Non un vitigno ma un vino. “Un vino locale”, autoctono, fatto con uve da vitigni alloctoni che troviamo diffusi in altre zone. Croatina, Uva Rara (Bonarda) e Vespolina (Ughetta). Una sostanziale differenza: quelli usati per produrre il Barbacarlo sono diversi perché vengono allevati su di una collina dai suoli tufosi, con un microclima particolare.
Ecco perché, Lino Maga, l’inventore del Barbacarlo, li ricorda sempre come vitigni locali, di quella parte del pavese esposta a sud-ovest e che permette di “ricevere il sole tutto il giorno”.
In un caldo giorno di questa torrida estate 2020 mi sono ritrovato a Broni nell’Oltrepò Pavese, alla ricerca di due miti. Mito lui, mito il suo vino.
Sto parlando di Lino Maga, viticoltore, vignaiolo, filosofo alla sua maniera, contestatore, insomma “un personaggio” e del suo vino, Barbacarlo, assemblaggio di Croatina, Uva Rara, Vespolina, allevati nella vigna collinare posta a 300m s.l.m. con inclinazioni del 70% e un lavoro sfiancante da condurre solo a mano.
Vigna Barbacarlo sulla collina di Porrei da sempre proprietà dei Maga. E proprio il nome della vigna e del suo vino a ricordo perenne di “zio Carlo” (zio nel dialetto locale si traduce con Barba), un antenato che ripartì la proprietà tra i suoi nipoti alla fine del XIX secolo.
Tutti elementi indispensabili per capire Lino Maga, il Barbacarlo e la filosofia di vita d’entrambi.
Varcato l’ingresso a volta mi sono trovato in una corte tipica pavese, di quelle divise con altre famiglie, osservato da occhi indiscreti, abituati poco da presenze estranee. Alle 10 in punto, orario certificato dal vicino campanile della Chiesa, ecco arrivare con passo “stanco” lui, ultraottantenne (classe 1931) Lino Maga, fisico asciutto, con l’inseparabile cappello, consumando come in un rito l’ennesima sigaretta del mattino.
Mi osserva (non nascondo di essermi trovato in imbarazzo), mi scruta non distogliendo lo sguardo dal mio viso quasi a dire: “questo capirà di vino? Non sarà un perditempo?”
«Mi segua». Precedendomi apre la porta che conduce in un passato remoto, fatto di cimeli, bottiglie da tutto il mondo avute in regalo e mai bevute, con al centro un tavolo per la degustazione.
Tutt’intorno diverse foto che lo ritraggono con personaggi importanti come presidenti della Repubblica, cardinali, filosofi, scrittori, attori, figure di grande credibilità e quelle più amate che lo ritraggono con l’inseparabile amico di bevute qual era il giornalista sportivo Giovanni Brera.
Insieme alle foto, in bella evidenza, diversi “ammonimenti” scritti alla meglio che ricordano al visitatore i suoi pensieri filosofici come:
– Terra… Vite… Vino… La civiltà contadina in un bicchiere!
– Sono i terreni che fanno il Vino!
– La qualità del vino non nasce da una imposizione di legge, ma piuttosto da una vocazione del produttore.
– Il mio vino non esibisce diplomi né medaglie. L’unico autentico premio è il giudizio del consumatore!
– I francesi non sanno fare il vino, sono mediocri. Lo sanno vendere a peso d’Oro. Gli italiani sanno fare il vino. Non sanno venderlo e risulta per loro Piombo.
– Un consiglio per abbinare il mio Barbacarlo? Essere in due: la bottiglia e chi la beve!
– Volete lo spumante? Il meglio: Barbacarlo naturale rosso!
Quest’ultima affermazione per la presenza nell’assemblaggio dell’uva rara, chiamata anche Bonarda, che con il suo trasporto di carbonica rende leggermente effervescente il vino.
Il tutto avvolto in una cappa di fumo di sigarette che rende tutto surreale. Anche la signora che lo aiuta nelle degustazioni fuma come una “turca” e collabora nel servizio dei vini con la sigaretta che pende dalle labbra.
Vi dà noia il fumo? Evitate la visita da Lino Maga, dove le leggi antifumo si fermano all’ingresso.
E non parlate di papille gustative che assorbono nicotina e rendono gli assaggi “truccati”. Vi tiene seduti per ore dimostrando alla fine che il piacere del tabacco è interconnesso con il piacere di un “buon bicchiere di rosso”. Personaggio da accettare così, autentico, sanguigno e pertanto “favoloso”.
È lui a raccontare la storia di famiglia, le battaglie in difesa del nome Barbacarlo opponendosi a consorzi, produttori, denominazioni, politica e quello che lui chiama “il sistema”. Solo contro tutti. E alla fine il Barbacarlo è solo suo!
Infine, visto il mio interessamento e il continuo assenso a tutte le sue innumerevoli espressioni filosofiche, ha iniziato a parlare dei “segreti”: conduzione in vigna e in cantina.
«L’azienda Barbacarlo si estende su circa 8 ettari vitati. Nessun diserbante o prodotti chimici, solo lavoro di braccia. La raccolta è selettiva. In cantina arriva solo il meglio della produzione».
«Fermentazioni con macerazioni in vecchie botti di rovere. Dopo la svinatura diversi travasi per la decantazione naturale. In primavera l’imbottigliamento, un primo affinamento orizzontale per poi passare alla posizione verticale per la vendita».
Berlo subito? Sconsigliato, l’affinamento in bottiglia deve essere nel tempo, fino anche a trent’anni. Il fondo che s’intravede è sinonimo di alta qualità. Evitare di agitare la bottiglia.
«Il Barbacarlo va rispettato e lui riserverà magiche emozioni».
Gli assaggi
Personaggio inserito nel suo mondo di provocazioni cerca il suo cavatappi personale che altro non è che il classico cavatappi casalingo, con le caratteristiche “ali” d’estrazione.
«Si meraviglia per l’utilizzo di questo cavatappi evoluzione del tirabusciòn a vite?». Rispondo ricordando che nelle tecniche di servizio stabilite dalle Associazioni delle Sommellerie è categoricamente vietato.
«Perché? È il più comodo, semplice ed estrazione sicura. Deve sapere che Dominick Rosati che lo progettò in parte nel 1930, lo ritenne il sistema più semplice, maneggevole per l’uso al quale era chiamato. E la versione più moderna, da attribuire a Tullio Campagnolo realizzata nel 1966, che recepì la necessità di avere anche una possibilità di stappare i tappi a corona, lo ha reso ancor più funzionale». Il tutto accompagnato da una alzata di spalla, come dire “è stupido negarlo”.
Inutile insistere, avrei perso anche questa battaglia.
Gli assaggi non porteranno le mie considerazioni in voti. Una scelta dovuta vuoi al personaggio carismatico e un po’ permaloso vuoi ai vini stessi, diversi tra loro.
– Barbacarlo 2016. Naso che sprigiona un’incantevole complessità aromatica. Il palato che si snoda in una lunga e persistente sensazione di freschezza (acidità e sapidità).
– Barbacarlo 2017. Definito da Lino Maga “problematico”, da bere con amici che possono capire le varie evoluzioni.
– Barbacarlo 2018. Merita la menzione ed un augurio: invecchiare con queste sensazioni olfattive e gustative.
– Montebuono 2017. Infine abbiamo parlato di un secondo vino dove il tocco di barbera unisce all’eleganza gustativa quella caratteristica di fruttato che non guasta. «Ogni anno la natura gli dà la propria impronta madre per cui ogni annata porta un particolare carisma».
«Deve sapere che mangio presto e i rintocchi del campanile della chiesa sono stati 12, li ho contati». Come dire che il tempo a disposizione era scaduto. Ho aggiunto: “anche il pacchetto delle sigarette è finito”.
Un arrivederci diverso da inserire nella descrizione del personaggio. Lino Maga e il suo vino eterno. Chapeau!
Urano Cupisti
Visita effettuata il 4 agosto 2020
Azienda Barbacarlo
Strada Statale Bronese, 3
Broni (PV)
Tel: 0385 53890