Sabato 14 aprile ho partecipato con molto piacere alla celebrazione dei 40 anni della Fisar al teatro Persio Flacco di Volterra, invitato dagli amici Mario Del Debbio, segretario storico, e Flavio Nuti, delegato e avvocato nella città etrusca.

Un sabato grigio e freddo, una pioggerellina ficcante che pareva penetrare nelle ossa, elementi che  non sembravano di buon auspicio per un evento festoso. Invece dentro il teatro si respirava un altro clima: la gioia e l’entusiasmo dei sommelier erano così veri e genuini da coinvolgere tutti in un allegro sentire. Si percepiva soddisfazione  ed orgoglio per l’appartenenza all’associazione e per quanto è stato realizzato sino ad ora.

La cerimoinia di premiazione ha coinvolto i nomi storici, dai fondatori ai primi presidenti, poi il presente, dall’attuale dirigenza ai nuovi comunicatori, Roberto Rabachino e Marcello Masi (TG2), insigniti dell’onorificenza, appena creata, di ambasciatori  FISAR.

Tanti di quei nomi mi hanno riportato indietro nel tempo, ai primi anni ’80 quando frequentavo un corso introduttivo a Montescudaio, tenuto dall’eclettico Marzio Berrugi, e quando spesso capitavo a cena dal Nardi a Calafuria o da Janett a Marina di Pisa.

Poi è venuta l’era AIS. Negli anni ’90 frequentai il corso a Livorno, divenni sommelier, poi delegato e lo sono rimasto fino al ’99. Di quegli anni ricordo il sentimento di rivalità con la Fisar, sentimento che sfociava in velate polemiche e rincorse per gestire gli eventi del vino che cominciavano a diventare sempre più comuni e frequenti. L’AIS vantava il proprio riconoscimento ministeriale, cosa che Fisar ha ottenuto di recente grazie al grande impegno dei suoi dirigenti.

Oggi lo scenario è profondamente cambiato. Per carità, la rivalità esiste sempre, figuriamoci poi in Toscana, regno dei campanili e delle lotte fra paesi che si guardano dalle rispettive finestre. È il mondo del vino che ha subito un’evoluzione violenta, forse fin troppo, evoluzione che ha portato alla necessità di maturare in tutti i sensi.

Io ho sempre sostenuto che è il vino, e di conseguenza chi lo produce, l’attore protagonista al quale tutto dobbiamo un rispetto assoluto e per il quale tutti dobbiamo operare tenacemente affinchè sia universalmente riconosciuto e rispettato il lavoro che è costato per produrlo. Il vino è storia, cultura emozione di un territorio, cose che devono emergere su di ogni altro fattore e che non possiamo rovinare con sterili rivalità o lotte sommerse.

Proprio per questo, nel mio operato ho sempre cercato la collaborazione di tutti, guardando prima di tutto ai valori di professionalità e dopo alle divise. Sono le persone che fanno le associazioni e di persone valide ne troviamo dappertutto. Ho spesso imposto, per quanto ho potuto, una forma di collaborazione fra i vari soggetti, quando ovviamente tutto questo era funzionale all’ottenimento di un risultato d’eccellenza. E devo dire che questo concetto, alla fine, è stato compreso dai miei stessi vertici (AIS intendo).

Purtroppo però la realtà ci parla di uno scenario poco edificante: i soggetti che si occupano di questa materia sono proliferati a dismisura e spesso in maniera disordinata. Strade del Vino, Città del Vino, Consorzi di Tutela che possono fare promozione, SlowFood, AIS, FISAR, ONAV, per non parlare dei singoli consulenti o delle singole testate, ognuna con la sua idea di promozione del vino: mille rivoli nei quali il poco denaro a disposizione si disperde fino a prosciugarsi.

La dispersione delle risorse è aggravata oltretutto dal fatto che in Italia non esiste, o se esiste non ce ne accorgiamo, un ente che coordini efficacemente la promozione dei nostri vini. Siamo arrivati all’assurdo per il quale la bravissima ed efficientissima Sopexa (ente francese per la promozione, l’avessimo noi!), viste la nostre carenze, si è sentita in diritto di offrirci la sua consulenza per promuovere il vino italiano all’estero! Senza che nessuno abbia avuto niente da ridire o si sia scandalizzato più di tanto.

E allora facciamo largo per lo meno all’entusiasmo, all’amore per i nostri territori e per i prodotti che ne derivano, condividiamo la gioia e l’orgoglio di chi dedica il suo tempo a portare avanti faticosamente la cultura del vino.

Come per tutte le grandi famiglie: se vogliamo sopravvivere restiamo uniti, coordiniamoci e lavoriamo a braccetto, magari con progetti comuni.

Forse è un’utopia, ma tentar non nuoce. Intanto auguri Fisar e buon quarantennale!

Paolo Valdastri