Diario di viaggio in Languedoc, Roussillon, Loire. Giorno 1: arrivo a Carcassonne, primo seminario, primi assaggi.

Il 15 aprile 2018, dopo un comodo volo dall’Italia e un trasferimento in mini-bus che ha accuratamente evitato ogni altura, giungo nella medioevale città di Carcassonne in una soleggiata domenica di primavera, davvero presaga d’estate (il tempo ci sorriderà per tutto il viaggio, la nostra fortuna sarà sfacciata).

L’arrivo a Carcassonne

Carcassonne è un luogo tanto splendido quanto potenzialmente insopportabile. Gli edifici all’interno della cinta muraria si sono mirabilmente conservati, e poco si può immaginare di più bello di arrivare in città alla sera (come ci capiterà), con lo spettacolo dei torrioni splendidamente illuminati. Ma di giorno le anguste vie sono invase da un turismo di massa francamente fastidioso, che riempie ogni angolo di una calca vociante (una paragone nostrano: San Gimignano, ma lì per fortuna le strade principali sono più larghe).

Tanto peggio: la storia catara della città comporta una sciagurata proliferazione di souvenir finto-medioevali (spade, armature…), probabilmente fabbricati in nessun luogo più vicino di Taiwan, e candidamente apprezzati da qualche collega d’oltreoceano secondo il quale fanno “atmosfera” (sic!). Improbabili pizzerie a taglio, e non ben precisate tavole calde che propongono menu completi a 15 €, esiliano nelle vie laterali, fortunatamente più quiete, ristoranti di livello che propongono la locale specialità del cassoulet e botteghe di artigianato di pregio.

Occorre pertanto attendere il buio affinché la folla si diradi, il rumore dei propri passi sull’antico acciottolato rimanga l’unico, e il fascino del luogo si dispieghi: e allora si comprende quale splendida città Carcassonne in effetti sia, e quale privilegio sia stato essere ospitati nel centro storico e averla potuta visitare.

L’organizzazione ci aveva peraltro protetto dalla folla alloggiandoci in un vero attempato e affascinante auberge de charme, l‘Hotel de la Cité, magnifico per posizione, servizio (al rientro dalle degustazioni pomeridiane, non mancava mai un cioccolatino sul cuscino), provvisto di vista panoramica sulle mura e per buona misura di ristorante stellato.

Il seminario

Giusto il tempo di rinfrescarsi, e di svellere il ripiano ribaltabile di un mobile antico appoggiandovi fiduciosamente una valigia troppo pesante… (meno male che l’ho rimontato subito!), e d’acchito le mie gradite incombenze enoiche iniziavano con un interessante seminario sul moderno uso del legno nelle denominazioni del Sud della Francia. Ci veniva illustrata una innovativa concezione tesa al mantenimento della purezza del frutto, ad evitare il pericolo latente dell’ossidazione, nonché a preservare la facilità di beva di vini comunque di corpo importante.

Prima slide di prima master class in Languedoc

Il confronto tra assemblaggi di vitigni mediterranei come Syrah, Grenache e Mourvedre “trattati” con diverse filosofie dell’affinamento era quanto mai stimolante: il “vecchio stile” presentava comunque terziarizzazioni aromatiche evidenti, mentre l’immediatezza di frutto delle etichette più modernamente concepite non significava carenza di complessità, bensì era il preludio di una profondità sapida esaltata da un’acidità ben presente. In breve, qualunque preconcetto in merito alla potenziale “pesantezza” e alcolicità dei vini della regione veniva senza meno fugato. E ancor più lo sarebbe stato dai successivi, più sistematici assaggi.

La degustazione

A seguire degustazione in piedi, open air in una serata fresca e limpida, presso la limitrofa Brasserie de Donjon, quasi un’apericena con ricco buffet che spazia tra elaborato finger food e hamburger con tanto di ketchup a corredo (!): a ben ripensarci, forse per non imporre agli americani presenti una dieta troppo differente dal loro quotidiano…

Il buffette della Brasserie de Donjon

Sono presenti produttori di numerose denominazioni e territori, anche del Roussillon: la varietà di stili è molto di più di quanto non mi aspettassi, e non mi vergogno a dire che mi diverto parecchio. Nell’impossibilità di assaggiare tutto, mi sono ripromesso di dedicarmi soprattutto ai vini rossi, ma cedo volentieri alla tentazione di assaggiare qualche bianco nel giardino esterno, nel fresco crepuscolo che chiude un giorno già intenso.

È nelle mie corde La mineralità spinta dei migliori Collioure Blanc, a base Grenache Gris, anche se su quella falsariga l’assaggio migliore è un Vin du Pays (l’equivalente dei nostri IGT/IGP) composto di vitigni autoctoni a me per lo più ignoti (Carignan Blanc, Terret Bourret).

Tra i rossi, meglio la raffinata evoluzione, in termini di tannino elegante e frutto intonso, dei Minervois-La-Livinière, che non la maturità alcolica peraltro accattivante dei Corbières-Boutenac.

Reattivi, nervosi e futuribili i Terrasses du Larzac; succosi, saporiti e persistenti i La Clape Rouge; non senza eleganza, per freschezza e levigatezza, i due Pic Saint Loup Rouge.

E per finire in gloria e in dolcezza, suadenti ma non seduti, sontuosi nella loro inconfondibile virata ossidativa i Vin Doux Naturel. Tutte denominazioni che avrò modi di approfondire nei giorni successivi.

Qualche vino da ricordare

Domaine du Pas de L’Escalette (http://pasdelescalette.com/home/, in inglese), Vin du Pays de l’Herault IGP Le Clapas 2016: uvaggio insolito, con Grenache Blanc e Carignan Blanc che fanno la parte del leone, con un saldo di Grenache Gris e Terret Bourret; naso composito con fiori bianchi e un coté salmastro che si sfumano in eleganti componenti ossidative che garantiscono complessità; anche il palato mostra un’evoluzione elegante, con un acidità sotto traccia ma vibrante che innerva il sorso: di rilievo sapidità, profondità, persistenza, con un ritorno di frutta gialla di adeguata maturità.

Clos Centeilles (http://www.closcenteilles.com/), Minervois-La Livinière Rouge 2008: Syrah, Grenache e Mourvedre a convivere in percentuali paritarie; impressionante la profondità del colore, e accattivante la maturità di frutto nero (mora) al naso, con un‘idea aromatica appena percettibile di inchiostro; ma il vino dà il meglio di sé al palato: tanto reattivo quanto levigato nel tannino, corrispondente aromaticamente all’ingresso in bocca, deliziosamente disteso su un lungo finale balsamico.

Château Pech Redon (http://www.pech-redon.com/#/acceuil/2953512), La Clape Rouge L’Epervier2015: Syrah per il 60% con un saldo di Grenache; la profondità colorante e l’impatto fruttato al naso fanno immaginare un vino opulento: e non è che al sorso il succo e il corpo manchino, ma sono slanciati dalla sapidità, ingentiliti dalla fittezza tannica, resi fragranti dalle note speziate e dal lungo finale di macchia mediterranea.

Mas de Fournel(di proprietà del gruppo Fabre, http://www.fabre-en-provence.com/fr/produit/mas-de-founel), Pic Saint Loup Rouge 2015: bella presenza olfattiva, articolata, nella quale la ciliegia e la mora matura passano il testimone alla tipica garrigue(cioè i sentori di macchia mediterranea complessivamente intesi: lavanda, erbe aromatiche, ma anche mirto, lentisco, ecc.); palato avvolgente ma fresco e saporito, con il giusto grip tannico, dalla beva deliziosa che si distende su un finale balsamico ma anche fruttato.

Mas Cal Demoura (https://www.caldemoura.com/), Terrasses du Larzac Les Combariolles2012: uvaggio canonico di Syrah-Mourvedre-Carignan-Grenache; naso articolato, ove la fragranza del frutto nero (cassis) coesiste con macchia mediterranea e toni floreali; palato altrettanto elegante, volumico ma fresco, dalla bella trama tannica che agisce come da impalcato di un equilibrio che slancia la beva; adesso relativamente semplice ma già godibile, l’acidità ne fa presagire un futuro tutt’altro che arrivato.

Domaine La Toupie (http://www.domainelatoupie.fr/), Maury Sec AOP Sur Un Fil Rouge 2014: due terzi di Grenache (ca.), il resto in parti uguali tra Syrah e Mourvedre. Al naso una maturità di ciliegia e fragola non si estremizza fino alla confettura e coesiste con una fragranza di rosa canina e garofano che diviene sempre meno inaspettata man mano che gli assaggi procedono; la bocca è fresca, salata, avvolta da un tannino elegante che ne definisce il volume: per adesso il frutto lascia luogo alla garrigue, ma ha certo margine di ulteriore apertura.

Riccardo Margheri