Ancora più articolata  la fotografia dell’agricoltura italiana che emerge dai dati definitivi del 6° Censimento Generale dell’Agricoltura. Rispetto ai dati preliminari, vengono mostrate con maggiore nitidezza le trasformazioni che hanno interessato il comparto nell’ultimo decennio, un periodo complesso per l’agricoltura italiana, influenzata fortemente dalla crisi economica, dalla volatilità dei prezzi delle commodity agricole, dai mutamenti nella Politica Agricola Comunitaria, nonché dalle nuove sfide legate alla sostenibilità ambientale.

 

I risultati definitivi di questa sesta tornata censuaria confermano le tendenze emerse dai dati preliminari, mostrando un’agricoltura caratterizzata da aziende agricole diminuite di numero, ma di dimensione maggiore, nelle quali continua a prevalere il carattere familiare, ma con importanti segnali di rinnovamento verso forme flessibili di gestione fondiaria, verso modalità di conduzione da parte di società di capitali, verso una accresciuta utilizzazione di manodopera salariata. Il rinnovamento dei capi azienda è ancora lento in termini di età e titolo di studio, con tendenziale crescita della quota di aziende condotte da donne, ma accelera la diversificazione delle attività aziendali e si evidenzia una maggiore attenzione alla tutela del territorio. Queste tendenze si manifestano con diversa intensità nelle varie aree geografiche del Paese, confermando il divario esistente, in termini di produttività e di modernizzazione, tra l’agricoltura del Nord e quella del resto del Paese.

 

DIMINUISCONO LE AZIENDE, MA CRESCE LA DIMENSIONE MEDIA

Sono 1.620.844 le aziende agricole e zootecniche attive in Italia (-32,4% rispetto al 2000). La dimensione media è di 7,9 ettari di Superficie Agricola Utilizzata (SAU) (+44,2%). La SAU complessiva è pari al 42,8% del territorio nazionale (12,9 milioni di ettari totali), in diminuzione del 2,5% rispetto al 2000.

Negli ultimi dieci anni si è assistito in tutte le regioni di Italia ad una diminuzione del numero di aziende, fenomeno questo che ha interessato prevalentemente quelle di piccola e media dimensione (inferiori a 30 ettari), mentre quelle con 30 ettari e oltre di SAU sono aumentate sia in numero che in superficie: nel 2010 esse rappresentano il 5,3% delle aziende italiane e coltivano il 53,8% della SAU nazionale. Allo stesso tempo si è riscontrata una crescita della dimensione media delle aziende, in particolar modo nell’Italia insulare (+79,8%) e nel Centro (+51,1%). Nonostante ciò, le aziende del Nord continuano ad avere le maggiori dimensioni medie (14,4 ettari di SAU per azienda nel Nord-ovest e 9,8 nel Nord-est), mentre al Sud si rileva il valore più basso (5,1 ettari per azienda).

 

LA GESTIONE FONDIARIA DIVENTA PIU’ FLESSIBILE

La struttura agricola e zootecnica italiana, pur continuando a basarsi su unità aziendali di tipo individuale o familiare (96,1%), nelle quali la conduzione diretta dell’azienda da parte del conduttore e dei suoi familiari rappresenta la forma prevalente (95,4%), mostra significativi segnali di cambiamento. In particolare, la struttura fondiaria risulta molto più flessibile rispetto al passato, grazie al maggior ricorso a forme di possesso dei terreni diversificate e orientate sempre più all’uso di superfici in affitto o gestite a titolo gratuito. La SAU in affitto è aumentata del 50,3% e quella in uso gratuito del 110,8%, raggiungendo complessivamente il 38,1% del totale (era il 23,2% nel 2000).

Evidente è poi la crescita degli investimenti nel settore da parte di società di persone o di capitali e di cooperative. Le aziende condotte in forma societaria aumentano del 48,2% rispetto al 2000, pur continuando a rappresentare solo il 3,6% del totale delle aziende censite. Esse, tuttavia, coltivano il 17,7% della SAU rilevata nel 2010.

 

SI CONFERMA LA PREVALENZA DEI BOVINI, MA RILEVANTE E’ LA CRESCITA DEL SETTORE BUFALINO

Su un totale di 217.449 aziende con allevamenti sono 124 mila le aziende che praticano l’allevamento bovino, pari al 57,1% di quelle zootecniche. Questo tipo di allevamento è particolarmente diffuso nel Nord del Paese, in particolare in Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna. Nel complesso queste quattro regioni detengono poco meno dei due terzi (64,6%) del patrimonio bovino italiano.

In controtendenza rispetto agli altri tipi di allevamento, il settore bufalino registra un incremento sia di aziende allevatrici sia di capi allevati rispetto al 2000. Il numero di aziende passa da 2.246 a 2.435 (+8,4%), mentre i capi raddoppiano, passando da 182 mila a 360 mila. Gli allevamenti sono concentrati in Campania e Lazio (che insieme detengono l’82,2% delle aziende e il 90% dei capi).

Più in generale le regioni del Nord si confermano essere quelle a maggiore vocazione bovina, suina ed avi-cunicola, mentre quelle del Centro-Sud e delle Isole continuano ad essere tradizionalmente legate all’allevamento ovi-caprino e bufalino.

 

DIMINUISCE LA FORZA LAVORO, AUMENTA LA MANODOPERA SALARIATA

Pur confermando la struttura tradizionale dell’agricoltura italiana, i risultati del 6° Censimento evidenziano significativi segnali di cambiamento a testimonianza di un settore in lenta, ma chiara evoluzione socio-economica. In dieci anni la forza lavoro è diminuita del 50,9% e si è spostata verso la manodopera salariata (la cui quota passa dal 14,3% al 24,2% tra il 2000 e il 2010). La quota di manodopera femminile risulta pari al 37%. La presenza dei familiari in azienda tende a diminuire (-56,6%), ma coloro che restano intensificano il proprio apporto, specializzandolo e professionalizzandolo. Circa il 99% delle aziende agricole fa ricorso a manodopera familiare, un dato che conferma come la famiglia rappresenti il tessuto connettivo della produzione agricola nazionale, attorno alla quale ruotano decisioni e strategie imprenditoriali.

 

SIGNIFICATIVO IL NUMERO DI LAVORATORI STRANIERI

Il Censimento del 2010 ha rilevato per la prima volta informazioni sugli stranieri operanti all’interno dell’azienda agricola la cui presenza risulta essere sempre più significativa. In particolare, i lavoratori stranieri, pari a 233 mila unità, rappresentano il 24,8% della manodopera aziendale non familiare e il 6,4% di quella complessiva. Il 57,7% della forza lavoro straniera proviene da Paesi dell’Unione Europea, mentre il 42,3% da Paesi non appartenenti all’Unione. La distribuzione per tipo di contratto stabilito con l’azienda evidenzia come i cittadini extra UE prevalgano nella forma di lavoro continuativa, mentre nelle forme contrattuali più flessibili sono relativamente più frequenti gli stranieri appartenenti a paesi membri dell’Unione europea.

NEL SUD E NEL CENTRO ITALIA CRESCE IL NUMERO DELLE DONNE A CAPO DELLE AZIENDE

Il 30,7% delle aziende oggi è gestito da un capo azienda di genere femminile. Valori superiori alla media si registrano nel Sud (34,7%) e nel Centro Italia (31,9%). Molto ridotta è invece la gestione aziendale da parte di stranieri (0,1%), con valori più elevati nel Sud (0,6%). In generale, la formazione dei capi azienda è decisamente ancora molto legata all’esperienza di campo e meno al grado di istruzione conseguito: il 71,5% dei capi azienda ha un livello d’istruzione pari o inferiore alla terza media (70,8% per gli uomini e 73% per le donne). Solo il 6,2% dei capi azienda è laureato e solo lo 0,8% risulta aver acquisito una laurea ad indirizzo agrario.

LA PRODUZIONE BIOLOGICA CONQUISTA IL MEZZOGIORNO

Sono 44.455 le aziende biologiche nel nostro Paese (il 2,7% del totale nazionale). Particolarmente rilevante appare la loro presenza nel Mezzogiorno, dove si trova il 63% delle aziende che praticano la produzione biologica. In particolare, nelle Isole si registra il valore più elevato di superficie biologica media per azienda (24,9 ettari per azienda) e quote più elevate di capi allevati con metodo biologico sul totale, per quasi tutte le specie.

Nel settore zootecnico il metodo di produzione biologico risulta essere relativamente più diffuso nell’allevamento dei caprini (9,8% del totale dei capi allevati) e degli ovini (9,1%).

GLI AGRICOLTORI ITALIANI SCELGONO L’ENERGIA SOLARE

Gli investimenti per la produzione di energia da fonte rinnovabile interessano 21.573 aziende agricole, prevalentemente di grandi dimensioni, localizzate soprattutto nel Nord Italia (62% del totale). La tipologia di impianto più diffuso è quella solare (80% delle aziende hanno impianti di energia rinnovabile), seguita da quella relativa alla geotermia (11%) e da quella che utilizza biomassa (9%).

 

Il contributo delle aziende agricole per la produzione di energia da fonte rinnovabile deriva anche dalla coltivazione di specie vegetali utilizzate a fini energetici e non alimentari. In tale produzione sono coinvolte 1.382 aziende, prevalentemente localizzate nel Nord del Paese (78% del totale nazionale), che destinano a tali colture 17.018 ettari.

MAGGIORE ATTENZIONE ALL’AZIENDA, MAGGIORE TUTELA DEL TERRITORIO

Durante il triennio 2008 – 2010 le aziende agricole interessate alla manutenzione e/o alla realizzazione di siepi, filari di alberi e muretti – attività importante per la prevenzione di eventi di dissesto idrogeologico del territorio – sono state 273.923, il 16,9% del totale aziende con superficie. Un altro indicatore dell’azione di presidio sul territorio da parte delle aziende agricole è rappresentato dalla vicinanza della residenza del conduttore o della sede legale della persona giuridica al centro aziendale: ebbene, l’80% dei conduttori o delle persone giuridiche risiede nello stesso comune nel quale è localizzato il centro aziendale. La distribuzione del fenomeno a livello regionale mostra che tale percentuale aumenta passando dal Mezzogiorno al Nord.

 

I PROSSIMI APPUNTAMENTI DEL 6° CENSIMENTO DELL’AGRICOLTURA

L’Istat mette a disposizione del Paese i risultati definitivi del 6° Censimento mediante il datawarehouse (http://dati-censimentoagricoltura.istat.it) accessibile sia direttamente dal sito dell’Istat (www.istat.it cliccando sull’icona I.Stat), sia dal sito dedicato (http://censimentoagricoltura.istat.it/). Il datawarehouse comprende al momento 14 ipercubi ed entro la fine dell’anno si arricchirà di altri 37, organizzati in 2 temi di primo livello (dati riferiti al centro aziendale e dati riferiti al comune di localizzazione dei terreni/allevamenti) e 10 sottotemi di secondo livello (struttura delle aziende agricole, coltivazioni, allevamenti, manodopera, altre attività, caratteristiche tipologiche, indicatori, serie storiche, coltivazioni per ubicazione, allevamenti per ubicazione). I dati vengono diffusi per tutti i livelli territoriali, fino a quello comunale e consentono all’utente interessato il confronto con i tre precedenti censimenti agricoli per le principali variabili.Sest