Reduce da un’edizione dello scorso anno con molti campioni in assaggio completamente scombinati perché in corso d’opera, quest’anno invece è andato tutto benissimo…

Non Vi nascondo che quest’anno mi sono recato a San Gimignano per l’Anteprima dell’annata 2016 del vino bianco toscano più rappresentativo (non me ne vogliano i produttori di Vermentino…) senza sapere bene che cosa aspettarmi. Ero reduce da un’edizione dello scorso anno con molti campioni in assaggio completamente scombinati, perché in corso d’opera: ancora velati, con acidità scomposte, dalle componenti aromatiche e gustative poco leggibili. Oltre a un’impressione generale di vini sottili, in debito di quell’opulenza che un poco mi aspettavo dall’annata 2015: una tendenza poi confermata in più tarde degustazioni compiute per conto della Guida Vini Buoni d’Italia con la quale ho l’onore di collaborare. E’ verosimile che la calura del millesimo abbia causato qualche arresto di maturazione in vigna, con conseguenze negative sulla compiutezza dei risultati finali.

Il fatto è che la Vernaccia di San Gimignano ha una duplice natura: i vini di annata tendono a una bevibilità più immediata, anche se in più di un’occasione possono giovarsi di un invecchiamento di 2-3 anni, a seconda dello stile del produttore. Le Riserve, al contrario, per dispiegare tutta la loro profondità e fascino, hanno bisogno di un tempo che volentieri si concede loro. Ma in sede di Anteprima vengono colti nella fase più indecifrabile del loro percorso, anche e più dei vini rossi assaggiati nella stessa settimana (con tutto che in quel caso si deve fare i conti anche con la maturità dei tannini).

Invece quest’anno è andato tutto benissimo: riassaggi di referenze 2015 piacevolmente confortanti, con le aziende che meglio hanno saputo convivere con il carattere estremo dell’annata che hanno lasciato riposare i loro vini abbastanza a lungo da mostrarne la piacevolezza. I campioni di Vernaccia 2016 apparsi tonici, equilibrati, sapientemente in bilico tra sapidità e precisione di frutto. E le neonate Vernaccia Riserva 2015 ovviamente al momento più reticenti, ma in possesso di un’energia, di una freschezza e una profondità minerale che lascia ben presagire per il futuro. Ad un successivo articolo una mia personale selezione degli assaggi più significativi.

Infine, un accenno alla consueta degustazione organizzata dal Consorzio nella splendida cornice della Sala Dante del Palazzo Comunale, sotto lo splendido affresco della Madonna in Maestà di Lippo Memmi: cornice impareggiabile per un confronto, che ogni anno si ripete, tra la Vernaccia e una denominazione straniera; una formula che fu individuata per affermare la dignità e il valore del vino di San Gimignano, tappa fondamentale nell’ambito di un percorso che ha condotto la critica e il pubblico a riconoscerne la qualità (e i produttori a incrementarla).

Quest’anno l’impegno del presidente Letizia Cesani e della preziosa Elisabetta Borgonovi ha coinvolto la Master of Wine Rosemary George, che ha prescelto per l’amichevole tenzone l’oscura appellation francese La Clape, l’unica nella quale venga impiegato in prevalenza il vitigno Bourboulenc, in effetti sconosciuto ai più. Motivazione della scelta la comunanza di suoli di origine fossile marina nei rispettivi territori. All’assaggio, è in effetti apparsa una vaga consonanza nell’impianto gustativo dei campioni proposti. Ma, al contempo, la Vernaccia è sembrata dotata di una profondità e di un potenziale di evoluzione ben superiore. Inoltre, le referenze di Vernaccia prescelte sono apparse a più d’uno dei presenti un poco fuori contesto: nel senso di vini di annata più o meno palesemente disegnati per un consumo in tempi relativamente brevi, invece indicati da Mrs. George come propensi all’invecchiamento.

In sintesi: la promozione internazionale del vino italiano è irrinunciabile, e bene che un Master of Wine vi sia coinvolto: ma la comprensione di una denominazione non banale si costruisce con la frequentazione, l’assiduità e soprattutto l’umiltà (non che questa a Mrs. George manchi, beninteso). Il Consorzio ne è ben consapevole, e non mancherà di rinnovare i propri sforzi per garantire alla Vernaccia il riconoscimento che le compete tra i grandi bianchi italiani.

Riccardo Margheri