venerdi 25 gennaio ore 18 e 30 Hotel Excel di Roma via degli Scolopi 31

L’azienda Contrade di Taurasi festeggia con Slow Wine i suoi 10 anni di attività  Prima verticale storica di Taurasi dal 1998 al 2008  venerdi 25 gennaio  ore 18 e 30  Hotel Excel di Roma via degli Scolopi 31   Azienda Contrade di Taurasi  L’Azienda Contrade di Taurasi nasce con il marchio Cantine Lonardo, divenuto in seguito Contrade di Taurasi, nel 1998,  nel cuore del territorio storico di produzione, a Taurasi, per opera della famiglia Lonardo e si dà come missione quella di produrre vino da vitigni autoctoni,  studiando e sperimentando le migliori  tecniche colturali ed enologiche . La cantina dal 2011 ha il massimo riconoscimento – “la chiocciola” della guida Slowine –  a testimonianza della qualità e dei valori trasmessi.  Grazie alla loro disponibilità e a  Marina Alaimo che ha ideato la degustazione, curandone tutti i dettagli,  avremo il piacere di presentare nella bella sala meeting dell’hotel Excel:

Grecomusc 2011

 

Da vitigno autoctono su piede franco, salvato e vinificato in purezza

esclusivamente da Contrade di Taurasi.

 

Il Grecomusc’ di Contrade di Taurasi – foto fonte web

 

Taurasi

 

1998, 1999, 2000, 2001, 2003, 2004, 2005, 2007 e 2008

 

Coste e Vigne d’Alto 2008

 

( i due crù aziendali)

 

Francesca Rocchi presidente Slow Food Lazio

Luciano Pignataro giornalista de”Il Mattino” e responsabile Slowine Campania

Fabio Turchetti giornalista de”Il Messaggero” e responsabile Slowine Lazio

Marina Alaimo  giornalista e Slowine Campania

Flavio Castaldo archeologo e vignaiolo dell’azienda Contrade di Taurasi

Andrea Petrini Slowfood Roma e Wineblogger

Paolo Mazzola Slowine

 

 

 

La degustazione sarà accompagnata da:

Focaccia bianca del forno di Veroli di Franco Sanità

Pane di Montecalvo az. La Pacchiana

Mozzarella di bufala del consorzio “Mozzarella di bufala d.o.p.”

Pecorino maturato in grotta del Caseificio De Juliis

Capocollo di Mario Carrabs

Pecorino Carmasciano a.agr. d’Apolito

Gelato al Grecomusc dell’artigiano Roberto Troiani

 

Il costo dell’evento è 20 euro per i soci Slow Food e 22 Euro per i non soci

 

Per le prenotazioni:

Paolo Mazzola 3402637060

Andrea Petrini  3771615140

 

Lo starseto di Taurasi:

i resti di un antico paesaggio

di Flavio Castaldo

 

Taurasi è un piccolo paese rurale sulla riva del Calore, nel cuore dell’Irpinia. E’ diventato famoso  nel mondo per aver dato il nome all’unico vino DOCG rosso campano. E’ per tradizione ultracentenaria un paese produttore di vino. Sono suggestivi i racconti di molti anziani di quando commercianti di vino, provenienti da ogni parte d’Italia giravano per il paese alla ricerca di vino sfuso da acquistare. Ancora in paese si vedono case in stile Liberty che ricordano il periodo di massima fioritura di un tal tipo di commercio. Nei primi anni del XX secolo era non a caso anche la stazione ferroviaria da cui partivano vini e uve per le grandi cantine del nord dell’Italia e della Francia, dove la filossera ebbe effetti devastanti e si sentì la necessità di importare vini dal Meridione d’Italia, che restò a lungo immune dal fenomeno prima degli anni 20 del ’900.

Il centro antico è appoggiato su una piccola collina, a circa 350 metri sul livello del mare. Per arrivarci superato il ponte sul fiume Calore si percorre una strada tortuosa che si arrampica su di una collina. Al di là delle insegne o di pubblicità piuttosto rare a dimostrazione che l’industria enoturistica non ha ancora invaso il territorio, se si guarda intorno si vedono numerosi nuovi impianti di vigneti, noceti, e aree coltivate a grano. La frammentarietà della proprietà a giudicare da documenti della fine del XVI secolo sembra un fatto storico accreditato. Si possono leggere i nomi delle attuali famiglie di questo piccolo centro nell’elenco dei proprietari terrieri donatori per i lavori di costruzione della Chiesa della Madonna del Rosario. Molte di queste famiglie sono attualmente produttori di vino o conferitori di uva. La piccola proprietà ha salvaguardato la promiscuità delle culture ma la presenza dei filari di viti a cordone speronato aumenta anno per anno.  “ (…)

Quando per detta esportazione il vino diventò una merce grandemente ricercata e pagata a prezzo altamente remunerativo, si distrussero i castagneti, si abbatterono le piantagioni di nocciuoli e con rapidità fulminea, nei piani, sui colli e ovunque v’era palmo di terreno libero, si piantarono     viti senza più badare se ad esse confacessero terreno e clima”. Queste parole sembrano descrivere quanto sta avvenendo oggi ma la storia è fatta di corsi e ricorsi e A. Valente parla di ciò che  avveniva un secolo fa. L’aglianico, per la sua alcolicità, il suo colore rubino intenso e la complessità dei profumi, così come il primitivo pugliese o il nero d’avola siciliano, era adatto per tagliare le grandi produzioni del nord. Di recente è stato pubblicato uno studio della regione Campania sui Patriarchi di Provincia è non a caso il piccolo centro si è rivelato ricco di piante ultracentenarie: Il Cea ha censito a Taurasi dieci piante di vite ultracentenarie aglianico, rovello bianco detto comunemente Grecomuscio e coda di volpe, che per la loro vecchia robustezza non si sono mai accorte della filossera e ne sono sopravissute. Questi ultimi due vitigni, giudicati per molti anni minori, erano usati per fare un poco di vino spumante, dolce, per uso esclusivamente familiare, come si usava dire adatto alle donne. Allora gli impianti di vite erano tutti col sistema tradizionale “a starseto” o “avellinese”.

Un impianto con una tradizione millenaria come è possibile dedurre dalla descrizione che ne da Plinio il Vecchio nel I sec. d.C. (Naturalis Historia  XVII.166) chiamandolo vigna a compluvium, poiché sembra formare una stanza con uno spazio aperto al cielo. Nel compluvium o starsete le vigne sorrette da pali oppure da alberi bassi sono disposte ai quatto lati di un quadrilatero, a circa 3/4 metri di distanza le une dalle altre. Ai quatto pali sono legate le corde di giunco in modo da unire i quattro lati e le diagonali del quadrilatero, a circa 1.80/ 2.00 metri di altezza. Questo tipo di impianti oltre a garantire una grande produttività consentiva di lasciare liberi degli spazi per una promiscuità di colture su di un livello superiore con olivi o alberi da frutta e inferiore con ortaggi, grano o mais. Il piccolo proprietario terriero in questo modo aveva la possibilità di trarre più fondi di reddito dal suo podere.  Il visitatore che arriva a Taurasi aspettandosi di vedere paesaggi quali quelli del Chianti o delle Langhe resta deluso o affascinato da una vista assolutamente originale. Quello starsete così frequentemente utilizzato agli inizi del ’900 è sopravvissuto in molte proprietà e non tutte le aziende, per lo più piccole e a conduzione familiare, hanno adottato gli impianti viticoli più facili e più produttivi a cordone speronato anche se quei lunghissimi filari con notevole densità di piante  hanno vita facile sulle dolci pendenze della collina di Taurasi.

Queste dieci sono solo un esempio di tutte le viti secolari che ancora numerose sono sparse nelle campagne taurasine. Ancorasi possono vedere i contadini che su scale a tre piedi ( o’ trespolo) potano oppure vendemmiano con una lentezza e una meticolosità di altri tempi. Passeggiando per i campi di Taurasi è bello ammirare questi patriarchi con piedi dai diametri insoliti per chi è abituato a vedere gli impianti nuovi a cordone speronato o a guyot. Si ammirano rami simili a spire di serpenti sospesi in alto in un equilibrio apparentemente precario ma che dura da secoli.  I terreni sciolti a base calcarea e limosa hanno impedito il proliferare della filossera salvando le vigne su piede franco e questi meravigliosi impianti. Come anche lo stesso Plinio racconta il compluvium non è ottimale per la qualità a causa  della cattiva esposizione al sole ma allora era usato perché consentiva una grande produzione d’uva, oggi bisogna salvarli perché ultimi testimoni di una tradizione che non conosceva ancora le denominazione di origine ma che soddisfaceva le esigenze di generazioni di agricoltori e commercianti della favolosa bevanda.