Storia e geografia dell’olio, usi e produzione in tutto il mondo.

La coltivazione dell’ulivo (o Olea Europaea) per la produzione di olio di oliva nel bacino del Mediterraneo ha radici antichissime. Già dal 5000 a.c. si coltivava nelle regioni della Palestina, Siria, Libano e Creta, da dove si è poi diffuso in tutto il Mediterraneo. Gli atleti dell’antica Grecia si cospargevano tutto il corpo di olio perché ritenevano avesse poteri mistici, è stato usato anche come medicinale. L’albero dell’ulivo è sempre stato simbolo di abbondanza e pace, non dimentichiamoci che dopo il diluvio universale, la colomba tornò a Noè con un ramo di ulivo nel becco. Attualmente nell’Unione Europea i maggiori produttori sono Spagna, Italia, Grecia e Portogallo mentre al di fuori della CE troviamo Tunisia e Marocco. Due sono i metodi di raccolta delle olive, manuali o meccaniche. Il primo avviene con pertiche flessibili o appositi pettini, l’altro per scuotimento dell’albero. In tutte e due i casi, le olive cadono in apposite reti poste ai piedi dell’albero, vengono successivamente chiuse, raccolte e portate al frantoio. Non meno importante al fine di ottenere un olio extra vergine di oliva privo di difetti è anche il metodo di stoccaggio delle olive, vanno raccolte in apposite ceste aerate in plastica in modo che le olive non si pressino, poste lontane da fonti di calore e frante nel giro di 24 ore in modo che non diano origine a difetti quali il “riscaldo” o addirittura “muffa”.  L’olio di oliva anzi l’olio extra vergine di oliva si ricava dalla spremitura meccanica a freddo (non superiore a 26° C.) della drupa dell’ulivo. L’operazione di estrazione dell’olio, avviene in quattro fasi principali:

  • frangitura
  • gramolatura
  • spremitura
  • separazione acqua/olio.

La frangitura deriva dal nome frantoio, significa rompere; difatti in questa fase le olive vengono frante, cioè sia la polpa delle olive che i noccioli vengono frantumati dalle molazze (come avveniva nei vecchi frantoi) o dai martelli o coltelli (nei nuovi frantoi) ottenendo cosi una pasta di olive che, giunta alla giusta dimensione di triturazione fuoriesce e passa nella gramola. La gramolatura consiste nel repentino e prolungato mescolamento della pasta di olive. Questa tecnica favorisce l’unione delle goccioline di olio presenti nella pasta. Finita la gramolatura, l’impasto passa alla spremitura cioè all’estrazione vera e propria dell’olio. La pasta viene posta su dischi di fibra vegetale (fiscoli) anche se oggi vengono prodotti in materiale sintetico. I fiscoli vengono impilati ed intervallati da dischi di acciaio, ciò serve per uniformare la pressione di spremitura. Fatto ciò, si passa alla pressatura dove fuoriescerà l’acqua di vegetazione mista all’olio mentre la parte solida rimanente sui fiscoli è la sansa da cui (chimicamente) si estrarrà l’olio di sansa ma questa è un’altra storia. Una volta estratto l’olio (ricordo che è mescolato con l’acqua di vegetazione), per effetto del peso specifico e della centrifugazione, questo viene in superficie dove viene raccolto e messo a decantare. Ha molte capacità benefiche, è ricco di sostanze antiossidanti ed ha la proprietà di combattere il colesterolo, ma soprattutto è il cibo più semplice per le genti del Mediterraneo, un po’ come il burro per i popoli del nord Europa anche se l’olio risulta essere tra i grassi alimentari il più salutare. Il sapore dell’olio varia a seconda della varietà delle olive con cui è prodotto, dal grado di maturazione, modalità di raccolta del frutto, l’annata, luogo di produzione ecc. ma molti non sanno che l’olio più è amaro e più è di qualità, tranne qualche sporadico caso ma dipende dalla varietà di oliva. Tre sono i requisiti fondamentali che si richiedono ad un olio extravergine di oliva di qualità:

  • il fruttato
  • l’amaro
  • il piccante.

Ma soprattutto che non abbia difetti. Ricordiamo poi che esistono norme comunitarie (Disciplinari) che tutelano le produzioni degli oli a Denominazioni di Origine Protetta (DOP) e le Indicazioni Geografiche Protette (IGP), queste norme sono molto restrittive e servono per garantire un prodotto di qualità superiore e tradizionale ed in alcuni casi con particolare riferimento alle varietà usate (Monocultivar) ed al territorio ed in questo caso devono essere autoctone.