Il suo destino era quello di sporcarsi le mani. Prima con vernici e colori, poi con la terra.

Bibi Graetz viene da una formazione artistica. Padre israeliano e scultore di rilevanza internazionale, madre norvegese figlia di artisti, Bibi si iscrive al liceo artistico e si dedica a una pittura istintiva, gestuale, scavando nella tela per riempirla di colore. A 25 anni prende a occuparsi del castello di famiglia, Vincigliata, poi, dopo averlo lanciato come polo multiculturale con 130 iniziative l’anno, decide di dedicarsi alla vigna e lo fa mettendoci la faccia. E le mani e il sudore.

Ph. Gianmarco Rescigno. 9 Aprile 2021. Bibi Graetz Wine Tasting

Dei vigneron borgognoni ha la determinazione e la testardaggine, caratteristiche  tipiche di chi ha le idee chiare e sa perfettamente a quale obiettivo vuole arrivare. Il termine vigneron proviene da “vigne ronde” e vorrebbe sottolineare il fatto che il vigneron provvede effettivamente a curare di persona la vigna a differenza di un viticoltore che semplicemente la gestisce con il lavoro altrui.

La vigna giace sulle colline di Fiesole, non particolarmente rinomate per il vino, ma è composta da viti molto vecchie, dai 30 ai 70 anni, quelle che i francesi venerano e che indicano con enfasi nelle etichette come “vieilles vignes”, un certificato di nobiltà. A 300m di altitudine il suolo è dominato da argilla e galestro, con esposizione nord-est est.

All’inizio Bibi fa i primi esperimenti con l’amico Jurij Fiore. Ammira i suoi vini sulla collina di Ruffoli a Greve. Poi si appoggia ai consigli di Alberto Antonini, grande esperto di vigna e di cantina. È lui che gli insegna ad apprezzare quelle vecchie viti di Colorino e di Canaiolo che un tempo erano imprescindibili accompagnatrici del Sangiovese negli uvaggi chiantigiani. Bibi, fin da subito, legge la vite e il vino secondo i suoi canoni di artista, la sua vitalità, e un pizzico di incoscienza caratteristico del personaggio fuori dal comune. Ad Antonini dice di voler realizzare il miglior vino del mondo e ci riesce prima di ogni ragionevole attesa e proprio con il Colorino e il Canaiolo.

9 Aprile. Verticale Colore Bibi Graetz

Nasce Colore

Il Colore nasce con la vendemmia 2000, ma sono pochissime bottiglie, tutte destinate all’Enoteca Pinchiorri, quindi fuori dai normali canali del commercio. All’inizio non vengono neppure nominate dalle Guide, che invece parlano dei suoi Testamatta, anch’esso nato con il 2000, poi dello Scopeto, del Casamatta, del Grilli, dell’It’s a Game, del Soffocone e dei vini del Giglio il Bugia, il Cicala, il Testamatta bianco.

Fin da subito Bibi mette in pratica le sue personali convinzioni. In vigna cura le viti una per una, le controlla, le assiste, le carezza, ci parla. In cantina vuole che la fermentazione avvenga in legno, in barrique aperte. Lo faceva anche Mario Incisa con i suoi primi Sassicaia, ispirato però dal Margaux e non dall’istinto artistico. Il risultato c’è tutto e il vino è carnoso, succulento, ma con l’eleganza dello stile borgognotto. Con l’annata 2001 viene inserito nell’uvaggio anche il Sangiovese e Bibi porta il Colore al Vinexpo di Bordeaux dove viene premiato come miglior vino rosso del mondo.

Colore: le annate

La cura maniacale della vigna dà i suoi frutti anche nel 2003, una delle estati più torride che si ricordino e Bibi lega ogni singolo tralcio a raggera a 15 cm l’uno dall’altro, riuscendo a mitigare gli effetti della calura e ricevendo addirittura gli elogi del suo agronomo. Arrivano anche legni nuovi, barrique che devono essere impiegate con il guanto di velluto con il Colore, per evitare eccessi di profumi vanigliati e speziati, molto di moda in quegli anni. Il modello per il Colore è la Borgogna e non il Bordeaux.

9 Aprile. Verticale Colore Bibi Graetz

Nel 2004 si aggiungono i vigneti di Siena, a 350 m di altitudine, con suoli ben dotati di materiale organico e freschi, con alta percentuale di pietra silicea, che conferisce un carattere particolare al vino. I grappoli sono grossi e concentrati, e portano struttura e potenza al vino. Bibi si occupa in prima persona degli assemblaggi e della scelta del giusto blend e il risultato è ancora eccezionale.

Nel 2005 c’è un altro colpo di genio, se non una vera e propria premonizione. Bibi il 18 settembre decide di vendemmiare con urgenza, allarmato da un meteo incerto. Si impiegano trenta persone e la vendemmia si conclude in tre giorni. Dopo, il diluvio affoga i vigneti per tre settimane. In cantina vengono eliminati i lieviti selezionati e si ricorre alla fermentazione spontanea. I lieviti sulle bucce e quelli residenti in cantina sono buoni e sani e il Colore se ne giova.

Il Colore 2006 è Wine of the Year per il Wine Spectator di James Suckling. Ormai il Colore fa parte della storia del vino Toscano e mondiale.

Con il 2008 entra nel blend anche una vecchia vigna di 80 anni situata a Lamole. Per chi ama il Sangiovese e il Chianti Classico, Lamole rappresenta uno dei luoghi cult per la produzione di vini fini eleganti, complessi e in grado di invecchiare molto a lungo. I suoli sono sciolti e sabbiosi, con argilla e galestro, ricchi di materiale organico e scuri, molto drenanti. Il clima è tipico dell’alta collina. Le vecchie vigne sono allevate ad alberello lamolese (gobelet o royat). Le vigne sono totalmente a terrazze, esposte a sud-est a 620 m di altitudine. Nel blend il Sangiovese è sempre al 33%, con un disegno stilistico che si fa sempre più preciso e equilibrato.

Si lavora nell’antica vigna di Vincigliata

La conferma arriva con la splendida annata 2009. Il merito va ascritto anche al sistema di vendemmia messo in atto da Bibi: si fanno fino ad 8 passaggi in vigna raccogliendo manualmente i soli grappoli perfettamente maturi al momento. Una seconda selezione avviene in cantina con i tavoli di triage per grappolo e poi per chicco.

La fermentazione è sempre in barrique aperta, mantenendo divise tutte le parcelle di vigna, e dura due settimane. Si conferma l’uso di lieviti indigeni. Si fanno da 6 a 8 follature manuali al giorno, senza controllo di temperatura né salassi, e la macerazione sulle bucce dura un’ulteriore settimana, dopo di che il vino viene trasferito in barrique nuove per la fermentazione malolattica. Il blend finale viene deciso dopo almeno tre anni di maturazione in barrique.

Dal 2011 Bibi entra all’isola del Giglio e prende contatto con la sua viticoltura ancestrale. La filosofia di produzione si avvicina a quella biologica e biodinamica, non si fanno più cimature. Si orienta su una produzione sostenibile come dimostra il formato delle sue bottiglie, mai eccessivamente massicce e dimostrative. Il bello è dentro la bottiglia. Anche fuori, non nel vetro ma solo nell’etichetta dipinta da lui stesso.

Dal 2015 aumenta la percentuale di Sangiovese: 80% con Colorino e Canaiolo al 10% ciascuno, per passare al 90% di Sangiovese nel 2018 con le altre al 5% ciascuna. C’è anche una ricerca dell’alleggerimento dalle eccessive concentrazioni dovute agli effetti dei cambiamenti climatici: la vite diventa più produttiva, riducendo l’eccessivo accumulo di materia nel grappolo, preservando aromi e precursori aromatici.

L’obiettivo è sempre quello inteso a ottenere vini raffinati ed eleganti, agili e slanciati, insomma la Borgogna resta sempre quella statua di bronzo, opera d’arte sublime, alla quale ispirarsi.

Paolo Valdastri

https://www.bibigraetz.com