Stato d’animo

Bolgheri è uno stato d’animo”. Lo scrissi il 23 febbraio 2011 in fase di revisione dei testi del website quando ero direttore “artistico” del Consorzio. Con mio grande piacere, vedo che ancora oggi questo concetto trova spazio nella home page del sito. Partecipare alla cena di gala sul viale dei cipressi offre una immediata spiegazione di questo enunciato.

I numeri sono da paura: un tavolo che supera il chilometro di lunghezza, circa 1.000 commensali serviti da 200 persone e 130 sommeliers che versano 124 vini in 3500 calici, 1000 sedie tutte uguali, mille primi, mille secondi, mille dessert da servire. Ebbene: niente di tutto questo si avverte come elemento di tensione.

Con Alessandro Grassi contatti con la stampa

La mente è ferma in uno stato di sospensione in un’atmosfera rarefatta e silenziosa, un tepore pieno di profumi e di sussurri che avvolgono il pensiero e infondono calma e sicurezza, una condizione di armonia tra spirito e natura da non far rimpiangere la dottrina ayurvedica. Il sole tramonta e i cipressi si trasformano in una magia di colori che evocano sogni infantili di castelli fatati.

Giocare in questo ambiente è facile e il risultato sicuro, anche se richiede un impegno sovrumano. Gli attori, Consorzio e Produttori si sono dimostrati straordinari in questo compito.

Complimenti a loro e ai professionisti che li hanno affiancati: Grassi Partners per le relazioni stampa, Scaramuzzi Team per la logistica, Guido Guidi per l’impeccabile catering. Un banco di prova notevole e superato in maniera positiva anche per le associazioni dei sommelier, AIS, FISAR e FIS.

C’erano una volta le Anteprime

All’inizio furono chiamate Chianti Collection e Benvenuto Brunello. Perché prevalesse il concetto “anteprima”, dovette intervenire l’associazione Grandi Cru della Costa Toscana con l’”Anteprima dei vini della Costa Toscana” di Lucca. Eravamo all’inizio del nuovo millennio e un manipolo di produttori (Moreno Petrini in primis) e di critici familiari con i “primeurs” di Bordeaux pensarono di importare lo stesso modello in Italia. Ma l’”en primeur” bordolese è un concetto totalmente diverso dall’”Anteprima”, oltretutto legato a un modello di mercato molto particolare. La formula non si dimostrò esportabile, in quanto da noi non avevamo dimestichezza con la preparazione di vini da “primeur” e relativo assaggio, ma il concetto nudo e crudo rimase in piedi.

Piano piano si arrivò ad una forma di unificazione della presentazione della nuova annata sotto il nome di Anteprime di Toscana con la cappella protettiva e unificante delle varie istituzioni regionali. Una concentrazione di eventi di tale complessità da portare di nuovo ad una diaspora dei territori vinicoli.

Bolgheri DiVino 2021. Foto Chloe Orlando

Bolgheri fu la prima zona ad affrancarsi, seguita quest’anno da Montalcino. Vedremo che fine faranno le Anteprime di Toscana, ma intanto il concetto portante di Bolgheri DiVino è quello di presentare proprio in anteprima le nuove annate, ovvero il Bolgheri Superiore 2019 (al Castello della Gherardesca) e in subordine qualche Bolgheri Rosso 2020.

Il tutto inserito in un contesto territoriale molto significativo, grazie ad una degustazione diffusa dove sette aziende ospitano ognuna una decina di produttori e consentono di entrare in un contatto più diretto con la realtà produttiva.

Una riflessione sulle annate presentate, a questo punto, si rende necessaria: se facciamo il confronto con le Guide Vini, nel primo semestre dell’anno Bolgheri ha presentato il Superiore 2018 e il Rosso 2019 e lo stesso avrebbe fatto se avesse partecipato alle Anteprime di Toscana.

A settembre invece si va già avanti di un anno e si presentano i vini che andranno sotto il torchio delle Guide, della critica e delle fiere (covid permettendo) nella primavera dell’anno prossimo, in condizioni di evoluzione sensibilmente diverse. È vero che gli ospiti costituiscono il meglio della critica e del trade del vino, ma qualche dubbio nel corso degli assaggi resta in superficie e fa pensare alla necessità di una verifica successiva.

Bolgheri Toscana o Bolgheri Supertuscan?

Bolgheri ha richiesto il cambio di disciplinare per l’introduzione obbligatoria di “Toscana” in etichetta.

Su Drinks Business del 25 agosto Richard Woodard si interroga sull’attuale significato del termine “Super Tuscan” nel 2021 e se questo termine rimanga adatto allo scopo per cui fu creato, circa 50 anni or sono.

I tempi sono cambiati, i disciplinari anche e certi colpevoli ritardi della burocrazia italica sono stati colmati. Ora Super Tuscan non è più il vino da tavola che non trovava posto in un disciplinare, né è soltanto un vino da vitigni internazionali. Oggi tra i top Super Tuscan si trova anche il Case Basse di Soldera, che è Sangiovese, mentre la classifica LivEx 2021 sta creando il fenomeno dei “Burgundy of Italy” per i vini piemontesi.

Cinzia Merli, Albiera Antinori e Priscilla Incisa della Rocchetta. Foto Chloe Orlando

Super Tuscan oggi indica soprattutto uno stile di vino e, come dice Chloe Ashton, Wine Lister COO, “lo pseudonimo è guidato dal brand, ma con l’ovvio requisito di un vino di qualità eccezionalmente alta. Insomma per il collezionista questo nome rappresenterà sempre il primo punto di riferimento, la sicurezza di un porto di arrivo.”

Matthew O’Connell, responsabile degli investimenti al Bordeaux Index, afferma che “in sostanza questo termine ha una comprensione facile sul mercato internazionale il che significa che è adeguato allo scopo.” Per inciso quando i vari magazine internazionali richiedono i vini alle aziende o ai consorzi per le loro degustazioni periodiche non mancano mai di precisare: “controllate che ci siano i vostri Super Tuscan”.

Allora il nome Toscana accanto a Bolgheri in etichetta servirà a qualcosa? Quanti Super Tuscan continueranno ad esistere? Intanto ci sono alcuni famosissimi IGT Toscana per i quali era stato modificato il disciplinare e che hanno invece deciso che il loro brand viene prima di ogni altra cosa, a cominciare dal territorio e rimarranno nelle attuali condizioni.

Durante le degustazioni itineranti ho incontrato molti Bolgheri Superiore in monovitigno (Cabernet o Merlot) e i loro produttori si dicevano molto soddisfatti dell’accoglienza di mercato per questo stile. Ma c’è uno zoccolo duro che continua a preferire la classificazione in IGT Toscana e forse non crede per niente neppure in quella e nella parola Toscana e gioca esclusivamente sul brand.

Bolgheri DiVino 2021. Foto aerea

E qui entrano in gioco i meccanismi delle classifiche internazionali come LivEx e anche l’accesso alla Place de Bordeaux. Fenomeni che sono in qualche modo collegati. Il Colore di Bibi Graetz è uno degli ultimi arrivati e, appena entrato nella distribuzione della Place, è subito rientrato al secondo livello della LivEx 2021 in ottima compagnia nella gerarchia delle etichette più costose e ricercate del mercato secondario.

Il Masseto è l’unico “bolgherese” al primo livello, mentre al secondo livello, in compagnia del Bolgheri Sassicaia, ci sono il Messorio de Le Macchiole, e l’Ornellaia. Al terzo livello troviamo il Paleo Rosso de Le Macchiole, e Guado al Tasso di Antinori. Sei vini nei primi tre livelli, tre Bolgheri DOC e tre IGT Toscana oppure, se preferite il punto di vista anglosassone, sei Super Tuscan.

Non è di poco rilievo che nello studio LT Wine & Food Advisory che il Consorzio ha inviato con la cartella stampa, si riporti il risultato LivEx Top 10 2020 sottolineando il nono posto del Masseto, dopo Sassicaia e Ornellaia. Ogni tanto i Super Tuscan fanno comodo per il prestigio della zona, ma questa situazione non si risolverà certo con l’introduzione del nome Toscana in etichetta.

Bolgheri: il vino

Dopo tutte queste divagazioni, dopo tante considerazioni e discorsi che poi interessano solo un ristretto numero di addetti ai lavori, vogliamo alla fine parlare di vino. Insomma come sono usciti i vini di Bolgheri da questa impegnativa presentazione. Abbiamo sottolineato la precocità dell’epoca di presentazione dei vini nel contesto della loro evoluzione. Difficile, se non impossibile, fare considerazioni puntuali sui singoli vini. Quelle che restano sono le impressioni generali sul territorio e sulle annate.

A fine millennio a Bolgheri operavano una ventina di aziende su circa 200 ha di vigneti. Nel 2012, quando sono uscito dal Consorzio, avevamo circa 50 aziende per 1150 ha vitati. Oggi siamo a 65 aziende per 1350 ha e più di 6,5 milioni di bottiglie. Le considerazioni sui vini sono, però, rimaste le stesse di allora.

Mario Incisa della Rocchetta con il filgio Nicolò

Bolgheri è partita dietro il successo della geniale intuizione di Mario Incisa che volle portare a casa sua le uve di Bordeaux e il loro sistema di affinamento in piccoli legni. All’inizio furono pochi ma convintissimi produttori ad emularlo, con risultati di tutto rispetto che attirarono velocemente le attenzioni del mercato e della critica internazionale.

Poi su Bolgheri sono calate, con il nuovo millennio, legioni di produttori da tutta Italia. Tutto il meglio della produzione di vini di alta gamma non poteva non avere una vigna a Bolgheri. E non sono mancati neppure i piccoli e coraggiosi imprenditori, attratti dal clamore mediatico provocato da questi vini. In pratica si è verificato un interessante fenomeno di emulazione.

I grandi nomi della prima espansione portavano con sé la loro grande esperienza produttiva e una indiscussa professionalità e questo ha permesso di non modificare quelli che erano i termini del successo, tracciati prima da Mario Incisa, poi da quel Giacomo Tachis che amava definirsi un “mescolavino”, ma che aveva assimilato benissimo la storia e la cultura bordolese.

Giacomo Tachis

In seguito, durante il successivo big bang del nuovo millennio, grandi e piccoli hanno avuto la grande intelligenza di mantenere il timone in quella direzione e, approfittando di un terroir unico al mondo, hanno continuato a produrre nel segno di una qualità altissima e uniformemente distribuita.

BolgheriDiVino ha dimostrato proprio questo. Dovunque si giri lo sguardo, l’impressione è sempre quella di trovarsi davanti a vini dotati di grande piacevolezza, di grande complessità, di alte potenzialità di invecchiamento, ma sempre facilmente comprensibili e appaganti. Una qualità in grado di incontrare il consenso internazionale in maniera immediata, grazie proprio al fatto che i vitigni sono internazionali e conosciuti. Il terroir straordinario fa poi il resto contribuendo a creare una versione mediterranea di quelli che sono i grandi vini atlantici di Bordeaux.

Bolgheri DiVino 2021. Foto Chloe Orlando

Questo non significa essere arrivati e abbassare la guardia. Tornando alla classifica LivEx 2021, il primo livello è stato invaso da piemontesi (the “Burgundy of Italy”) e dai californiani (Colgin, Eisele, Harlan, Screaming Eagle, Sine Qua Non, e altri) mentre Bolgheri conta solo sul Masseto.

Sul Piemonte, mio primo amore, non ho mai avuto dubbi. Sui californiani ero fortemente prevenuto, soprattutto per i loro prezzi. Poi ho avuto la ventura di poter assaggiare qualcosa delle famiglie Harlan e Screaming Eagle e devo confessare di aver subito un colpo di fulmine. Come appartenente al “vecchio mondo”, alla viticoltura da clima freddo, non sono ancora riuscito a capire come si possano ottenere quei risultati strepitosi, ma sta di fatto che nel bicchiere ho trovato delle cose grandissime.

Bolgheri in anfora

Insomma Bolgheri non deve cullarsi sugli allori. Però, e questo è un mio modestissimo parere, non deve cedere facilmente a suggestioni di mode del momento, come quella delle tulipe di cemento, delle anfore, del cocciopesto, del rinnegare l’uso del legno piccolo.

Bolgheri DiVino 2021. Foto Chloe Orlando

Gli assaggi che mi hanno convinto di meno, infatti, sono proprio legati a questo tema. Già più comprensibili alcuni Sangiovese in anfora, tentativi da coltivare ulteriormente, ma, con buona pace dell’amico Michele Satta, per me il Sangiovese di Bolgheri non è tra i migliori del mondo.

Cabernet, Merlot Syrah in solo cemento o terracotta o cocciopesto sono caratterizzati da tannini polverosi e poco levigati, i profumi risentono sempre di note terrose non proprio accattivanti, il potenziale di evoluzione non mi è chiaro. E non credo proprio che sarà il Cabernet in cemento a scalzare dalle classifiche Screaming Eagle.

Lo stile Bolgheri è ormai un dato acquisito, riconosciuto e riconoscibile ed è molto rischioso cercare di cambiarlo proprio nel momento in cui comincia a diventare elemento certo e universalmente inconfutabile.

4 settembre 2021

Paolo Valdastri