Negli anni ’60 io non ero nata, ma so che di imprenditrici femminili non se ne vedevano molte. E di imprenditrici femminili che fossero anche sommelier? Correggetemi se sbaglio, ma penso che si potessero contare sulle dita di una mano.
Una di queste era Cristina Milozzi, classe 1941, che a 27 anni aveva già le idee chiare e una personalità tutta da esprimere; è così che nel 1968 apre insieme al padre e alla sorella, Al Ceppo, in via Panama 2 a Roma.
Sarà stato forse, che questo era il ristorante preferito del padre, dove si recava ogni volta a pranzare quando dalle Marche scendeva per lavoro nella capitale; sarà stato l’animo commerciale trasmesso in famiglia da generazioni; o forse, lo scalpitio rivoluzionario degli anni ’70. Ad ogni modo, quali che siano state le influenze che hanno teso a formare l’animo così complesso di Cristina Milozzi, tra il tenace, l’ambizioso, l’amorevole e il passionale, lei ha saputo forgiare l’anima del Ceppo.
Come una madre che cresce il figlio, Al Ceppo trasmette tutto l’amore che vi è stato riversato, tutta la cura con il quale viene “vestito” ogni giorno, avvolgendo ogni visitatore con un calore che ti inebria… prima ancora di aver bevuto uno degli ottimi vini presenti in carta.
A raccontarmi questa bellissima storia è Caterina Marchetti, la figlia di Cristina, oggi alla guida del Ceppo assieme alla madre.
«Mia madre non si è mai fermata. – mi racconta – Ha studiato la cucina con un approccio pratico: girando per ristoranti, fiere e cantine, in Italia e all’estero. Al fine di stare costantemente al passo con i trend, sperimentare e rinnovarsi. Ma sempre, lasciando la sua impronta nei piatti che faceva e fa uscire dalla cucina del Ceppo ogni giorno. Uno stile tradizionale, concreto, schietto e curato in ogni minimo particolare».
Anche lo stile di arredo del Ceppo è classico, anzi direi super classico. Quadri ad olio su tela, con splendide cornici in legno, in prevalenza riportano ritratti femminili, sguardi di dame adornate dai loro splendidi vestiti di una volta, tutti merletti e piume. Accompagnano i commensali nella sala principale enormi lampadari di cristallo, rigorosamente tirati a lucido che si interrompono nella sala di sinistra per abbracciare uno stile più arioso, dove grandi vetrate e fiori fanno da protagonisti.
L’atmosfera è molto elegante e affascinante. Si ha davvero l’impressione di essere degli invitati speciali in una casa accogliente e curata. Davvero peculiare.
Al Ceppo con Fornacelle
Confesso che sono stata varie volte a mangiare Al Ceppo, ma oggi riporterò solo il menù dell’ultimo pranzo per il quale ho ancora l’acquolina in bocca.
Questo è stato per me un’occasione speciale, in cui ad ogni portata del menù erano abbinati i vini di una storica azienda bolgherese: Fornacelle.
Ho la consuetudine di assaggiare sempre per primo il pane che ti servono al tavolo.
Secondo me si definisce molto la cura di un servizio dalla qualità della cosa più semplice che un ristorante può offrirti. Ebbene, la schiacciata alla genovese del Ceppo, è qualcosa di incredibile. Tre dita di altezza per una sofficezza che fa ricordare il panettone. Una crosta dorata e croccante.
Una meravigliosa fragranza di olio e grano in un morso che ti lascia la bocca perfettamente pulita.
La prima portata agli occhi di chi non conosce Al Ceppo può sembrare banale. Leggo nel menù: Olive ascolane.
Trovandosele davanti invece, in un delizioso piattino di porcellana, si nota subito lo stile. Frittura delicatissima all’esterno, un’oliva gigante riempita da un morbido cuore di carne di manzo. In abbinamento Zizzolo, Bolgheri Vermentino DOC e il Semillon Fornacelle.
La seconda portata è un flan di Castelmagno con zuppetta di vino rosso e pere. Un gioco di sapori delicati ed incisivi. Un perfetto abbinamento per Zizzolo, Bolgheri Rosso DOC.
Ho chiesto dell’olio: altro fattore che a mio modesto parere, è molto significativo della cura che i ristoratori riservano ai propri ospiti. Mai mi ero vista portare un vassoio d’argento con 8 oli diversi. Ovviamente li ho provati tutti in abbinamento alla mia schiacciata preferita.
Prosegue il pranzo con degli splendidi ravioli all’amatriciana con guanciale croccante. Un’esplosione di gusto che tiene il gioco perfetto ai due Bolgheri Superiore: Guardaboschi, tipico blend bolgherese e Foglio 38, Cabernet Franc in purezza.
La magia continua con delle succulente costolette d’abbacchio alla scottadito. Un piatto succulento e corposo, come il Merlot in purezza di Fornacelle, Erminia.
Questa splendida esperienza enogastronomica termina con un fantastico gelato di castagna con squaglio di cioccolato. Uno show alla vista e al palato.
A destreggiarsi nel servizio dei vini, Luigi De Gennaro, sommelier di sala e fidato braccio destro di Caterina nell’attenta scelta dei vini che compongono la selezionatissima carta. Vecchie annate, etichette storiche e moderne, da tutto il mondo. «Dalla storia della barrique al vino naturale c’è di mezzo un mondo. Noi scegliamo i nostri vini andando direttamente alla casa di origine» mi raccontano.
Un posto in cui ti senti a casa, coccolato e affascinato dalla grande cura e personalità che Cristina e Caterina sanno trasmettere in ogni angolo di questo posto. Al Ceppo.
Alice Romiti