, è risultato idoneo al suo utilizzo. Poi se aggiungiamo che è  un vitigno prettamente autoctono, la sua presenza nel blend  puo aggiungere una caratterizzazione territoriale.

E così, dal 2017, l’Erbamat è stato inserito nel nuovo disciplinare del Franciacorta, con una percentuale variabile fino a un massimo del 10%.

Tra il 2009 e il 2011 sono iniziati impianti pilota che hanno visto coinvolte, sotto il controllo del Consorzio di Tutela, le seguenti aziende: Barone Pizzini, Ronco Calino, Ferghettina, Vezzoli, Castello Bonomi e Guido Berlucchi. I risultati?

Il futuro

Vini con profumi floreali eleganti, delicati, gusto fresco e citrino, con finale leggermente amarognolo.

Per chiudere voglio rendere omaggio al magnifico anfiteatro morenico del lago d’Iseo citando una poesia di Giuseppe Ungaretti  dove, nelle poche righe, ho trovato una sintesi meravigliosa tra futuro, passato, passione per la vite e la bellezza:

Ci vendemmia il sole
Chiudiamo gli occhi
per vedere nuotare in un lago
infinite promesse

Chapeau!

Elisa Paolini